Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
MIX DI BEATITUDINE

L’estasi di Bernini composta in musica da Mascagni

Il compositore Pietro Mascagni scrisse: “In questi giorni ho avuto sempre dinanzi agli occhi quella testa divina; ed in quella visione ho composto un piccolo pezzo per orchestra, che ho intitolato: Guardando la Santa Teresa del Bernini. E la eseguirò all’Augusteum. È una semplice sensazione». Ne risultarono quasi cinque minuti di musica di contemplazione estatica.

Cultura 28_11_2020

Il 28 Novembre di 340 anni fa, il 1680, a 81 anni moriva a Roma, sotto Innocenzo XI, l'undicesimo papa da lui servito, il genio simbolo dell’arte barocca romana: l’architetto, scultore, ma anche pittore e scenografo, Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598 - Roma 1680).

Papa Urbano VIII (1568-1644), di cui era già amico, lo sostenne molto e gli fece vivere nella Città Eterna un periodo di grande affermazione; appena eletto al soglio pontificio gli disse: «È gran fortuna la vostra, o Cavaliere, di veder Papa il Cardinal Maffeo Barberino; ma essa maggiore è la nostra, che il Cavalier Bernino viva nel nostro Pontificato» (F. Baldinucci, Vita del cavaliere Gio. Lorenzo Bernini, scultore, architetto e pittore, Firenze, Vangelisti, 1682, p. 10). Dopo un periodo di allontanamento dalla corte pontificia, non godendo il favore di Innocenzo X (1574-1655), successore di papa Barberini, il nostro artista fu chiamato da papa Alessandro VII (1599-1667) per importantissime opere, tra cui il suo capolavoro architettonico: i due grandiosi ed armonici colonnati di piazza S. Pietro, efficace evocazione dell’abbraccio solenne della mater Ecclesia, che completano il progetto di Michelangelo per la basilica vaticana ed esaltano la possente facciata del Maderno.

Tra le opere di Berninichiese, palazzi, fontane, statue vogliamo ricordare il capolavoro della sua maturità: la Transverberazione di Santa Teresa, più nota come Estasi, famoso gruppo scultoreo posto nel transetto sinistro della chiesa romana di santa Maria della Vittoria, situata a poche centinaia di metri dalla Stazione Termini, che Bernini realizzò tra il 1647 e il 1651 su incarico del cardinale veneziano Federico Cornaro, ivi sepolto dal 1653. «A giudizio di ognuno non gli uscì dalle mani marmo lavorato con tenerezza, e disegno maggiore di questo […]. Diceva il Bernino, che Questa era la men cattiva opera, ch’egli havesse fatto» (D. Bernini, Vita del cavalier Gio. Lorenzo Bernini: descritta da Domenico Bernino, suo figlio, Roma 1713, p. 83).

Anche qui, come altrove nell’arte barocca e di Bernini, troviamo una forma di teatro religioso, in cui pittura, scultura e architettura si uniscono per una delle testimonianze più importanti dell'arte barocca. Così la descrive lo storico francese Hippolyte Taine (1828-1893): «La Santa è adorabile: coricata, colta da languore amoroso, con le mani e i piedi nudi penzoloni, gli occhi semiaperti, è caduta nelle delizie dell’estasi […]. A questo punto arriva l’angelo, un giovane paggio del cielo, sui quattordici anni, in tunica leggera, amabile, che con la sua freccia d’oro indica il sussulto ineffabile e terribile dal quale saranno scossi i nervi e le viscere di quella creatura innamorata. Nessuno ha mai scritto in pietra un romanzo così tenero e seducente» (H. Taine, Italy: Rome and Naples, New York 1871, p. 255).

Questa straordinaria scultura coglie la mistica spagnola, canonizzata nel 1622, in un momento particolare della sua vita, descritto nel capitolo 29 della sua Autobiografia, ben noto a Gian Lorenzo. È come se Bernini – ci diceva nel 2017 il padre carmelitano Rocco Visca, rettore di S. Maria della Vittoria – avesse fatto propria quella cosa prima di trasformarla, pur con piccole differenze, in questo gruppo marmoreo. In una delle sue estasi s. Teresa vide un angelo che, con un dardo d’oro dalla punta di ferro infuocata, le trafiggeva il cuore più volte. In quel momento ella sentì gioia e dolore. Questo gruppo – continuava il sacerdote – ci presenta Teresa nella sua femminilità, sponsalità e umanità: la bellezza di un’anima innamorata di Dio, trafitta dall’amore, che vuol far conoscere agli altri la bellezza del suo Sposo celeste. Teresa era un’anima innamorata di Dio: questa ferita di amore è l’anticamera del matrimonio spirituale con Dio.

Il capolavoro berniniano offrì lo spunto al compositore Pietro Mascagni (Livorno 1863 - Roma 1945) per scrivere nel 1923 un pezzo per orchestra, Visione lirica (Guardando la S. Teresa del Bernini nella chiesa di S. Maria della Vittoria a Roma).

Commenta Mascagni: «In questi giorni di malessere e di abbattimento, ho avuto una visione sempre fissa: la visione di Santa Teresa, quella famosa e meravigliosa statua che è in Santa Maria della Vittoria, in piazza S. Bernardo. A Roma, nel mio studio ho il calco della testa di Santa Teresa, in gesso; e, nel riguardarlo, ho sempre avuto una grande impressione: lo scalpello del Bernini non riprodusse una Santa, ma creò un ideale misticismo, sacro e profano insieme, una dolcissima creatura, la cui espressione è nello stesso tempo ascetica e sensuale. In questi giorni ho avuto sempre dinanzi agli occhi quella testa divina; ed in quella visione ho composto un piccolo pezzo per orchestra, che ho intitolato: Guardando la Santa Teresa del Bernini. E la eseguirò all’Augusteum. È una semplice sensazione» (Mascagni ad Anna Lolli, 4 Gennaio 1923, in Epistolario, Vol. 2, Libreria Musicale Italiana, Lucca 1996, p. 101).

Questa partitura, proposta in concerto il 14 gennaio 1923 all’Augusteo, l’auditorium romano capace di 3.500 posti, dall’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia diretta dal compositore, è concepita per il seguente organico orchestrale: 3 flauti, ottavino, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, timpani, percussioni, celesta, arpa, organo e archi. Ne risultano quasi cinque minuti di musica di tipo contemplativo che scorre con serenità interiore e aderisce pienamente al soggetto.

Chissà che anche noi post-moderni, ammirando il capolavoro del cavalier Bernini e ascoltando la musica di Mascagni, non possiamo dichiarare «havere il Cavaliere in quel gruppo superato se stesso, vinta l’arte, con Oggetto raro di maraviglia» (D. Bernini, ibidem, p. 84)!