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LA VITA E' SEMPLICE

"L'ho fatto per gioco"

Marina non vuole scombussolare la propria vita con un bambino. Però, per accontentare sua mamma, bussa al C.A.V.

Multimedia 18_02_2012
Paola Bonzi

“La ragazza dell’appuntamento è già seduta nella tua stanza” mi informa Antonella mentre passo velocemente davanti al bancone della segreteria dopo un’équipe movimentata.
Tutti i martedì pomeriggio, infatti, noi operatori ci ritroviamo attorno al tavolo grande della sala-riunioni per esporre agli altri colleghi i nostri dubbi sui casi più problematici incontrati negli ultimi tempi.

Apro la porta della mia stanza aspettandomi una giovane donna sola e, invece, c’è anche Fabio che l’accompagna. Si alzano entrambi per salutarmi, così, ci presentiamo.
La ragazza si chiama Marina e, subito, mi dice:
“Sono venuta solo per la mia mamma! Ha tanto insistito!”
“Iniziamo da capo - soggiungo - lei è venuta perché incinta, immagino.”
“Ah, si, sono incinta alla settima settimana - dice come se questo fosse un dettaglio trascurabile - ma non ho nessuna intenzione di tenere questo bambino che manderebbe all’aria tutta la mia vita.”

La freddezza di Marina mi attraversa come un ghiacciolo appuntito; tante cose mi verrebbero da dire pensando a quel piccolo che non ha chiesto nulla e che sta rischiando la vita!
Ricaccio tutto indietro, cerco di respirare lasciando che le cose difficili trovino il loro posto e guardo Fabio cercando di comprendere che ne pensi lui della vicenda.                                                 Fabio intuisce la mia perplessità e si affretta a dire:
“Non sono io il padre di questo bambino! E - guardando Marina - forse devi raccontare che cos’è successo.”

Sento il punto di domanda delle grandi occasioni che mi si disegna sul viso, facendomi restare in attesa di scoprire il senso delle cose che mi vengono comunicate.
“Fabio è un mio grande amico che, soprattutto quando sono nei guai, mi resta vicino.
Anche il padre del bambino è un mio amico, siamo stati insieme una volta come per gioco, ma lui non saprà mai della gravidanza. Gli scombussolerei tutti i suoi progetti.”

“Marina, le va se proviamo a mettere un po’ d’ordine?”
“Gliel’ho già detto, sono venuta solo perché la mia mamma l’ha sentita parlare una sera del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli e si è messa in testa che lei mi avrebbe aiutata, anche se non ho ben capito a fare che cosa.”

”Forse, come dicevo, a mettere ordine nei suoi sentimenti e nelle sue scelte. Proviamo!”
Marina vuole a ogni costo nascondersi dietro questa maschera di ragazza disincantata, quasi spregiudicata; accetta però il mio invito e racconta, “Ho ventitre anni e un lavoro che mi viene rinnovato trimestralmente, insegno pattinaggio e guadagno circa quattrocento euro al mese.
Mi vede pattinare con il pancione? Esco ogni volta che posso e cerco di divertirmi come se volessi perdermi in questo divertimento. Come farei con un bambino? Le basta?” chiede con fare provocatorio.

Sento, a questo punto, qualcosa che mi monta dentro e che somiglia molto all’irritazione che tento di scaricare tormentando il bordino del bracciolo della poltrona che passo e ripasso ossessivamente.
Forzandomi, cerco di risponderle con tutta l’empatia di cui sono capace:
“Sa, lei non è tenuta a mettermi a parte dei fatti suoi ma è, comunque, venuta qui e, forse, la cosa più corretta e utile è che ci parliamo.”

“La signora ha ragione - interviene Fabio - perché non la smetti di essere così supponente? Credi di sapere già tutto, di non avere bisogno di nessuno e poi piangi sul latte versato. E, perché ti ostini a voler difendere Marco? E per difendere lui, per non metterlo in difficoltà, non tieni conto di quel bambino, che è vivo sai, è piccolo, non si vede ma il suo cuore già batte, e tu, sua madre, hai intenzione di farlo fuori invece che difenderlo. Mi sembri un po’ svitata!”

Ecco, noi tentiamo di non invadere, di stabilire relazioni corrette, studiamo le tecniche idonee e, invece, sono, forse, proprio le parole di Fabio quelle che possono sbloccare queste situazioni ingarbugliate.
Nella stanza si fa silenzio, quasi si sente l’eco del dire di questo ragazzo.
“Dove vive, Marina?” dico tentando di riprendere le fila del discorso.
“Vivo con la mia famiglia; siamo quattro fratelli ma io non sono figlia di mio padre che, peraltro, attualmente è in cassa integrazione e si fa fatica a fare tutto.”

“Il nostro Centro potrebbe offrirle un aiuto anche economico oltre a tutte le cose che servono a una donna gravida e a un neonato. E, visto che in casa siete già molti, si potrebbe trovare una sistemazione alloggiativa diversa per lei…”
Scuote la testa: “Non è un problema economico! Non ho nessuna intenzione di mettermi nella situazione di madre sola.”

Sento di aver perso la partita; con un po’ di tristezza riesco a dire:
“Marina, la vita è sua, naturalmente, ma se dovesse ripensarci, magari confrontandosi ancora con Fabio che mi sembra molto lucido, sappia che noi siamo qui e saremmo felici di aiutarla a stare meglio, perché lei, ora, sta male, vero?”  

Ci alziamo e la saluto convinta che non l’avrei più rivista.
La vita, però, è semplice; tante parole sono state dette e ascoltate e se la relazione è stata vera e importante, ciò che si è detto si muove dentro le persone, cambiandole un po’.
Così, la settimana dopo, Marina telefona per un appuntamento.
“Paola, lei aveva prospettato un aiuto anche economico se avessi portato avanti la gravidanza e, oggi, sono qui per capire meglio quest’aspetto.”
Le faccio una carezza per nascondere la mia commozione che mi porterebbe a esplodere di gioia e, questa volta, facciamo insieme un progetto molto lineare e importante.

Non sembra più la Marina che ho conosciuto l’altra volta!
Vengo addirittura a sapere che il suo grande sogno sarebbe poter lavorare con i ragazzi disabili per i quali ha già fatto del volontariato.

Esiste, però, un grande inciampo: per questo impiego occorre frequentare un corso di formazione, a lei precluso poiché non ha conseguito nessun tipo di maturità.
La gravidanza è quindi andata avanti e ci siamo dati degli appuntamenti mensili durante i quali sono venuta a conoscenza delle molteplici fatiche, anche di salute, di questa giovane donna diventata forte e coraggiosa.

Quasi al termine della gestazione, è accaduto un piccolo miracolo: si è, infatti, verificata la possibilità di prendere una minuscola casa in affitto, e il nostro contributo è stato determinante.
La cosa più particolare, però, è stata che Luca, il suo bimbo, alla sua nascita non ha trovato una mamma da sola ad accoglierlo.
Marina, infatti, nei mesi della gravidanza ha conosciuto Carlos, un ragazzo non italiano, che ha deciso di fare famiglia con questa mamma, diventata dolcissima nel frattempo, e con Luca che da subito l’ha avuto accanto come papà.
A livello popolare si dice che ogni bambino nasce con il suo cestino e, per questa famigliola, è stato proprio così.