Liberalismo, chi è costui? Un libro per capire
Esame critico del liberalismo come concezione del mondo (D’Ettoris Editori) è il titolo del nuovo libro dell’argentino Alberto Caturelli. Strumento prezioso per capire che cosa sia il liberalismo, quale idra ci sta divorando tutti quanti, imprigionandoci da tre secoli in un fatale pendolo tra l’anarchia e il totalitarismo.
L’anno scorso, al tempo delle ventilate “aperture” berlusconiane alle unioni omosex, mi trovai a discutere col direttore di un importante quotidiano, il quale, liberale di ferro, si chiedeva con che diritto si potesse vietare ai gay di sposarsi se lo desideravano. Questo gli pareva un ragionamento veramente liberale e non si avvedeva, con ciò, di star facendo coincidere il liberalismo con un sistema filosofico (perciò anche politico e sociale) in cui ognuno può fare quel che gli pare a suo grado e libito. Gli sfuggiva quanto un sistema del genere coincida con l’anarchia. Cioè, con un sistema che a lui, liberale, farebbe orrore.
Ciò comunque è sintomatico di quel che il liberalismo sia diventato nella mente dei più: un modo di vita in cui hai il “diritto” di fare quel che vuoi quando e come vuoi, basta solo che tu non dia fastidio agli altri. L’esperienza comune, tuttavia, insegna che è impossibile fare quel ci pare senza dare, prima o poi, noia al prossimo: neanche un villaggio abitato da soli santi potrebbe resistere un giorno senza semafori. Feci osservare al mio interlocutore che erano liberali anche i Padri della Patria ottocenteschi, ai quali la prospettiva di nozze gay officiate dallo Stato avrebbe fatto semplicemente ribrezzo. Erano liberali pure quei giacobini che non esitarono a imporre la loro visuale in modo totalitario, giustiziando senza tanti complimenti chi non la condivideva. Insomma, la storia insegna che si parte con la liberté e si finisce nel gulag. Oppure nel libertinismo obamiano. Il quale, però, non può fare a meno di usare il codice penale con chi non è d’accordo.
Insomma, da qualunque parte si parta, in fondo al percorso liberale c’è sempre la ghigliottina per i dissenzienti. E la gogna per chi non manifesta sufficiente entusiasmo, l’autocritica obbligatoria e pubblica per chi sbaglia a parlare, l’inquisizione permanente e diffusa che costringe all’autocensura. Si dicono liberali gli americani interessati solo alla massima espansione di droga e sesso (liberals), ma anche i sostenitori del libero mercato delle merci; sono liberali quelli che vogliono le frontiere aperte (alla Boldrini), ma anche quelli che le vogliono chiuse o almeno regolamentate (alla Salvini). Insomma, crollato il comunismo sovietico, eccoci tutti liberali e, anzi, parafrasando Croce, non possiamo non dirci liberali. É liberale perfino chi “rispetta” le altrui “culture”, anche se queste contemplano la sharìa o l’infibulazione o il borseggio infantile.
É dunque lecito chiedersi che cosa diavolo sia questo liberalismo, almeno per sapere quale idra dai mille volti e dalle mille teste ci sta divorando tutti quanti, imprigionandoci da tre secoli in un fatale pendolo tra l’anarchia e il totalitarismo. Viene a soccorrerci un libro del grande pensatore argentino (compaesano del Papa, dunque) Alberto Caturelli, già noto al pubblico italiano per Il nuovo mondo riscoperto. La scoperta, la conquista, l’evangelizzazione dell’America e la cultura occidentale (1992) e Due una sola carne. Metafisica, teologia e mistica del matrimonio e della famiglia (2006), entrambi editi da Ares. L’opera che qui ci interessa è Esame critico del liberalismo come concezione del mondo (D’Ettoris Editori), tradotto e dottamente prefato da Oscar Sanguinetti. Caturelli ci informa da par suo che la classica definizione di sant’Isidoro di Siviglia («si denomina liberale chi dona senza mormorare…») nulla ha a che vedere col liberalismo. I cui veri antecedenti vanno rintracciati nel nominalismo medievale di Guglielmo di Occam (l’opera principale del quale non a caso si intitolava Dialogo contro il papa Giovanni XXII). Seguono a ruota gli inconsapevoli teorici dello stato totalitario Giovanni di Jandun, Marsilio di Padova e Nicola di Autrecourt, tutti e quattro sul libro-paga dell’imperatore Ludovico IV Il Bavaro.
Questo imperatore fu il primo a farsi incoronare non dal Papa ma, polemicamente, da un laico. Non a caso. Sempre non a caso, è questo il sottofondo storico de Il nome della rosa di Umberto Eco. Sempre non caso, infine, Lutero si formò all’università di Erfurt con docenti seguaci dell’Occam. E proseguì gli studi teologici sotto l’influsso del maggior nominalista del secolo XV, il tedesco Gabriel Biel. Il resto è (abbastanza) noto, e Caturelli ci porta passo passo per mano fino al cosiddetto “liberalismo cattolico”, padre dell’attuale “progressismo”. Da non perdere. Almeno per morire con le idee chiare.
Alberto Caturelli, Esame critico del liberalismo come concezione del mondo (D’Ettoris Editori), traduzione e Premessa a cura di Oscar Sanguinetti, pp. 185.