Le "scemenze col botto" (e un po' intolleranti) di Ferrara
Contro il convegno sulla famiglia che si terrà a Milano il 17 gennaio, non c'è solo Repubblica con le sue assurde e false acccuse. Ora anche Giuliano Ferrara sul Foglio prende per buona la balla che al convegno si discuterà su come "curare i gay". Un attacco sorprendente, che supera quello dei gruppi Lgbt. Perché?
Ma di che sragiona Giuliano Ferrara nel suo editoriale sul Foglio dal titolo: “Curare i gay? Una scemenza con botto e intollerante”? Il titolo è bello, efficace e ficcante: induce a pensare che gli “scemi” siano quelli di Repubblica, che, come solito, si sono inventati la balla per appiccicarla al convegno sulla famiglia, in programma nella sede della Regione Lombardia (clicca qui). Il solito asino di Troia, molto in voga nel desk del quotidiano, per screditare gli ultimi pro life e pro family, cattolici “oscurantisti”, omofobi e zumpa zumpappà. E invece… Invece l’editorialone dell’Elefantone rovescia, in una sconcertante commedia degli equivoci e delle beffe, le parti in causa. Prende per buona la manipolazione del quotidiano repubblichino e si associa alla condanna, caricandola a pallettoni e sbracando più del dovuto.
Risultato: un pezzo da fine del mondo che accomuna, in un asprissimo cocktail ad alto tasso alcolico, quelli che vorrebbero rinchiudere i gay nei sanatori, le tirate paoline contro i sodomiti, i tradizionalisti cattolici, Costanza Miriano e Luigi Amicone, i tombini di ghisa del governatore Maroni, le Sentinelle in Piedi, Anselmo d’Aosta, il Terzo Reich, Winston Churchill e i militari froci della guardia reale che se la fanno sulle panchine di Hyde Park con i burocrati di Downing Street. Quattromilacinquecento battute di erudito rancore, di gran polverone d’artificio, di enciclopedico sfoggio snobista e prêt-à-porter per concludere che «Curare i gay è una scemenza col botto, un gesto di piccola intolleranza ignorante»? Ma va? E chi l’avrebbe detta ‘sta panzana sesquipedale da supporter del dottor Mengele?
I «tradizionalisti senza tradizione», gli «psichiatri psichiatrizzabili», le scrittrici popolari e i giornalisti ciellini rincitrulliti, cattolici fanatici e apprendisti stregoni usi a «baloccarsi con il dottrinarismo terapeutico e altre perversioni da capofamiglia». Impresentabile marmaglia, ostinatamente intenzionata a mettere «la psicologia comportamentale e altre bellurie dentro la nuova evangelizzazione», che si darà appuntamento il, 17 gennaio, nella palazzo del governatore Roberto Maroni, «sassofonista e politico di talento ma ambiguo, oggi inzuppato nel nazionalismo macho dei tombini di ghisa», con il pretesto di discutere di difesa della famiglia e politiche pro family. In realtà, per organizzare la nuova mappa di sanatori e case di cura dove rinchiudere i malati di gaysmo e affetti dal virus gender. Così scrive il dottor Ferrara-Jekill inopinatamente trasformatosi, con chissà quale misteriosa droga, in mister Hyde.
Via, Monsieur le Directeur, ma che le passa per la sua raffinata e sempre lucidissima testa? Chi le ha rifilato l’immensa bufala col botto di questi improbabili curatori di froci all’assalto delle istituzioni lombarde? Perché la sua proverbiale intelligenza s’è arresa in modo così maldestro ai propalatori di panzane e l’ha indotta a scaricare fiele, odio e rancore contro i miti organizzatori del convegno milanese? Contro i relatori, come la brillante scrittrice fuori dal coro Costanza Miriano, «l’autentico, mi pare» direttore di Tempi Luigi Amicone, il tenerone Mario Adinolfi, ostinato fino all’ossessione nel perseguire il sogno di volere una mamma. Sono tutti suoi amici, o no? Ma davvero crede che l’associazione Nonni 2.0 dell’avvocato Peppino Zola possa essere sospettata di voler rinchiudere gay e lesbiche in qualche lager psichiatrico o “rieducare” nipotini sessualmente deviati?
