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ANNI DI PIOMBO

Le spine insanguinate del Sessantotto

Il Sessantotto fu l'inizio degli anni di piombo, della peggior stagione terrorista vissuta dall'Italia. L'editore Ares ripropone in libreria tre volumi per non dimenticare: «Così uccidemmo il commissario Calabresi», di Leonardo Marino; La piccola tenda d’azzurro, di Arrigo Cavallina e L’eskimo in redazione di Michele Brambilla.

Cultura 16_06_2018
Anni di piombo

L’«epopea» del Sessantotto, di cui si celebra il cinquantenario, non fu tutta rose e figlie dei fiori. Perché gli steli portavano le spine che tinsero di rosso le strade d’Italia. Gli anni dell’emancipazione femminile e della rivoluzione sessuale che partorirono anche, dopo breve gestazione, la disgregazione delle famiglie giuridicamente pianificata attraverso la legalizzazione del divorzio e, a stretto giro, dell’aborto, sono pure gli anni di piombo del terrorismo militante. Gruppi armati di diversa natura, ma allineati sotto le bandiere dell’utopia comunista, giustificandosi nell’esigenza di completare la liberazione della Penisola dal fascismo e dall’imperialismo americano rimasta incompiuta con la Resistenza, impugnarono le armi tenendo sotto scacco le istituzioni democratiche. Per oltre un decennio il vissuto quotidiano delle città italiane fu costantemente segnato da rapimenti, omicidi, stragi… che inflissero al Belpaese una ferita profonda che ancora stenta a cicatrizzare.

Fa memoria di questa tragica pagina di storia un’iniziativa editoriale dell’Ares che ripropone in libreria tre volumi imprescindibili per chi volesse approfondire: «Così uccidemmo il commissario Calabresi», di Leonardo Marino (pp. 272, euro16); La piccola tenda d’azzurro, di Arrigo Cavallina (pp. 336, euro 15) e L’eskimo in redazione di Michele Brambilla (pp. 264, euro 15). La rilevanza di queste pubblicazioni sta innanzitutto nel fatto che gli autori sono stati a diverso titolo – Marino e Cavallina nei panni di terroristi, Brambilla come giornalista di cronaca – protagonisti di quegli anni e rappresentano già di per sé una fonte primaria.

Il memoriale di Marino, addirittura, è un documento che è stato ritenuto inoppugnabile dai magistrati nel determinare la condanna di Adriano Sofri, leader di Lotta continua, per l’omicidio del commissario milanese, padre dell’attuale direttore di Repubblica. Marino, infatti, fu l’autista del commando di Lc che assassinò Calabresi il 17 maggio 1972. E il suo libro, incalzante come un poliziesco, ma tanto più tragico perché strettamente legato alla cruda realtà di un omicidio andato a segno, racconta dal di dentro come ci si preparò all’azione, chi furono tutti i mandanti, e con quali motivazioni si decise di colpire. Ma per comprendere, almeno cercare di farlo, l’anima oscura del terrorismo è molto utile anche la lettura della Piccola tenda d’azzurro, in cui l’autore spiega le ragioni per cui passò per una graduale iniziazione dai movimenti di protesta di Potere operaio e di Autonomia operaia alla lotta armata dei Pac-Proletari armati per il comunismo, di cui fu uno degli esponenti di spicco insieme con il latitante Cesare Battista, tornato sulla ribalta mediatica per le polemiche legate alla sua mancata estradizione dal Brasile.

Questi due volumi appassionano anche perché raccontano in forma di diario il travaglio personale degli autori che hanno chiuso con il loro passato cruento attraverso il pentimento e la conversione cristiana: sono, in questo senso, anche opere di riparazione, scritte nel desiderio di spiegare gli errori e gli orrori della lotta armata, di cui, invece, non si avvidero, non sempre in buona fede – è la denuncia del pamphlet di Brambilla – i principali organi di stampa del nostro Paese, che negli anni Sessanta e Settanta raccontarono quei tragici fatti con gli occhi annebbiati dall’influenza preponderante e pervasiva dell’ideologia comunista. L’eskimo in redazione, che vanta dalla sua prima edizione una pungente Presentazione di Indro Montanelli, attingendo le citazioni direttamente dai titoli e dagli articoli di allora mostra, infatti, in modo incontrovertibile come, per quasi un decennio, il fenomeno delle «sedicenti Brigate rosse» (fonti dell’epoca) sia stato sistematicamente sottovalutato, arrivando a coprire, addirittura a negare, ogni atto di violenza di matrice di sinistra.