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BEIRUT

Libano, dopo il lutto scoppia la rivolta contro Aoun

Libano, dopo il lutto inizia la protesta. E la protesta sfocia subito in rivolta: i manifestanti hanno occupato le sedi dei ministeri. L’esplosione a Beirut, alimenta la rabbia popolare contro gli Hezbollah (che controllano il porto) e il presidente maronita Aoun, ritenuto loro alleato

Esteri 09_08_2020
Rivolta a Beirut

Libano, dopo il lutto inizia la protesta. E la protesta sfocia subito in rivolta contro il governo: i manifestanti hanno occupato le sedi dei ministeri. L’esplosione del deposito di nitrato di ammonio, che ha ucciso 158 persone (bilancio ancora provvisorio), ne ha ferite 6mila e ha lasciato 300mila senza tetto, è stata la “scintilla” che ha fatto scoppiare il malcontento, dopo mesi e mesi di crisi economica e sanitaria. E sta distruggendo i fragili equilibri del governo Diab.

A scendere in piazza sono state migliaia di persone, da 5mila a 10mila a seconda delle stime. Con una marcia partita dal porto, l’area più devastata di Beirut, la folla si è scontrata subito con la polizia mentre procedeva verso il centro. Gruppi più organizzati, di centinaia di militanti dell’opposizione, hanno occupato le sedi dei ministeri, mentre uno scontro durissimo si consumava poco lontano in Piazza dei Martiri, la stessa in cui venne assassinato Rafiq Hariri, allora premier, il 14 febbraio 2005. Per venerdì era attesa la sentenza del processo internazionale ai sospetti artefici di quello storico attentato, tutti in contumacia e tutti militanti di Hezbollah, ma il Tribunale Speciale dell’Onu per il Libano ha rinviato la sentenza al 18 agosto, “in segno di rispetto per le innumerevoli vittime della devastante esplosione che ha scosso Beirut, per il lutto nazionale di tre giorni in Libano”. Il rinvio della sentenza non ha calmato l’opposizione. Anzi, ha aumentato il rancore nei confronti di Hezbollah, considerato il maggior responsabile del disastro e del presidente maronita Michel Aoun, considerato il maggior protettore di Hezbollah. I manifestanti, ieri, bruciavano le foto di Aoun.

Il fortissimo rancore per il movimento armato sciita è aumentato dopo la dichiarazione del suo leader Hassan Nasrallah, che ha negato tutto, persino l’esistenza del deposito di nitrato di ammonio nel porto di Beirut. Michel Aoun, nel suo discorso televisivo, ha invece cercato di addossare la responsabilità a sabotatori stranieri. Ha parlato di una possibile azione militare segreta in cui sarebbe stata usata “una bomba o un missile”. Aoun, generale maronita protagonista della guerra civile, acerrimo nemico dei siriani e delle milizie sciite loro alleate e ultimo leader cristiano a cessare il fuoco nel 1990, per uno strano scherzo della storia e dopo un tortuoso percorso di scissioni e vendette, è ora il principale alleato di Hezbollah, il più radicale dei movimenti armati sciiti e filo-siriani. Anche dopo la tragedia di Beirut ne sta seguendo la linea: attribuisce la colpa a un nemico esterno (o per lo meno non lo esclude) e chiede che l’inchiesta sull’esplosione sia solo libanese e non internazionale. Sempre per motivi di orgoglio nazionale, il Libano ha rifiutato gli aiuti provenienti da Israele. Il nazionalismo però non è un collante sufficiente. La spia della rabbia popolare contro il vertice dello Stato si è vista dalla televisione Lbc, una delle più seguite nel Paese dei Cedri, che ha rifiutato di trasmettere il discorso del presidente.

Hezbollah è direttamente responsabile del disastro perché controlla il porto di Beirut. Cosa ci facevano 2700 tonnellate di una sostanza chimica pericolosa da 7 anni in un deposito in città? Sequestrate da un nave russa diretta in Africa, quelle migliaia di tonnellate di nitrato di ammonio erano ufficialmente inutilizzate e in teoria servono per produrre fertilizzanti. Il nitrato di ammonio è stato anche usato da Hezbollah per produrre esplosivi nel 2012, nell’attentato contro turisti israeliani a Burgas, in Bulgaria. Altre tonnellate di nitrato di ammonio sono state sequestrate da depositi segreti di Hezbollah in operazioni di antiterrorismo in Germania (la primavera scorsa), Bolivia, Kuwait, Cipro e Regno Unito negli ultimi cinque anni. Si tratta di un’arma “povera” perché facilmente reperibile sul mercato. Ma che Hezbollah abbia attinto da un deposito in un porto che controlla direttamente a Beirut spiegherebbe perché quella sostanza sia rimasta lì, pericolosamente, per tutti questi anni e nessuno si sia preoccupato di stoccarla altrove. E’ solo un’ipotesi, ma è comunque un’ipotesi fondata ed è motivo di ira popolare in Libano, dove Hezbollah, comunque vadano le elezioni, resta sempre in una posizione talmente forte da ricattare qualsiasi governo, disporre di un proprio esercito e di proprie infrastrutture completamente immuni dal controllo delle autorità statali.

Ieri, un gruppo di almeno cento manifestanti, ha occupato la sede del Ministero degli Esteri. Fra loro c’erano anche diversi militari in pensione. L’occupazione è stata pacifica e non si contano morti e feriti. Altri gruppi di manifestanti radicali hanno occupato anche i Ministeri di Energia ed Economia. Lo scontro più duro è avvenuto in Piazza dei Martiri dove sono stati esplosi anche colpi d’arma da fuoco. Un poliziotto è stato ucciso, in generale si contano (fra polizia e manifestanti) circa 700 feriti. Sono altre vittime indirette dell’esplosione che ha scosso il Paese.

Il premier Hassan Diab ha annunciato ieri sera che lunedì, al Parlamento, chiederà la fine anticipata di questa legislatura e nuove elezioni. “Non possiamo risolvere la crisi strutturale del Paese senza elezioni parlamentari anticipate”.