L'eutanasia diventa un film. Grazie ai Radicali
Dopo sei mesi di ricerca di malati terminali, ecco dai Radicali un video – La storia di Piera – volto a promuovere una raccolta di 50 mila firme per proporre (ed eventualmente, approvare) una legge che sancisca l'eutanasia in Italia.
Ha un che diabolico proporre attraverso una radio, finanziata da dieci milioni di soldi pubblici ogni anno e un sito internet, uno spot che recita: “A.A.A. Cerchiamo malati terminali per ruolo da protagonista. Donne e uomini dai 18 anni in su. Anche prima esperienza”. Dopo sei mesi, ecco un video dei Radicali volto a promuovere una raccolta di 50 mila firme per proporre (ed eventualmente, approvare) una legge che sancisca l'eutanasia in Italia. Raccogliere le esperienze e accompagnare una delle persone che danno la loro disponibilità ad essere testimonial della campagna, in una clinica svizzera dove si pratica legalmente il suicidio assistito. Registrare il videofinale prima della morte di quella persona, malata terminale di cancro – si chiamava Pierina Franchini, detta Piera - e diffonderlo dopo sei mesi, nel corso di una conferenza stampa, al fine di propagandare la campagna di raccolta firme su una proposta di legge che chiede l’eutanasia legale, promossa dall'Associazione Luca Coscioni e sostenuta da Exit Italia, UAAR, Associazione Radicale Certi di Diritti, Gli amici di Eleonora onlus e da Radicali Italiani e Partito Socialista.
«Sono pronto ad assumermene la responsabilità, anche per il futuro – dichiara Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni – aiutando chi ce lo chiederà. Vogliamo denunciare lo scandalo di una legislazione che produce eutanasia clandestina esilio della morte, per chi riesce ad ottenerli. Vogliamo imporre la questione nell'agenda politica». L’art. 580 del codice penale (“istigazione al suicidio”), recita: «Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da 5 a 10 anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima». Di apologia e istigazione al suicidio parla Adriano Pessina, direttore del Centro di Ateneo di Bioetica dell'Università Cattolica, il quale sostiene: «Non si può accettare che in un Paese civile la disperazione di una donna sia utilizzata per una campagna a favore dell'eutanasia camuffata sotto il tema delle libertà individuali. Piera, da presunta protagonista, diventa duplicemente vittima, della sua malattia e dello sfruttamento mediatico dei radicali. Questa campagna – insiste il direttore del Centro di Bioetica dell'Universita' Cattolica – è un'offesa e uno sfregio nei confronti di tutte le persone che in questo momento stanno affrontando con coraggiosa dignità la faticosa esperienza della malattia».
Nel corso della conferenza stampa dei radicali, viene anche citata una ricerca dell’Istituto Mario Negri, in base alla quale sarebbero 80-90 mila i malati terminali che muoiono ogni anno, soprattutto di cancro: «Il 62% muore grazie all’aiuto dei medici con eutanasia clandestina» ha affermato Carlo Troilo, consigliere dell’Associazione. Come ha chiarito Avvenire, si tratta di una ricerca, Scelte di vita, pubblicata nel 2005 a cura di Guido Bertolini, responsabile del Giviti (Gruppo italiano per la valutazione degli interventi in terapia intensiva), coordinato proprio dal Mario Negri. «I dati – sottolinea Silvio Garattini, direttore del Mario Negri – sono stati riportati in maniera distorta e scorretta, travisando completamente la loro portata e il loro significato». Avvenire sottolinea che «il 62% citato dai radicali non si riferisce all’eutanasia, men che mai nascosta, ma a quei pazienti terminali che non ricevono cure accanite e spropositate quando non c’è più nulla da fare, venendo invece supportati con un’adeguata terapia palliativa per accompagnarli in modo dignitoso alla fine della vita». Aggiunge Garattini: «Porre sullo stesso piano l’eutanasia e la desistenza da cure inappropriate per eccesso significa fare campagna di grave disinformazione».
