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ANNI SACRI

L’enciclica di Pio XII e il monito a chi combatte Dio

Il 12 marzo 1950, in pieno Anno Santo, veniva promulgata dal venerabile papa Pacelli l’enciclica Anni Sacri, “per il rinnovamento cristiano e la concordia dei popoli”. Pio XII denunciava il dilagare del male in conseguenza dell’“abolizione” di Dio nelle società. E ricordava che la fratellanza è possibile solo in Gesù Cristo.

Ecclesia 12_03_2021

A volte siamo portati a pensare che viviamo in tempi molto più grami di quelli che ci hanno preceduto, ci manca la prospettiva storica che ci fa vedere che tutto il progresso umano è un alternarsi di passi avanti e passi indietro. Questo ci viene ricordato commemorando documenti del passato, come l’enciclica Anni Sacri del 12 marzo 1950, promulgata in pieno Anno Santo dal venerabile Pio XII (di cui si attende la beatificazione con impazienza) “per il rinnovamento cristiano e la concordia dei popoli”.

Non è questa tra le encicliche più conosciute del grande papa Pacelli ed è un documento relativamente breve, ma in esso c’è materiale che certo si offre alla nostra riflessione. In quell’anno, il 1950 appunto, eravamo ancora nella cosiddetta “Chiesa preconciliare” (il Concilio Vaticano II iniziò 12 anni dopo), una categoria storiografica che fa comodo ad alcuni, ma meno alla verità.

Nell’enciclica, da una parte, Pio XII si rallegra per le folle di pellegrini che sono convenuti a Roma per l’Anno Santo; dall’altra non può non osservare come la religione sia sotto attacco:

Quel che Ci sembra non solo il male più grave, ma la radice di ogni male, è questo: non di rado alla verità si sostituisce la menzogna, che viene adoperata come strumento di contesa. Da non pochi la religione viene trascurata, come cosa di nessuna importanza, e altrove addirittura proibita nell’ambiente familiare o sociale come rimasuglio di vecchie superstizioni; si esalta l’ateismo privato e pubblico, in modo che, abolito Dio e la sua legge, i costumi non hanno più alcun fondamento. La stampa anche troppo spesso insulta volgarmente il sentimento religioso, mentre non esita a divulgare le più turpi oscenità, eccitando e attirando al vizio con incalcolabile danno, specialmente la tenera fanciullezza e la gioventù tradita. Con false promesse si inganna il popolo che è incitato all’odio, alla rivalità, alla ribellione, specialmente se si riesce a svellere dal suo cuore la fede avita, unico sollievo in questo esilio terreno. Si organizzano e si fomentano serie violenze e tumulti e sollevazioni che preparano la rovina dell’economia e che recano un danno irreparabile al bene comune [Anni Sacri, Pio XII].

Non molto sembra essere cambiato da queste parole, solo che all’ateismo (studiato al tempo di papa Pacelli dal grande teologo Cornelio Fabro) si è sostituito un ben peggiore indifferentismo, un atteggiamento che non avversa la religione in sé (in questo modo dandole un posto nella propria vita) ma la mette completamente da parte nella vita concreta.

Sempre in Anni Sacri, Pio XII deplora quelle situazioni in cui vengono offesi i diritti di Dio e della Chiesa, accennando alle «non poche nazioni» in cui al tempo i sacri ministri venivano cacciati dalle loro sedi e anche imprigionati. Una denuncia che il Papa farà pure in documenti di ben altra ampiezza e profondità.

In questa enciclica il Papa lancia un ammonimento a coloro che, all’interno o all’esterno della Chiesa, lavorano contro gli interessi del Regno di Dio:

Coloro che a piene mani gettano i semi dell’invidia, della discordia, della rivalità, coloro che di nascosto o apertamente eccitano le masse e provocano le rivolte, coloro che illudono con vuote promesse la folla facile ad agitarsi, devono pure capire che alla giustizia richiesta dai principi cristiani, fautrice d’equilibrio tra le classi sociali e di concordia fraterna, si arriva non già con la forza e la violenza, ma con l’applicazione del diritto. Guidati dalla luce suprema, impetrata dalla preghiera collettiva, si persuadano tutti che soltanto il divin Redentore può comporre le molteplici e formidabili contese; soltanto Gesù Cristo, diciamo, che è la via, la verità e la vita (cf. Gv 16, 6), il quale dà la celeste chiarezza alle menti ottenebrate e la forza divina alle volontà dubbiose e pigre. «Senza strada non si cammina, senza verità non si conosce, senza vita non si vive» [De Imitatione Christi, 1. III, c. 56, v. 5]. Egli soltanto può reggere con giustizia gli avvenimenti terreni e comporli nell’amore; egli soltanto può avviare all’eterna felicità gli animi degli uomini, congiunti dal vincolo della fratellanza [Anni Sacri, Pio XII].

Ecco, è importante questo ammonimento, perché soltanto nel Cristo può esistere quella fratellanza auspicata che può unire tutti gli uomini in un sentimento di intima cordialità. Solo in Lui, via, verità e vita, l’uomo è rivelato all’uomo e prende il suo posto nel piano imperscrutabile di Dio.