Legalizzare la prostituzione? Il disastro della Germania
La Germania è diventata la mecca europea della prostituzione da quando quest’ultima è stata legalizzata, nel 2002. Non solo legalizzata, ma anche facilitata, giacché le pratiche burocratiche per avviare un bordello sono in pratica zero. I politici tedeschi credevano così di rimpinguare le casse statali. Invece…
L’antesignano degli ecologisti, onore al merito, è stato Celentano, fin dai tempi del Ragazzo della Via Gluck ma, soprattutto, de Un albero di trenta piani. Non ne ha trenta ma solo dodici quello che, parafrasando Olmi (il Maestro non ce ne voglia), potremmo definire "Albero delle Zoccole". Si trova a Colonia e si chiama Pascha (nulla a che vedere con la Pasqua latina; vuol dire, più appropriatamente, Pascià).
Dodici piani di prostituzione no-stop, 24h/24h, centinaia di “addette”, il più grande casino (senza l’accento finale) del mondo. Nella sola capitale federale, Berlino, i durchenainder (case chiuse) sono oltre cinquecento. A Stoccarda c’è il Pussy Club, che all’inaugurazione vide una coda di migliaia di clienti arrivati da ogni parte della Germania coi pullman: per disciplinare la ressa dovette intervenire la polizia. Uno splendido servizio di Angelo Allegri sul Giornale, la settimana scorsa, ha mostrato come la Germania sia diventata la mecca europea della prostituzione da quando quest’ultima è stata legalizzata, nel 2002. Non solo legalizzata ma anche facilitata, giacché le pratiche burocratiche per avviare un bordello sono in pratica zero: l’unico obbligo è comunicare alle autorità la data di inizio attività. È lo stesso Paese che disciplina perfino il tipo di asciugamani e portasapone nei bagni delle rivendite di patatine. I politici tedeschi credevano che i tappeti rossi al mestiere più antico del mondo avrebbero rimpinguato le casse statali, in base al vecchio pregiudizio radical che è vantaggioso permettere quel che non si riesce a vietare. Invece no. Le donne di vita sono, sì, aumentate (attualmente, si naviga sulle trecentomila unità per tremilacinquecento case d’appuntamento), ma sono pochissime quelle disposte a censirsi come “lavoratrici del sesso”. Rare quelle iscritte alla previdenza sociale. Sono tutte “estetiste” e “massaggiatrici”.
La valanga, prevedibilmente, è arrivata dall’Est europeo, dove le donne sono belle e la fame è tanta. Le più vengono per guadagnare quanto basta a tornarsene al paesello con in tasca una cifra che, dalle loro parti, è oro e dove nessuno saprà mai, si spera, come se la sono procurata. La più gettonata è l’Ucraina, che, a sentire certe campane, non vedrebbe l’ora di «entrare nell’Europa». In tempi di crisi economica globale l’unica cosa che abbonda è la carne umana, e i trafficanti del business del Terzo Millennio si sono buttati a pesce sull’affare. Una ragazza mediorientale, convertitasi al cristianesimo (e perciò rifugiata in Occidente sotto falso nome) ha raccontato delle massime con cui i suoi genitori la educavano: guarda i cristiani –dicevano- chiese vuote e bordelli pieni. In effetti, proprio in Germania (ma anche nel resto del Nordeuropa), tantissime storiche chiese vengono dismesse e destinate a usi profani, causa zero afflusso. Mentre è tutto un fiorire di casini.
Anche l’Expo milanese ha disseminato cartelli multilingue che invitano al “sesso sicuro”. Insomma, verrebbe quasi da dar ragione ai musulmani, se non fosse che, stando ai racconti dei viaggiatori, la prostituzione abbonda anche nei Paesi islamici, e la “merce” ha la medesima provenienza. Ma torniamo al nostro tema tedesco. Il quale dimostra che, legalizzazione o meno, le cose non cambiano: il “sommerso” rimane tale e la “tratta” non è stroncata, anzi. Sarebbe una lezione per i liberalizzatori di ogni vizio, ma contro l’ideologia i fatti nulla possono. La riprova si ha in Svezia. Sì, proprio la patria –di più: la pioniera- del sesso libero, che legalizzò la pornografia fin dagli anni Sessanta. Lì dall’ormai lontano 1999 la regola è: fallo con chi ti pare e come vuoi, purché gratis. Se ti azzardi a pagare rischi fino a un anno di galera. In ogni caso, ecco a cosa vai incontro: sequestro del telefonino, schedatura, prelievo coatto del dna, cure obbligatorie dallo psicologo.
Ora, è chiaro che in un posto come la Svezia quelli che vanno a prostitute sono coloro che non riescono a procurarsi una donna gratuitamente consenziente: i troppo vecchi, i troppo brutti, i troppo imbranati. Ciò costringe alla clandestinità proprio i più sfortunati. E le prostitute, che, se colte in flagrante, si vedono togliere i figli. Da qui lo sprofondamento dell’intero settore nel “sommerso” e nell’illegalità internettiana. Germania e Svezia, due modi opposti, speculari per diametrum, di “tappo peggio del buco”. O, se la si vuole filosofica, “eterogenesi dei fini”, buone intenzioni che ottengono il contrario. Noi italiani non siamo certo svedesi e, men che meno, tedeschi. Ma siamo cattocomunisti: l’accoglienza oves et boves senza poterselo permettere porta a un solo traguardo, quello del doloroso sconcerto espresso dal premier nigeriano quando, in visita, scoprì dov’erano finite le sue migranti.