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LA PAROLA DEL PAPA

"Le istituzioni ritrovino radici spirituali e morali"

Parlando al personale della Questura di Roma Benedettio XVI ha detto che oggi religione e morale sono confinate nell'ambito soggettivo: la fede, i suoi valori e i suoi comportamenti non hanno più cittadinanza...

Attualità 21_01_2011
Papa

«Nel pensiero moderno si è sviluppata una visione riduttiva della coscienza» e così a determinare ciò che è vero e buono è «il singolo individuo» senza «riferimenti oggettivi». Lo ha detto il Papa durante l’udienza concessa ai dirigenti e al personale della Questura di Roma. Benedetto XVI ha auspicato che «la società e le istituzioni pubbliche ritrovino la loro “anima”, le loro radici spirituali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quindi all’azione pratica».

«Il nostro mondo - ha detto Ratzinger - con tutte le sue nuove speranze e possibilità, è attraversato, al tempo stesso, dall’impressione che il consenso morale venga meno e che, di conseguenza, le strutture alla base della convivenza non riescano più a funzionare in modo pieno». «Ai nostri giorni, - ha detto il Pontefice parlando del rapporto tra società, istituzioni ed etica - grande importanza è data alla dimensione soggettiva dell’esistenza. Ciò, da una parte, è un bene, perché‚ permette di porre l'uomo e la sua dignità al centro della considerazione sia nel pensiero che nell'azione storica. Non si deve mai dimenticare, però, che l’uomo trova la sua dignità profondissima nello sguardo amorevole di Dio, nel riferimento a Lui. L’attenzione alla dimensione soggettiva è anche un bene quando si mette in evidenza il valore della coscienza umana».

«Ma qui - ha aggiunto Ratzinger - troviamo un grave rischio, perché nel pensiero moderno si è sviluppata una visione riduttiva della coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò che vale e ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue esperienze, ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verità, la propria morale».

«La conseguenza più evidente – ha spiegato ancora Benedetto XVI - è che la religione e la morale tendono ad essere confinate nell’ambito del soggetto, del privato: la fede con i suoi valori e i suoi comportamenti, cioè, non ha più diritto ad un posto nella vita pubblica e civile. Pertanto, se, da una parte, nella società si dà grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, dall’altra, la religione tende ad essere progressivamente emarginata e considerata senza rilevanza e, in un certo senso, estranea al mondo civile, quasi si dovesse limitare la sua influenza sulla vita dell’uomo».