Ecco, tutta questa brava gente è invitata caldamente da Ferrara a disertare il convegno e a «starsene a casa», a occupare meglio il loro tempo, magari a organizzare sit in di protesta contro l’insegnamento nelle scuole milanesi dell’ideologia del gender, senza dimenticare, però, «che la sola radiografia del fenomeno da parte di un prete di curia milanese ha indotto l’arcivescovo a scusarsi per l’iniziativa». Carognesca allusione alla presunta arrendevolezza del cardinale Angelo Scola, evidentemente ancora mancante dei galloni necessari per essere iscritto all’esclusiva scuderia degli anti Bergoglio foglianti.
Non solo: ancora più strapazzante è il trattamento riservato alle Sentinelle in Piedi, quelle che oltre a leggere Anselmo d’Aosta e il cardinale Newman, poi passano anche alla pratica e manifestano pacificamente contro il disegno di legge Scalfarotto, trappola per libertà di pensiero mascherata da lotta all’omofobia. «Le Sentinelle leggano libri buoni in piedi», scrive Giuliano in versione madame Bovary, «invece di mettere in provetta, con l’assistenza di psichiatri psichiatrizzabili e di tradizionalisti senza il senso della tradizione, chimismi, ormoni in pillola e altre vaghezze dagli scaffali del farmacista Homais. Il buco della serratura e il comune senso del pudore lasciatelo alla dottoressa Boccassini, una specialista». Orribile.
Ma, di grazia, gentilissimo signor direttore, da quando difendere in piazza il diritto alla libertà, ribadire la differenza di genere, chiedere per i figli una mamma e un papà significa spiare “dal buco della serratura” o difendere con la bacchetta “il comune senso del pudore”? E poi l’accusa di aver imprigionato «nell’irrigidimento caricaturale e clinicizzante, i materiali culturali non negoziabili che furono lo stigma d’intelligenza di una lunga stagione cattolica e laica del contemporaneo». Con l’aggravante di essere pure noiosi, pedanti e anche un tantino perversi. Almeno, scrive Ferrara, «quelli della Manif pour tous in Francia hanno trovato spesso modi sensati e colorati di sense of humour per esprimere il rigetto del dottrinarismo di gender e delle teorie omosessualiste ortodosse, qui ci balocchiamo con il dottrinarismo terapeutico e altre perversioni da capofamiglia».
Peggio (o forse no) di tali fantomatiche accuse, ci sono solo gli sputi, le minacce e le violenze che le associazioni gay riservano d’ufficio alle Sentinelle. Da oggi, il fronte gay-Lgbt potrà sventolare anche il pregiato editoriale del Foglio, ringraziandolo di cuore per aver così gratuitamente regalato dignità letteraria alle loro rozze messinscena. E poi quel comico e sprezzante invito finale: «andate al cinema!». Un Vaffa da Grillo ben istruito e perbene: «C’è The imitation game in tutte le sale», fa sapere Ferrara alle ignoranti Sentinelle, «se avessero messo Alan Turing in un sanatorio per froci, oggi saremmo tutti sudditi del Terzo Reich, molto probabilmente». Riecco la balla della camicia di forza proposta dai cattolici agli omosessuali: ma dove l’ha letta l’indignato Ferrara? Dall’Arcigay all’ArciFoglio: chi l’avrebbe mai immaginato…
Eppure, ciò detto qualcosa ancora non torna e restano nel mistero le vere ragioni di tanto livore e cattiveria ferrariana e ferrigna, come se fossero a lungo covati e repressi, in cerca di una buona occasione per tracimare e sfogarsi una volta per tutte. Resta non detto cosa ha fatto da innesco alla bomba, mentre appare sempre più evidente che il convegno sulla famiglia nelle sale della Regione Lombardia è solo un pretesto, la “buona” volta a lungo aspettata. Insomma, caro Elefantino furioso e infuriato, fuori le fonti che hanno scatenato tanta irosità, faccia nomi e cognomi di chi l’ha così mal informata e indotta a tirar calci sotto la cintola dei suoi ex amici. E sotto anche il livello di intelligenza che da sempre la caratterizza. Dice bene: «Tutti abbiamo bisogno di essere curati e soprattutto di essere lasciati in pace. A tutti sono dovuti rispetto, libertà personale, privacy». Già, tutti: compresi quelli che lei ha buttato sulla pira inaffiandoli di benzina per bruciarli vivi. Senza lo straccio di una prova e fidandosi del sentito dire, come farebbe la Boccassini. Si rilassi e si ripigli e nessuno la spedirà in terapia a riparazione di quelle sue stravaganze festive. Una clinica di recupero per froci negli scantinati di Palazzo Lombardia? «Ma c’è di che rendere orgoglioso il sistema sanitario lombardo», direbbe un redivivo Winston Churchill. Ma no, scherziamo, era solo Borghezio.