Ora, le leggi auspicate dai radicali hanno anche una sponda governativa. Perché sarà Emma Bonino, Ministro degli Esteri, a rappresentare per l’Italia, in Europa e a livello internazionale, la posizione eutanasica e omicidiaria espressa dai radicali con la loro campagna “eutanasia legale”. Questo accadrà con buona pace di tutti coloro che hanno ritenuto di tacere rispetto al dilagare della campagna "Bonino for President”, che ha poi comportato il “pedaggio” della sua nomina a Ministro. Nei commenti, è questo il dato principale che viene liquidato. Nell’editoriale del Foglio di sabato 4 maggio, intitolato La morte programmatica, ci si chiede: «A che gioco hanno deciso di giocare, i radicali? Davvero pensano che tra le priorità del governo appena arrivato debbano esserci certi presunti ‘diritti di libertà’? Come quello di ottenere la morte ‘on demand’, magari passando per l’autorizzazione della Asl? (…) La scelta della priorità e la valutazione della sostenibilità di certe battaglie possono essere immiserite da piccoli calcoli (‘approfittiamo della Bonino al governo?’) (…)».
I radicali non approfitteranno di Emma Bonino. Sono Emma Bonino. E viceversa. Il “gioco” è questo. Per entrambi, l’alternativa alla non soppressione della vita, sarebbe la perdita di dignità, come dichiara Emma Bonino alla trasmissione di Daria Bignardi Le invasioni barbariche del 21 dicembre 2010: «Morire in dignità è amare la vita e credo che questa scelta spetti a ciascuno. Ognuno la farà o non la farà in base a quello in cui crede, in base anche a chi ha una religione e chi non ce l’ha. Se vuoi, questo è un filo conduttore: scegliere chi amare, scegliere se diventare madri, scegliere la procreazione assistita, che è un atto d’amore, scegliere la vita e quindi morire in dignità. Monicelli l’ha detto ed è triste un Paese dove bisogna aprire una finestra di un ospedale per morire in dignità». Questo pensa e dice Emma Bonino sull’eutanasia. Così la politica si pone al servizio di una cultura egemonica, quella che è stata “premiata” con la nomina di Emma Bonino Ministro. Nel suo libro “Il diritto di morire. La libertà laica di fronte alla sofferenza”, Umberto Veronesi evoca la diffusione della pratica suicidiaria nella storia umana, come qualcosa che in fondo sarebbe stato sempre accettato come possibile, inevitabile, addirittura doveroso e certamente dignitoso».
Abbiamo detto all’inizio “Ha un che di diabolico…”. A ragion veduta. Potremmo parlare di mancanza totale di sensibilità culturale e umana, ma non è così. Ci aiuta a capire la forza pervasiva della cultura egemonica dei radicali e di Emma Bonino, un testo magistrale di Inos Biffi, pubblicato da L’Osservatore Romano del 4 maggio 2013, intitolato Il risorto e le lusinghe del serpente. A conclusione, Biffi scrive: «Una terza considerazione, per manifestare la sorpresa di fronte all’assenza nella predicazione e nella catechesi della verità relativa al demonio. Per non dire di quei teologi, che, per un verso, applaudono che finalmente il Vaticano II abbia dichiarato la Scrittura "anima della sacra teologia" (Dei verbum, 24) e, per l’altro, non esitano — se non a deciderne l’inesistenza (come fanno per gli angeli) — comunque a trascurare come marginale un dato, lo abbiamo visto, chiarissimo e largamente attestato nella stessa Scrittura, com’è quello relativo al demonio, ritenendolo la personificazione di un’oscura e primordiale idea di male, ormai demitizzabile e inaccettabile. Una simile concezione è un capolavoro di ideologia e soprattutto equivale a banalizzare la stessa opera di Cristo e la sua redenzione. Ecco perché ci sembrano tutt’altro che secondari i richiami al demonio, che riscontriamo nei discorsi di Papa Francesco».
«Con il principe di questo mondo non si può dialogare. E questo sia chiaro» ha detto il Papa durante l’omelia a Santa Marta del 4 maggio. E invece, che cosa accade? Con chi divulga una cultura diabolica, non solo si dialoga, ma si fanno compromessi e si persegue il male minore, come ha dimostrato il dibattito della scorsa legislatura su un testo di legge relativo alle dichiarazioni anticipate di trattamento, che, se approvato, avrebbe costituito l’usbergo all’eutanasia. Sono questi i risultati del dialogo: il rafforzamento dei propositi di propaganda di chi vuole rendere disponibile il bene vita, consegnandolo alla cultura della morte.