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memoria

Leone XIV ricorda Iuliu Hossu, martire della fedeltà a Roma

Ieri alla presenza del Papa e della comunità ebraica l'atto commemorativo del cardinale rumeno, beatificato nel 2019. Il suo motto: «La nostra fede è la nostra vita».

Borgo Pio 03_06_2025
Foto Vatican Media/LaPresse

«Oggi, in un certo senso, egli entra in questa Cappella, dopo che San Paolo VI, il 28 aprile 1969, lo creò cardinale in pectore, mentre era in prigione per essere rimasto fedele alla Chiesa di Roma»: queste le parole con cui Leone XIV ha esordito ieri nella Cappella Sistina, in occasione dell'atto commemorativo del Beato Iuliu Hossu, vescovo greco-cattolico, «pastore e martire della fede durante la persecuzione comunista in Romania», beatificato nel 2019. La sua nomina cardinalizia fu resa pubblica soltanto nel concistoro del 1973, tre anni dopo la morte.

Presenti alla commemorazione anche i rappresentanti della comunità ebraica rumena, per il «suo impegno coraggioso di sostenere e salvare gli ebrei della Transilvania del Nord quando, tra il 1940 e il 1944, i nazisti attuarono il tragico piano di deportarli nei campi di sterminio. (...) Secondo la testimonianza dello stesso ex Rabbino capo, il Cardinale Hossu, negli anni 1940-1944, contribuì a salvare dalla morte migliaia di ebrei della Transilvania settentrionale».

Sotto il regime comunista, il beato andò incontro alla detenzione e alla persecuzione pur di restare fedele alla comunione con Roma, rifiutando ripetutamente le pressioni perché passasse all'ortodossia. «La speranza del grande Pastore è stata quella dell’uomo fedele, il quale sa che le porte del male non prevarranno contro l’opera di Dio. La sua vita è stata una testimonianza di fede vissuta fino in fondo, nella preghiera e nella dedizione al prossimo», ha detto Leone XIV, ricordando poi alcune parole del beato, citate anche da papa Francesco durante la beatificazione: «Dio ci ha mandato in queste tenebre della sofferenza per donare il perdono e pregare per la conversione di tutti».