L'eterologa e le donatrici: il vangelo di Repubblica
Una bella (forse) notizia e un brutto (di sicuro) commento. La prima è su Avvenire: annuncia che a più di un anno dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha fatto cadere il divieto sulla fecondazione eterologa, il governo ha presentato alle Regioni una bozza di regolamento che fissa criteri e regole certe. Quella più importante è che il regolamento non prevede alcun compenso per chi cede ovociti e seme alle coppie sterili.
Una bella (forse) notizia e un brutto (di sicuro) commento. La prima è sul quotidiano Avvenire: con un certa soddisfazione annuncia che a più di un anno dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha fatto cadere il divieto sulla fecondazione eterologa, il governo ha presentato alle Regioni una bozza di regolamento che fissa criteri e regole certe. Quella più importante è che il regolamento non prevede alcuna forma di compenso per chi cede ovociti e seme alle coppie sterili e viene fissato un massimo di 10 figli dallo stesso donatore. Notizia positiva perché, nota Avvenire, così si diminuisce il rischio di far «commercio sulla vita umana, dunque niente eugenetica». Speriamo. Nella bozza ci sono anche altre questioni: l’età di chi dona gameti, la selezione su base clinica, la tutela della riservatezza e dell’anonimato, la condivisione di seme od ovociti (il cosiddetto egg o sperm sharing). Ma fermiamoci alla donazione senza compenso degli ovociti.
Sul punto ecco il commento: ce lo offre La Repubblica, con un articolo di Michela Marzano, filosofa, scrittrice e, (nessuno è perfetto) pure onorevole del Pd. Che dopo aver bruciato il suo bravo granellino d’incenso alla magistratura illuminata e illuminate che ha liberalizzato all’eterologa, constata, tuttavia, con preoccupazione e angoscia che le cose ancora non girano nel verso giusto, tanto che le coppie alla ricerca di un figlio che non arriva, sono costretti ancora a praticare l’esecrabile “turismo riproduttivo”. Colpa della mancanza di donazioni di gameti, soprattutto quelle di ovociti, che costringe, gli ospedali a importare gameti dall’estero. Scrive la sconsolata Marzano: «come già nel caso del dono di organi e di tessuti del corpo umano, l’altruismo non sembra dare alcun frutto. Da un lato, ci sono le battaglie di principio; dall’altro, c’è la realtà. Da un lato, c’è sempre chi è disposto a difendere l’autonomia e la libertà individuale; dall’altro, c’è la difficoltà di mettersi direttamente in gioco». Trovato il colpevole: l’egoismo delle italiane a rispondere al grido di aiuto che si leva dalle coppie sterili Il resto dell’articolessa “marziana” è gran sfoggiare di dotte citazioni, da Andrej Tarkovkij a Jacques Derrida, e filosofeggiamenti sul dono come sacrificio e compassione o come “pura impossibilità”. Da tanto sfoggio di rive gauche si capisce che madame vive a Parigi: mica cosa per tutti.
Argomenti profondi e pensosi, per carità, che spaziano dall’altruismo alla gratuità, virtù che per la Marzano vengono completamente disattese quando si tratta di donare qualcosa di più di un «qualcosa di sé», ma «anche di sottoporsi a stimolazioni ormonali e svariati trattamenti invasivi. Ma è proprio questa realtà che ci permette di misurare il divario che, da sempre, esiste tra l’altruismo astratto e i doni concreti». Bontà sua: la scrittrice riconosce che donare cellule riproduttive non come fare una passeggiata all’Avis per il prelievo del sangue. Però, insiste, perché tanta insensibiltà e mancanza di compassione? Beh, lei la risposta giusta ce l’ha. Sentite: «Se per anni si è sentito ripetere che la fecondazione eterologa era solo una tecnica procreativa finalizzata a soddisfare capricci ed egoismi, come si fa poi a non restare indifferenti di fronte al dramma di chi ha bisogno di un dono per poter diventare padre o madre?». Traduzione dal francese: se la destra, il Vaticano e i cattolici oscurantisti strillano di continuo contro la fecondazione artificiale, poi non lamentatevi se non si trova uno straccio di donatrice disposta a farsi martoriare per il bene altrui. Chiaro no? Dopo mesi di caccia senza quartiere ai boicottatori degli ovuli liberi e gratuiti, Repubblica ha finalmente scovato il grande nemico: il catto-egoismo ovarico delle italiane, alimentato dall’avarizia di Stato.
La Marzano si ferma un passo prima e non arriva a chiedere quello che invece altri, senza ipocrisie e fumosi pensamenti, reclamano. Se le donne italiane sono tra le più tirchie ed egoiste d’Europa, occorre incentivare la cessione degli ovuli pagandoli, come fanno in alcuni Paesi europei. Magari con i soldi dello Stato, per evitare odiose discriminazioni, introducendo la fecondazione assistita nei Lea, i “Livelli essenziali di assistenza” a carico del Servizio sanitario nazionale. Le direttive del ministero della Sanità dicono il contrario, ma non è detto che passino. Perché nel settore della fecondazione eterologa il gioco della domanda e dell’offerta risulta sballato: la prima c’è, ed è grande, l’altra manca del tutto. Dunque, bisogna intervenire per ristabilire le regole del mercato, eliminare le storture dello scambio ineguale e ristabilire le priorità dei diritti e dei desideri. Magari con il social egg freezing, il frigorifero degli “ovuli equi e solidali”, come fanno da qualche parte, così che sarà possibile per le mamme in attesa (artificiale) scegliere in un campionario di ovociti illimitati e a basso costo.
Qui vogliono arrivare queste laicisssime samaritane della donazione riproduttiva, che si appropriano senza pagare i diritti di parole evangeliche come sacrificio, gratuità, compassione, per legittimare pratiche che vengono spacciate per umanitarie quando invece non lo sono. E non sono solo i cattolici a dirlo. “Tecnorapine degli ovuli” sono state definite da alcune leader del femminismo europeo: loro non ritengono l’impossibilità della maternità una malattia e non mettono il figlio a ogni costo tra i diritti della coppia. Per questo, hanno l’onestà di mettere in guardia sui rischi per la donna del traffico di gameti, ovuli e uteri in affitto. Una nuova schiavitù, ben peggiore delle vecchie. È così difficile anche per una intellò come la Marzano tenerne conto prima di scomunicare tutte le donne italiane?