L’educazione secondo Pio XI
Quest’anno compie 90 anni l’enciclica di Pio XI Divini illius Magistri che nel 1929 affrontava in modo sistematico il problema della educazione e della scuola. E che preannunciava come, espulsa la Chiesa dalla pubblica educazione e negato che essa sia “indipendente da qualsiasi potestà terrena, come nell’origine nell’esercizio della sua missione educativa”, dall’educazione verranno espulsi anche i genitori.
Quest’anno compie 90 anni l’enciclica di Pio XI Divini illius Magistri che nel 1929 – precisamente il 31 dicembre – affrontava in modo sistematico il problema della educazione e della scuola. Pio XI si occuperà direttamente di Dottrina sociale due anni dopo, con la Quadragesimo anno, ma anche questa enciclica sull’educazione va annoverata tra i documenti di Dottrina sociale della Chiesa e i suoi insegnamenti costituiscono una summa della visione cattolica dell’educazione.
L’enciclica tocca svariati punti che non è possibile qui nemmeno sfiorare. Su uno in particolare ci si può e ci si deve soffermare con attenzione, perché si ha l’impressione che oggi non sia più ritenuto fondamentale, nonostante sia il pilastro che regge tutto il resto. Mi riferisco all’idea che la Chiesa abbia un ruolo originario e fondativo nell’educazione non solo direttamente religiosa e morale ma anche indirettamente in quella civile.
Il principio si può esprimere dicendo che la Chiesa ha un proprio ruolo educativo pubblico. Niente di più lontano da come la si pensa in generale oggi, quando il ruolo centrale dello Stato è comunemente accettato anche nella Chiesa, i compiti educativi svolti dalla Chiesa lungo la storia sono considerati supplenze temporanee in attesa che lo Stato si assumesse proprie responsabilità in materia e che quindi è giusto aver superato, la Chiesa si accontenta di concessioni (briciole) in materia da parte dello Stato e accetta, con il sistema integrato della parità, di essere interna e funzionale al progetto educativo statale. È sulla base di questi principi sbagliati che in genere la Chiesa oggi non appoggia il fenomeno delle scuole parentali cattoliche o addirittura le avversa, dato che esse si contrappongono proprio a questa visione e, tramite il recupero del ruolo educativo dei genitori, mirano a ripristinare il dovere/diritto fondativo della Chiesa nell’educazione.
Pio XI nella Divini illiuis Magistri dice che la Chiesa esercita una sua “maternità soprannaturale”. Come una mamma esercita verso i figli la sua maternità educativa come prosecuzione e compimento di quella procreativa, così la Chiesa educa gli uomini alla vita sopra-naturale e al loro fine ultimo che è Dio come elevazione della loro creazione naturale. Come la mamma, tramite l’educazione cristiana, genera una seconda volta il proprio bambino, così la Chiesa crea una seconda volta l’uomo, tramite la vita di grazia e l’educazione cristiana, con le quali ri-capitola la stessa vita naturale. Nascono da qui i due doveri/diritti originari dell’educazione, quello della Chiesa e quello della mamma, vale a dire dei genitori: Il dovere/diritto dei genitori è naturale, ma col battesimo e il sacramento del matrimonio diventa sopra-naturale anch’esso, per partecipazione al dovere/diritto della Chiesa. I due doveri/diritti – quello della Chiesa e quello dei genitori – non sono sullo stesso piano: sono ambedue originari e non derivati da altro, ma quello della Chiesa fonda ultimamente anche quello dei genitori, perché la natura ha bisogno della sopra-natura anche per essere natura.
Quando lungo la storia viene meno la consapevolezza del compito pubblico della Chiesa di educare, ossia del suo dovere/diritto alla “maternità soprannaturale”, viene progressivamente meno anche la consapevolezza del dovere dei genitori ad educare i propri figli, non solo per quanto riguarda il fine soprannaturale dell’educazione, ma anche a proposito dei fini di ordine naturale. Oggi molti genitori si dimostrano incapaci non solo di educare i figli nel primo senso, ma anche nel percepire le più semplici dinamiche dell’educazione nell’ordine naturale delle cose. Rivendicare il dovere/diritto dei genitori di educare i propri figli senza rivendicare pubblicamente il dovere/diritto della Chiesa non raggiunge il fondo del problema: il dovere/diritto dei genitori rimane debole e soggetto ad involuzioni di senso. Spesso oggi la rivendicazione del diritto dei genitori ad educare i figli viene inteso nel senso dell’esercizio della libertà di scelta, disancorata da doveri oggettivi e precedenti. Se il motivo per cui i genitori rifiutano l’educazione gender fosse solo il loro diritto soggettivo, allora dovremmo legittimare l’educazione gender se i genitori la chiedessero.
Espulsa la Chiesa dalla pubblica educazione e negato che essa sia “indipendente da qualsiasi potestà terrena, come nell’origine così nell’esercizio della sua missione educativa”, come dice la Divini illius Magistri, dall’educazione vengono espulsi anche i genitori. Per questa via non si giungerà – come molti dicono - ad una educazione naturale, razionale, semplicemente umana, ma nascerà un altro Grande Educatore, il Mondo, che educherà anche i genitori e non solo i figli ad una religione disumana. L’uomo non si identifica immediatamente col cristiano, ma tolto nell’uomo il cristiano non rimarrà nemmeno l’uomo.