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CORPUS DOMINI

L'Eucaristia, sacramento sociale che trasforma

I cristiani operino «senza illusioni, senza utopie ideologiche», ma con «la certezza che l’amore di Dio, incarnato in Cristo, è più forte del male».

Attualità 24_06_2011
Eucarestia

 

Il 23 giugno Benedetto XVI, in occasione della festa del Corpus Domini, ha celebrato la Santa Messa nella Basilica di San Giovanni in Laterano, presiedendo quindi la Processione Eucaristica che, percorrendo via Merulana, ha raggiunto la Basilica di Santa Maria Maggiore. L’omelia in San Giovanni in Laterano è stata particolarmente dedicata a sottolineare il significato sociale dell’Eucarestia, sacramento che - rettamente inteso e vissuto - trasforma la società e il mondo.

Il Papa ha insistito, in un momento in cui si vuole privare la Chiesa della sua presenza pubblica, sull’importanza della processione del Corpus Domini. «Mentre nella sera del Giovedì Santo si rivive il mistero di Cristo che si offre a noi nel pane spezzato e nel vino versato, […] nella ricorrenza del Corpus Domini, questo stesso mistero viene proposto all’adorazione e alla meditazione del Popolo di Dio, e il Santissimo Sacramento viene portato in processione per le vie delle città e dei villaggi, per manifestare che Cristo risorto cammina in mezzo a noi e ci guida verso il Regno dei cieli. Quello che Gesù ci ha donato nell’intimità del Cenacolo, oggi lo manifestiamo apertamente, perché l’amore di Cristo non è riservato ad alcuni, ma è destinato a tutti». Già attraverso il carattere pubblico e civile delle processioni, la Chiesa manifesta che «la trasformazione dei doni di questa terra - il pane e il vino - [è] finalizzata a trasformare la nostra vita e ad inaugurare così la trasformazione del mondo».

La dinamica anche sociale dell’Eucarestia inizia «dal cuore di Cristo, che nell’Ultima Cena, alla vigilia della sua passione, ha ringraziato e lodato Dio e, così facendo, con la potenza del suo amore, ha trasformato il senso della morte alla quale andava incontro. Il fatto che il Sacramento dell’altare abbia assunto il nome "Eucaristia" - "rendimento di grazie" - esprime proprio questo: che il mutamento della sostanza del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo è frutto del dono che Cristo ha fatto di se stesso, dono di un Amore più forte della morte, Amore divino che lo ha fatto risuscitare dai morti». Non si tratta solo di un’esperienza spirituale individuale. Dal Sacro Cuore scaturisce un amore che cambia il mondo. «Dal cuore di Cristo, dalla sua "preghiera eucaristica" alla vigilia della passione, scaturisce quel dinamismo che trasforma la realtà nelle sue dimensioni cosmica, umana e storica. Tutto procede da Dio, dall’onnipotenza del suo Amore Uno e Trino, incarnato in Gesù. In questo Amore è immerso il cuore di Cristo; perciò Egli sa ringraziare e lodare Dio anche di fronte al tradimento e alla violenza, e in questo modo cambia le cose, le persone e il mondo».

Da questo punto di vista la parola «comunione», che nel linguaggio comune indica l’Eucaristia, non solo non è sbagliata, ma è molto significativa. «La parola “comunione”, che noi usiamo anche per designare l’Eucaristia, riassume in sé la dimensione verticale e quella orizzontale del dono di Cristo. È bella e molto eloquente l’espressione "ricevere la comunione" riferita all’atto di mangiare il Pane eucaristico. In effetti, quando compiamo questo atto, noi entriamo in comunione con la vita stessa di Gesù, nel dinamismo di questa vita che si dona a noi e per noi. Da Dio, attraverso Gesù, fino a noi: un’unica comunione si trasmette nella santa Eucaristia».

Come sempre quando tratta dei misteri fondamentali della fede, il Papa torna al suo autore preferito. «Sant’Agostino [354-430] ci aiuta a comprendere la dinamica della comunione eucaristica quando fa riferimento ad una sorta di visione che ebbe, nella quale Gesù gli disse: "Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me" (Conf. VII, 10, 18). Mentre dunque il cibo corporale viene assimilato dal nostro organismo e contribuisce al suo sostentamento, nel caso dell’Eucaristia si tratta di un Pane differente: non siamo noi ad assimilarlo,ma esso ci assimila a sé, così che diventiamo conformi a Gesù Cristo, membra del suo corpo, una cosa sola con Lui».

