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IDEOLOGIE PERICOLOSE

L'ecologismo che sfrutta i ragazzini. Proprio come Pol Pot

“La speranza viene da noi giovani, come osate?” I detti e motti di Greta, la pasionaria ecologista di 16 anni, riecheggiano tristemente l'ideologia dei Khmer Rossi, il più feroce dei regimi comunisti. Si dà per scontata la "purezza" dei ragazzini, non "contaminati" dalla società adulta. Si finisce per usare i minori per imporre uno scopo politico.

Creato 28_10_2019
Cambogia, bambini-soldato dei Khmer Rossi

“La speranza viene da noi giovani, come osate?”. “Il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no”. “Il mio messaggio è che vi teniamo gli occhi addosso”. Nel messaggio di Greta Thunberg è presente, quasi ossessivo, il riferimento alle giovani generazioni quali alfiere del cambiamento, con gli adulti sul banco degli imputati senza neppure uno straccio di avvocato d’ufficio, dal momento che si rifiutano di prendere atto del nuovo corso ecologicamente corretto ammantato da (presunte) prove scientifiche inoppugnabili.

Tornando indietro di quarant’anni, la memoria corre al regime cambogiano di Pol Pot, con il suo uso spregiudicato dei bambini, che indottrinò contro i genitori e li impiegò nello sterminio di tutti coloro che avevano ricevuto un’istruzione anche minima. Bambini usati, proprio perché “puri e incontaminati” e in quanto tali “muniti” dell’autorità necessaria per processare i propri padri. Del resto, è la stessa Greta a dire che “Vi teniamo gli occhi addosso”. Proprio come i bambini della Kampuchea Democratica, che avevano il compito di tenere gli occhi addosso agli adulti, vittime della delazioni perfino dei propri figli una volta scoperti a fare discorsi contro il nuovo corso o a rimpiangere la vita passata. Inoltre, Pol Pot, come le frange più radicali dell’ambientalismo moderno, si mostrò da subito un acerrimo nemico della città come luogo dell’artifizio e dell’industria, e per questo fonte di corruzione, tanto da svuotarle una a una deportando la popolazione nelle campagne con l’intento di purificarla dalla corruzione cittadina.  

Fortunatamente, i profeti dell’ideologia green non si propongono lo sterminio di un popolo restio ad accettare un’ideologia naturalista retrograda. Il loro obiettivo è lo sviluppo della cosiddetta industria green, e a tal fine cercano di procurarsi risorse presso le istituzioni politiche e finanziarie, nazionali e internazionali. Intendiamoci, tutti noi faremmo volentieri a meno dell’inquinamento da idrocarburi o dei rischi del nucleare, e forse un giorno tutto questo sarà possibile. Ma oggi, se vogliamo energia abbondante e a buon mercato, occorre affidarci ancora a petrolio e carbone, perché l’energia serve qui e ora. Purtroppo, però, dopo la crisi del 2007-2008 accedere a risorse per investimenti rischiosi non è facile, date le condizioni difficili sia delle finanze pubbliche delle democrazie occidentali sia di banche e istituzioni finanziarie. E il mercato dell’energia richiede investimenti cospicui sia in ricerca e sviluppo, i cui benefici vanno solo in parte a chi ha sostenuto i costi dell’investimento, sia in capitale fisso, anche se non come in passato. Investimenti, i primi, il cui esito è incerto per definizione; con ritorni assai lontani nel tempo i secondi. Da qui, il rischio tangibile di fallimenti dovuti a mancanza di liquidità e all’impossibilità di rientrare per tempo dagli investimenti fatti.   

Pertanto, se i canali di finanziamento tradizionali (stato e banche) si restringono, per potervi accedere occorre sgomitare e combattere con qualsiasi arma, uso dei minori incluso. Laddove non arrivano i criteri di redditività possono i sensi di colpa indotti da un’abilissima propaganda mediatica che non si fa scrupolo di utilizzare una sedicenne con la Sindrome di Asperger, che porta chi ne soffre a provare un dolore intenso e sincero di fronte a immagini come il “grande continente di plastica che naviga da anni nell’oceano”, composto per circa l’80% da rifiuti provenienti da paesi non occidentali, ma i questuanti dell’ambiente, invece di reclamare presso Cina e India, trovano più comodo incolpare i governi dell’Occidente democratico, poiché in essi trovano interlocutori attenti alle loro richieste di denaro pubblico, spalleggiati in questo dai sacerdoti dell’ideologia ambientalista, dominante in Europa e presso le élites neo-liberal americane. Orfana delle masse operaie e dell’industria, ora condannata, la sinistra occidentale riversa i suoi slanci utopistici sull’ambiente, come dimostra il sorpasso dei verdi sui socialdemocratici in Germania.

Sorpasso non casuale quanto preoccupante, poiché laddove ha fallito il socialismo, ancorato alle sorti delle fabbriche nazionali, può riuscire un’ideologia globale (e pervasiva) come l’ambientalismo, che consentirebbe alla sinistra di conseguire i suoi scopi politici di controllo sociale, ma un controllo sociale globalizzato, magari attraverso un leviatano regolatorio esteso all’intero pianeta. Un pianeta astrattamente e vagamente inteso, così che non si possa individuare un’area critica del mondo (che non sia l’Amazzonia ai tempi di Bolsonaro) su cui verificare dati e statistiche che sbugiarderebbero le tesi e la strategia del terrore degli ambientalisti. E per un pianeta in pericolo, ecco pronta la nuova escatologia della salvezza, piena di paradossi. Anti-industriale, perché l’industria inquina, ma non quella green; laica, ma pervasa da un fervore religioso neopagano e anticattolico; salvifica, ma non per l’uomo; moderna e scientifica, salvo rifarsi alle retrograda e naturalistica ideologia roussoviana del buon selvaggio che fa molto presa sui giovani, perché si rifà a una presunta età dell’innocenza. E l’innocenza, specie quella dei bambini, può fare molto male se sfruttata a dovere.

Forse, in futuro potremmo godere dei benefici di un’energia abbondante ed economica associata a un ambiente non inquinato, ma la tecnologia attuale, oggi non lo consente, nonostante proprio quell’Occidente contro cui Greta Thunberg rivolge i suoi strali abbia fatto e stia facendo enormi progressi in tal senso, perché l’etica del profitto “obbliga” le imprese a economizzare le risorse spingendole a soddisfare le esigenze dei consumatori inventando prodotti nuovi o a produrre i medesimi oggetti con minor impiego di materiali senza per questo scomodare la retorica dell’economia circolare. Ma forzare i tempi attingendo a denaro pubblico o a pesantissime restrizioni legislative comporta soltanto sprechi di risorse pubbliche e private, e l’impoverimento della società tutta a vantaggio di pochi, in particolare di quell’industria green e dei suoi (extra)profitti derivanti dalla rendita politica, per la cui difesa val bene anche sfruttare una ragazzina.

Sfruttare i ragazzini, però, è pericoloso. Nel regime di Pol Pot si rivelarono delatori spietati e per fortuna che quel regime durò troppo poco per vedere gli effetti che il lavaggio del cervello avrebbe avuto su di essi una volta diventati adulti. Greta, invece, sembra avere davanti a sé una lunga carriera. Nessuno sembra chiedersi cosa ne sarà di lei una volta diventata adulta, se entrerà in politica portando con sé il suo attuale furore ideologico di bambina dura e pura. Il Novecento ci ha già dato diverse testimonianze in tal senso. E tutte immancabilmente tragiche.