"Le università non siano luoghi di elite"
Francesco ha fatto visita agli universitari di Roma Tre, svolgendo così la sua prima visita ad un ateneo statale italiano. "Le Università di élite, cosiddette ideologiche ti insegnano una linea di pensiero e ideologica e ti preparano per essere un agente di questa linea. Quella non è un'Università, dove non c'è dialogo, ascolto, confronto".
Ieri il Santo Padre Francesco ha fatto visita agli universitari di Roma Tre, svolgendo così la sua prima visita ad un ateneo statale italiano. Come già in altre occasioni il Papa non ha pronunciato il discorso previsto, che ha consegnato al Rettore Mario Panizza, mentre ha risposto a braccio a quattro domande che gli sono state rivolte da altrettanti studenti. Fra questi anche Nour Essa, 31 anni, siriana, che è arrivata in Italia insieme al Papa, ospite del suo volo di ritorno dal viaggio apostolico a Lesbo. Di seguito alcuni passaggi delle parole del papa ai giovani universitari.
DIALOGO IN RISPOSTA ALLA VIOLENZA
Giulia, 25 anni, romana, chiede quali possono essere le “medicine” contro le manifestazioni di un agire violento. Il Papa risponde indicando che «bisogna parlare meno e ascoltare di più, abbassare il tono, ci sono molte medicine contro la violenza, prima di tutte il cuore, prima di discutere dialogare. (…) Senza dialogo si perde il senso della costruzione sociale e della convivenza sociale, quindi per prima cosa è importante ascoltare. La pazienza del dialogo è fondamentale e dove non c'è dialogo c'è violenza; ho parlato di guerra perché siamo in guerra, è vero, ma le guerre cominciano dentro di noi quando non siamo in grado di aprirci verso gli altri, quando non siamo in grado di parlare con gli altri, quando non c'è dialogo in casa, quando si grida o si sgrida o quando siamo in tavola non si parla e si sta con il telefonino, questo è il germe della guerra».
UNIVERSITA’ NON IDEOLOGICHE
Le Università devono essere luogo di dialogo, «deve avere questo lavoro artigianale del dialogo, della discussione, questo è importante» ha detto Francesco. D’altra parte ha stigmatizzato «le Università di élite, cosiddette ideologiche dove tu vai, ti insegnano una linea di pensiero e ideologica e ti preparano per essere un agente di questa linea. Quella non è un'Università, dove non c'è dialogo, ascolto, confronto, amicizia, la gioia del gioco e dello sport, quella non è un'Università. Deve essere un luogo dove imparare la vita, cercare la verità, la bontà e la bellezza, questa è la strada dell'Università, questo è ciò che deve insegnare».
LA VITA VA PRESA COME FA IL PORTIERE DI CALCIO
Dobbiamo, ha detto il Papa rispondendo a una domanda sui cambiamenti epocali in corso, «prendere la vita come viene, se non lo faremo mai impareremo a viverla, la vita assomiglia al portiere della squadra di calcio che si butta dove la palla arriva, la vita deve essere presa da dove viene dunque. La vita devo prenderla senza paura da dove viene, è così e il cambio di epoca non ci deve spaventare».
GLOBALIZZAZIONE: UNITA’ NELLE DIVERSITA’
«Dobbiamo cercare sempre l'unità che è totalmente diversa dall'uniformità. L'unità ha bisogno delle differenze per essere una, unità nelle diversità quindi, viviamo in un'epoca di globalizzazione e lo sbaglio è pensare questa come se fosse una sfera, dove ogni punto è uguale distanza dal centro, dove tutto è uniforme. Questa uniformità è la distruzione dell'unità perché toglie la capacità di essere differente, per questo a me piace parlare di un'altra figura geometrica: il poliedro, c'è una globalizzazione poliedrica dove ogni cultura conserva la sua peculiarità e il suo patrimonio».
LE MIGRAZIONI: ACCOGLIERE E INTEGRARE
La ragazza siriana ha domandato al pontefice se il fenomeno migratorio minacci “la cultura cristiana dell’Europa”. «Noi siamo finora andati in questi paesi per sfruttarli», ha risposto il Papa, «un primo ministro africano mi diceva che uno dei primi lavori che ha fatto è stato quello di ricreare le foreste distrutte dallo sfruttamento occidentale ed europeo. Anche quando arrivano in Europa queste persone sono sfruttate, anche quando si mettono per mare, quel mare nostrum, il Mediterraneo, che oggi è un cimitero, pensiamo a questo quando siamo soli, come se fosse una preghiera. (…) E come dobbiamo ricevere queste persone, è ovvio: come essere umani, sono nostre sorelle e nostri fratelli, e poi ognuno accoglierli secondo le sue possibilità e poi anche integrare cioè ricevere questa gente e insegnare la lingua, integrare e farli cittadini del paese! Loro portano una cultura che è preziosa per noi così come è preziosa per loro la nostra e si è vero c'è paura ma i delinquenti e i criminali sono ovunque, nativi del nostro paese come di altri! Gli attentati del Belgio erano belgi, integrati ma ghettizzati. In Svezia ho invece conosciuto esempi di integrazione meravigliosi e quando c'è questa esperienza non c'è mai pericolo ma continua crescita, questa è la mia risposta alla paura!».
Sul tema dell’immigrazione è interessante anche un passaggio del discorso ufficiale non pronunciato. In questo testo il Papa scrive che «la prima minaccia alla cultura cristiana dell’Europa viene proprio dall’interno dell’Europa, la chiusura in sé stessi o nella propria cultura non è mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento sociale e culturale. Una cultura si consolida nell’apertura e nel confronto con le altre culture, purché abbia una chiara e matura consapevolezza dei propri principi e valori».