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ECOLOGISMO

Le tasse sono buone Basta che siano verdi

L'Australia approva la carbon tax, prima al mondo. Tripudio tra i guru ambientalisti, ma l'aumento della benzina è davvero una rivoluzione?

Attualità 16_11_2011
carbon tax Soddisfatto il famoso - per molti famigerato, Al Gore - ha ribadito che si tratta di "un momento storico": "Con questo voto, il mondo è a una svolta fondamentale nello sforzo collettivo per risolvere la crisi climatica. Questo successo è il frutto del lavoro instancabile di una coalizione senza precedenti. E' un voto che aiuta a salvaguardare il futuro di tutti gli australiani".

Ma di quale incredibile provvedimento ambientale si tratta? Il parlamento australiano ha approvato la cosidetta "Carbon Tax". A partire dal 2012, le aziende dovranno sborsare 23 dollari australiani, circa 17 euro, per ogni tonnellata di CO2 emessa nell'atmosfera. A detta di alcuni esperti, le cui dichiarazioni sono state riprese dai mass-media di tutto il mondo, siamo di fronte ad una delle più grandi riforme economiche dell'ultimo decennio, che riveste un ruolo importante anche a livello internazionale, in vista dei negoziati sul cambiamento climatico che si svolgeranno a Durban, in Sudafrica, nel mese di dicembre.

La “Carbon Tax" è una tassa sulle risorse energetiche che emettono il composto naturale anidride carbonica nell'atmosfera. Essa trova il suo fondamento nel principio “chi inquina paga”, un pilastro (insieme al "principio di precauzione") della politica ambientale europea e delle principali Organizzazioni delle Nazioni Unite. Certo se si trattasse di inquinamento da sostanze tossiche del tipo diossina, arsenico, mercurio, nessuno s’immaginerebbe di poter far inquinare dietro pagamento, ma ormai siamo abituati ad utilizzare la stesso termine “inquinamento” per indicare anche l’emissione di composti naturali, quindi sicuramente “biodegradabili”, come anidride carbonica e metano.

Visto che la combustione di un litro di benzina produce 2,35 kg di anidride carbonica, quella descritta dalla stampa come la più grande riforma economica dell'ultimo decennio, la storica decisione che dovrebbe salvare il pianeta, corrisponde ad aumentare il prezzo di tale combustibile di “ben” 4 centesimi di euro al litro. Questa è la temeraria azione che, secondo Al Gore, salverà il pianeta obbligando le imprese e cittadini a diminuire le emissioni (con un “effetto secondario” di creare un introito per le casse statali).

In Italia il prezzo della benzina solo negli ultimi mesi è aumentato quasi del doppio della “carbon tax” australiana, in seguito all’aumento di ben 7 centesimi al litro delle accise per finanziare vari fondi. Perché Al Gore non ne parla? Forse non averla chiamata “carbon tax”, come fatto la prima volta con l'art. 8 della legge n. 448 del 23 dicembre 1998,  ha reso la decisione meno storica?
Se esprimiamo l’importo della tassazione delle emissioni in modo comprensibile al semplice cittadino, si capisce che la “carbon tax” non comporta costi insostenibili per società ricche come quelle sviluppate. Il vero rischio è che la “rivoluzione verde” si traduca solo nel dover pagare delle nuove tasse “verdi” per fare le stesse cose che si facevano prima. Ma sono le tasse verdi le meno sgradite al cittadino.

Chiunque si muove o produce manufatti inevitabilmente è colpito dalla “carbon tax”, invece chi specula e vive di rendita non la paga. Alla fine il principio “chi inquina paga” induce a far pagare prevalentemente i pendolari che non possono permettersi la casa al centro della città, chi vive in luoghi freddi ed umidi dove deve utilizzare spesso i termosifoni, chi crea ricchezza e benessere utilizzando l’energia come i contadini. Premesso che il vero principio dovrebbe essere “chi inquina deve smettere e risarcire l’eventuale danno” (utilizzando però il termine inquinamento solo con il significato antico), il miglioramento del rapporto uomo-ambiente ottenuto riducendo con saggezza l’impatto umano sul Creato non dovrebbe essere eventualmente favorito con investimenti pagati da tutti sulla base del reddito?

Inoltre in Italia siamo già relativamente efficienti rispetto gli altri paesi con cui ci confrontiamo, non abbiamo alcun bisogno di questo tipo di “carbon tax”. La Cina è il leader mondiale delle emissioni totali ed ha superato gli Stati Uniti, seguono India, Russia e Giappone, Germania e Canada. In questa classifica assoluta l’Italia arriva diciassettesima.

Una misura più utile per capire l’effettivo apporto di ogni Paese è il dato sulle emissioni di anidride carbonica pro capite. Ai sensi di tale misura, l’americano medio è responsabile per 20,4 tonnellate a persona, i cinesi solo 4,6, addirittura meno degli italiani, che ne emettono 8,5. L’Australia emette  20,6 tonnellate a persona (in parte a causa della sua dipendenza dal carbone) e il Regno Unito 9,4, l’India, indicata come una delle nazioni più inquinanti, produce soltanto 1,2 tonnellate a testa.

Il posto più “inquinante” sono le Isole Vergini, che producono 118,3 tonnellate di CO2 a persona, 5 volte quelle degli Stati Uniti. In questo tipo di graduatoria gli Stati Uniti scendono addirittura al 17° posto, l’Italia è circa 60esima: pro-capite ogni italiano emette ad esempio meno degli abitanti delle civilissime e verdissime Finlandia e Norvegia, della Germania, Austria, Grecia.

"Un momento storico" sarebbe se i guru dell’ambientalismo non fossero più politici e speculatori finanziari come Al Gore e Soros.