Non si tratta solo di espressioni devote. Al contrario, nota il Pontefice, proprio in chiave sociale «questo passaggio è decisivo. Infatti, proprio perché è Cristo che, nella comunione eucaristica, ci trasforma in Sé, la nostra individualità, in questo incontro, viene aperta, liberata dal suo egocentrismo e inserita nella Persona di Gesù, che a sua volta è immersa nella comunione trinitaria. Così l’Eucaristia, mentre ci unisce a Cristo, ci apre anche agli altri, ci rende membra gli uni degli altri: non siamo più divisi, ma una cosa sola in Lui. La comunione eucaristica mi unisce alla persona che ho accanto, e con la quale forse non ho nemmeno un buon rapporto, ma anche ai fratelli lontani, in ogni parte del mondo. Da qui, dall’Eucaristia, deriva dunque il senso profondo della presenza sociale della Chiesa, come testimoniano i grandi Santi sociali, che sono stati sempre grandi anime eucaristiche».

Infatti, chi ha compreso davvero che cos’è l’Eucaristia, non può non cambiare anche i suoi comportamenti sociali. E così, alla fine, cambia la società. «Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; ed è attento ad ogni persona, si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità. Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna».

Cose del passato? È precisamente il contrario. «Specialmente nel nostro tempo, in cui la globalizzazione ci rende sempre più dipendenti gli uni dagli altri, il Cristianesimo può e deve far sì che questa unità non si costruisca senza Dio, cioè senza il vero Amore, il che darebbe spazio alla confusione, all’individualismo, alla sopraffazione di tutti contro tutti. Il Vangelo mira da sempre all’unità della famiglia umana, un’unità non imposta da fuori, né da interessi ideologici o economici, bensì a partire dal senso di responsabilità gli uni verso gli altri, perché ci riconosciamo membra di uno stesso corpo, del corpo di Cristo, perché abbiamo imparato e impariamo costantemente dal Sacramento dell’Altare che la condivisione, l’amore è la via della vera giustizia». Nell’epoca della globalizzazione, l’Eucaristia smaschera la falsa unità ideologica proposta o imposta anche da certi enti internazionali e mostra la vera unità della famiglia umana.

Ma, ha proseguito il Papa, «ritorniamo ora all’atto di Gesù nell’Ultima Cena. Che cosa è avvenuto in quel momento? Quando Egli disse: Questo è il mio corpo che è donato per voi, questo è il mio sangue versato per voi e per la moltitudine, che cosa accadde? Gesù in quel gesto anticipa l’evento del Calvario. Egli accetta per amore tutta la passione, con il suo travaglio e la sua violenza, fino alla morte di croce; accettandola in questo modo la trasforma in un atto di donazione».

Questo evento decisivo del cristianesimo ha appunto anche un decisivo significato sociale. «Questa è la trasformazione di cui il mondo ha più bisogno, perché lo redime dall’interno, lo apre alle dimensioni del Regno dei cieli. Ma questo rinnovamento del mondo Dio vuole realizzarlo sempre attraverso la stessa via seguita da Cristo, quella via, anzi, che è Lui stesso». Se non si segue la via del Calvario e si cercano scorciatoie non ci sarà nessuna soluzione dei problemi che tormentano la nostra società. «Non c’è nulla di magico nel Cristianesimo. Non ci sono scorciatoie, ma tutto passa attraverso la logica umile e paziente del chicco di grano che si spezza per dare vita, la logica della fede che sposta le montagne con la forza mite di Dio. Per questo Dio vuole continuare a rinnovare l’umanità, la storia ed il cosmo attraverso questa catena di trasformazioni, di cui l’Eucaristia è il sacramento. Mediante il pane e il vino consacrati, in cui è realmente presente il suo Corpo e Sangue, Cristo trasforma noi, assimilandoci a Lui: ci coinvolge nella sua opera di redenzione, rendendoci capaci, per la grazia dello Spirito Santo, di vivere secondo la sua stessa logica di donazione, come chicchi di grano uniti a Lui ed in Lui. Così si seminano e vanno maturando nei solchi della storia l’unità e la pace, che sono il fine a cui tendiamo, secondo il disegno di Dio».

I cristiani operino nella vita sociale dunque «senza illusioni, senza utopie ideologiche», ma con «la ferma certezza che l’amore di Dio, incarnato in Cristo, è più forte del male, della violenza e della morte». Dunque «ci mettiamo in cammino: con noi c’è Gesù Eucaristia, il Risorto, che ha detto: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Grazie, Signore Gesù! Grazie per la tua fedeltà, che sostiene la nostra speranza. Resta con noi, perché si fa sera. “Buon Pastore, vero Pane, o Gesù, pietà di noi; nutrici, difendici, portaci ai beni eterni, nella terra dei viventi!”».