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SCENARI

L'emergenza profughi pone il problema Lega

Le dimissioni del sottosegretario Mantovano esaltano le contraddizioni del partito di Bossi, incapace di trasformarsi in vera forza di governo.

Attualità 04_04_2011
lega nord
La Lega ha certamente avuto il merito storico di avere contribuito a fare emergere e ad avviare a soluzione una delle tre contraddizioni successive all'unificazione italiana, quella relativa alla forma centralista  dello Stato. Caduto il Muro di Berlino, finita l'epoca delle grandi contrapposizioni ideologiche, essa è il primo partito della nuova stagione politica e contemporaneamente è diventata il più vecchio partito del Parlamento. Soprattutto è diventata un partito di governo, sia nazionale sia territoriale, con ciò che questo comporta in termini di responsabilità.

La recente crisi esplosa all'interno del governo italiano con le dimissioni del sottosegretario Alfredo Mantovano ha attirato l'attenzione di molti sulla Lega, ritenuta all'origine delle suddette dimissioni, in quanto essa  ha esplicitamente operato per impedire che nessun profugo tunisino o comunque legato alla crisi libica arrivasse nel nord dell'Italia. Proprio per impedire che i già numerosi profughi si concentrassero esclusivamente nelle due regioni che hanno cominciato a ospitarli, Puglia e Sicilia, Mantovano si è dimesso (e con lui il sindaco di Manduria dove purtroppo sta succedendo quello che leggiamo sui giornali). E si deve ricordare la leale e profonda collaborazione di Mantovano con il ministro Maroni, nell'ambito del ministero degli interni durante gli ultimi tre anni, carichi di successi soprattutto nella lotta contro la criminalità organizzata.

Le dimissioni di Mantovano contribuiscono a porre un problema che forse ancora pochi si pongono, ma che inevitabilmente dovrà essere affrontato dalla Lega e dai suoi alleati. Si tratta non solo di un problema strettamente politico, ma riguarda anche quella dimensione superiore della politica che per il cattolico é la dottrina sociale della Chiesa e per tutti si chiama cultura politica. Il tema in questione è il bene comune come fine dell'azione politica, cioè il bene di tutte le componenti di una comunità, da perseguire attraverso l'applicazione dei principi di solidarietà e di sussidiarietà.
Per capirci, il famoso fora di ball enunciato da Bossi, pur con tutti i limiti di una battuta che non è un ragionamento culturale e nemmeno politico, esprime tuttavia un problema vero.

La Lega è nata e cresciuta come sindacato di un territorio, ma sta estendendo la sua influenza anche oltre le sue zone storiche di provenienza, per esempio conquistando consensi sotto il Po, nelle cosiddette regioni rosse. Ottiene consensi perché convinta sostenitrice da sempre e senza ripensamenti di una dottrina politica, il federalismo, che può valere per tutti i popoli, non soltanto per quelli del Nord.

Ecco perchè il "fora di ball" lancia un messaggio sbagliato, contrario agli stessi interessi della Lega. Esso esprime una grettezza territoriale che è incompatibile con un partito di governo che ha di mira il bene di tutta la comunità. Non solo ma contrasta con la grande capacità di solidarietà delle popolazioni del Nord, che hanno la forza e il coraggio (il cuore in mano) per farsi carico con il resto dell'Italia dell'ondata di profughi che si sta abbattendo sul nostro Paese, abbandonato vigliaccamente dal resto d'Europa e soprattutto dall'Unione europea.