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LA CATECHESI

«Le luci e la festa riflesso dell'Incarnazione»

Un fatto liturgico, il legame con la Pasqua, la prospettiva escatologica: nell'udienza il Papa si è soffermato sul triplice significato del Natale.

Attualità 05_01_2011
papa udienza
Benedetto XVI ha dedicato l’udienza generale del 5 dicembre a una riflessione sul tempo di Natale, che per la Chiesa è ancora in corso. Occorre infatti, ha ricordato il Papa, vivere «il Tempo natalizio come la Chiesa lo presenta. Se lo consideriamo in senso lato, esso si estende per quaranta giorni, dal 25 dicembre al 2 febbraio, dalla celebrazione della Notte di Natale, alla Maternità di Maria, all’Epifania, al Battesimo di Gesù, alle nozze di Cana, alla Presentazione al Tempio, […] in analogia con il Tempo pasquale, che forma un’unità di cinquanta giorni, fino alla Pentecoste».

Benedetto XVI è tornato anche su due questioni che hanno accompagnato sui giornali, non solo italiani, l’ultimo Natale. La prima, di cui anche La Bussola Quotidiana si è occupata, riguarda il consumismo. Il Natale appena trascorso è stato davvero la festa dell’Incarnazione o solo quella dei regali e dei consumi? «La festa del Natale – ha notato anzitutto il Papa – affascina oggi come una volta, più di altre grandi feste della Chiesa; affascina perché tutti in qualche modo intuiscono che la nascita di Gesù ha a che fare con le aspirazioni e le speranze più profonde dell’uomo». È vero che «il consumismo può distogliere da questa interiore nostalgia». Tuttavia il cristiano può anche partire dalla festa e dalle luci, che non vanno dunque di per sé condannate, per arrivare alla fine all’Incarnazione. «Se nel cuore c’è il desiderio di accogliere quel Bambino che porta la novità di Dio, che è venuto per donarci la vita in pienezza, le luci degli addobbi natalizi possono diventare piuttosto un riflesso della Luce che si è accesa con l’incarnazione di Dio».

La seconda controversia – per la verità molto antica, ma che qualcuno ogni anno presenta come nuova – è quella ripresa oggi dagli atei militanti alla Odifreddi, cui pure La Bussola Quotidiana ha già risposto, secondo cui i cristiani si sono semplicemente appropriati di una festa stagionale pagana dedicata al Sole e alla luce. In realtà è probabile che Gesù Cristo sia nato proprio il 25 dicembre. Ma, volando più in alto delle polemiche, il Papa ha voluto ricordare che l’antico collegamento fra la data del 25 dicembre e la luce non toglie qualcosa alla grandezza dell’Incarnazione, anzi la conferma: «La data del 25 dicembre, collegata all’idea della manifestazione solare – Dio che appare come luce senza tramonto sull’orizzonte della storia –, ci ricorda che non si tratta solo di un’idea, quella che Dio è la pienezza della luce, ma di una realtà per noi uomini già realizzata e sempre attuale».

La chiave di tutto sta proprio nella parola «realtà». Mentre i pagani il 25 dicembre celebravano un simbolo, i cristiani fanno memoria di un fatto storico. Dunque, sottolinea Benedetto XVI, «occorre riscattare questo Tempo natalizio da un rivestimento troppo moralistico e sentimentale». Natale non è soltanto la festa dei buoni sentimenti ma il ricordo di un fatto preciso: «l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo». Occorre sempre farsi stupire dal Natale e ricordare che nella storia «a partire dall’Incarnazione avviene qualcosa di sconvolgente: il regime di contatto salvifico con Dio si trasforma radicalmente e la carne diventa lo strumento della salvezza: Verbum caro factum est». E «la manifestazione di Dio nella carne è l’avvenimento che ha rivelato la Verità nella storia».

Il Natale, da questo punto di vista, ha un triplice significato. Anzitutto, è un fatto liturgico che ci ricorda come da un certo punto di vista ogni Messa sia Natale, perché in ogni Messa Gesù viene di nuovo: «Ogni celebrazione è presenza attuale del mistero di Cristo e in essa si prolunga la storia della salvezza. A proposito del Natale, il Papa san Leone Magno [ca. 390-461] afferma: “Anche se la successione delle azioni corporee ora è passata, come è stato ordinato in anticipo nel disegno eterno…, tuttavia noi adoriamo continuamente lo stesso parto della Vergine che produce la nostra salvezza” (Sermone sul Natale del Signore 29,2), e precisa: “perché quel giorno non è passato in modo tale che sia anche passata la potenza dell’opera che allora fu rivelata” (Sermone sull’Epifania 36,1). Celebrare gli eventi dell’incarnazione del Figlio di Dio non è semplice ricordo di fatti del passato, ma è rendere presenti quei misteri portatori di salvezza. Nella Liturgia, nella celebrazione dei Sacramenti, quei misteri si rendono attuali e diventano efficaci per noi, oggi». La stessa «visita al presepio orienta alla visita all’Eucaristia, dove incontriamo presente in modo reale […] il Cristo vivente».

Il secondo significato del Natale che Benedetto XVI ha voluto sottolineare è il suo stretto collegamento con l’altra grande festa cristiana, la Pasqua. «Il Natale è già la primizia del “sacramentum-mysterium paschale”, è cioè l’inizio del mistero centrale della salvezza che culmina nella passione, morte e risurrezione, perché Gesù comincia l’offerta di se stesso per amore fin dal primo istante della sua esistenza umana nel grembo della Vergine Maria. La notte di Natale è quindi profondamente legata alla grande veglia notturna della Pasqua, quando la redenzione si compie nel sacrificio glorioso del Signore morto e risorto». I simboli sono diversi: ma non troppo. Infatti, «lo stesso presepio […] allude già alla Pasqua ed è interessante vedere come in alcune icone della Natività nella tradizione orientale, Gesù Bambino venga rappresentato avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia che ha la forma di un sepolcro; un’allusione al momento in cui Egli verrà deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo e messo in un sepolcro scavato nella roccia». Così per noi «Incarnazione e Pasqua non stanno una accanto all’altra, ma sono i due punti chiave inseparabili dell’unica fede in Gesù Cristo».

In terzo luogo il tempo di Natale «possiede anche un significato escatologico, orienta cioè agli ultimi tempi. Già nell’Avvento le due venute, quella storica e quella alla fine della storia, erano direttamente collegate; ma è in particolare nell’Epifania e nel Battesimo di Gesù che la manifestazione messianica si celebra nella prospettiva delle attese escatologiche: la consacrazione messianica di Gesù, Verbo incarnato, mediante l’effusione dello Spirito Santo in forma visibile, porta a compimento il tempo delle promesse e inaugura i tempi ultimi». Il mistero del Natale è dunque «il compimento della vocazione dell’uomo», che svela la verità sulla storia e già annuncia la sua risoluzione finale.