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FOCUS

Le elezioni che tutti hanno perso

Un'analisi attenta dei numeri mostra che perdono consensi tutti i partiti tradizionali, Vincono soltanto i grillini e le nuove liste di centro-destra.

Attualità 18_05_2011
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I talk show post-elettorali in Italia sono di solito noiosi, perché danno l’impressione che tutti abbiano vinto. Questa volta, dopo il primo turno della tornata amministrativa del 2011, c’è qualcosa di nuovo. L’impressione è piuttosto che tutti abbiano perso. E – al di là delle analisi a caldo di politologi e giornalisti – l’idea della sconfitta generale sembra confermata dai primi dati di flusso, il principale strumento sociologico con cui va analizzata un’elezione. Questi dati sono stati prontamente messi a disposizione dall’Istituto Cattaneo con riferimento alle tredici maggiori città dove si è votato, mentre nei centri minori, la presenza rilevante di liste civiche rende quasi impossibili i raffronti. Questo istituto avverte che «il confronto con le elezioni comunali è, per molti versi, quello più corretto, in quanto le elezioni messe in relazione sono dello stesso tipo». Tuttavia, le ultime elezioni comunali si sono tenute nel lontano 2006, per cui interessa anche il confronto con le elezioni regionali del 2010.

Cominciamo dal primo contendente che ha perso: il centro-destra nel suo complesso, cui mancano all’appello 56.000 voti rispetto alle comunali del 2006 (-6% del suo elettorato) e 57.000 rispetto alle regionali del 2010 (-6,1%). Attenzione, però: questo dato deriva da uno smottamento al Nord (-16,6% sul 2006 e -10,2% sul 2010), e da un’avanzata nel Centro-Sud (+12,2% rispetto al 2006, 40.000 voi in più, e +4,2% rispetto al 2010). Il PDL perde 164.000 voti rispetto alle comunali del 2006 (-24,6%) e arretra del 22,3% anche rispetto alle regionali del 2010.

Al Centro-Sud, naturalmente, non c’è la Lega, che ha molto migliorato rispetto alle comunali del 2006, che furono disastrose per il partito di Umberto Bossi (+78.000 voti, cioè +149%), ma ha peggiorato in modo significativo rispetto alle regionali del 2010, che furono invece un successo (-25.000 voti, cioè -16%). Considerando che la Lega avanza a Bologna, la perdita di voti sul 2010 è notevolmente influenzata dal dato di Milano, dove la Lega dal 2010 al 2011 ha perso 17.000 elettori.

In verità – nonostante le dichiarazioni dei suoi principali esponenti – sul piano numerico, che è diverso da quello delle possibili conseguenze politiche del voto, ha perso anche il centro-sinistra. Rispetto alle comunali del 2006, le perdite del centro-sinistra sono più del triplo di quelle del centro-destra. Ha perso, infatti, 175.000 voti (-14,4%), con un drammatico -30,9% al Centro-Sud dove è stato abbandonato da un terzo del suo elettorato. C’è invece un’avanzata complessiva rispetto alle regionali del 2010: 66.000 voti in più (+6,8%), concentrati però in gran parte al Nord e in particolare a Milano visto che al Centro-Sud il centro-sinistra (-6,7%) perde anche rispetto al 2010. La sconfitta riguarda anche i singoli partiti: il PD perde 111.000 voti rispetto alle comunali del 2006 (-16,2%), di cui 97.000 al Centro-Sud (-46,8%) e il recupero rispetto alle regionali del 2010 (+7,3%) è dovuto anche qui in gran parte a Milano, visto che al Sud anche rispetto al 2010 il PD ha perso più di un quarto dei suoi elettori (-26%).

Peggio ancora è andata l’IDV di Antonio Di Pietro, nonostante l’approdo al ballottaggio del suo candidato a Napoli. Qui il raffronto con le comunali del 2006, quando il partito non aveva ancora conseguito la sua affermazione elettorale che è iniziata nel 2008 e in molte città neppure si presentava, darebbe un +67,3% ma non è significativo. Rispetto al 2010 l’IDV perde 62.000 voti, cioè un’impressionante 40,7% del suo elettorato.

Ha perso – e nettamente – il Terzo Polo, che è al di sotto dei voti che nelle comunali del 2006 aveva preso l’UDC da solo. Le liste UDC hanno perso un quarto degli elettori (28.500, cioè il 25,4%) rispetto alle comunali del 2006 e sono andate indietro anche rispetto alle regionali del 2010 (-1,4%). Il confronto con le regionali è impietoso al Nord, dove l’UDC era già andato male nel 2010, in particolare in Piemonte a causa dell’alleanza con la candidata di centro-sinistra sgradita ai cattolici Mercedes Bresso. Rispetto a questo già negativo risultato, l’UDC ha perso un quinto di quei già pochi elettori: -20,6%. Il FLI di Gianfranco Fini ha ottenuto risultati perfino imbarazzanti. A Latina, dove con il patrocinio dello scrittore Antonio Pennacchi era partito un ambizioso progetto politico e culturale, il FLI si è fermato allo 0,7%. Il capolista, un big del partito di Fini come Fabio Granata, ha avuto cinquanta preferenze, e lo storico Franco Cardini – che aveva lanciato la campagna di Latina con una posizione particolarmente aggressiva contro il centro-destra e Berlusconi – di preferenze ne ha avute solo tre. A Torino, dove partiva da un gruppo con tre consiglieri comunali, FLI non ha avuto alcun seggio ed è rimasto all’1,41%,

Se dunque perdono tutti, chi vince? La prima risposta che viene in mente è che abbia vinto la sinistra radicale di Nichi Vendola (Sinistra, Ecologia e Libertà più Federazione della Sinistra). Ma l’Istituto Cattaneo ci dice che il dato è corretto solo in parte: scrive che «in pratica non c’è stata alcuna variazione» per la sinistra radicale rispetto alle precedenti elezioni comunali, se non un lieve calo (-0,8%). È vero, però, che rispetto alle per lei disastrose regionali del 2010 la sinistra radicale ha recuperato 48.300 voti (+48,4%), ancora una volta con il dato migliore in assoluto a Milano, dove esprimeva il candidato sindaco.

Tra l’indifferenza generale dei grandi giornali, tra chi ha vinto vanno annoverate le nuove liste di centro-destra, fra cui Forza del Sud che – presentandosi per la prima volta alle elezioni – ha per esempio ottenuto il 5,23% a Napoli e il 4,72% a Reggio Calabria. Nel Sud, queste liste autonome di centro-destra hanno guadagnato 109.000 voti rispetto alle precedenti comunali (+110%). Se si guardano i numeri dell’Istituto Cattaneo, che definisce «molto consistente» il successo di questi nuovi movimenti, ci si accorge che esse rappresentano una parte importante della risposta sul dove sono finiti i voti che sul piano nazionale mancano all’appello del PDL: il che significa che si tratta di voti rimasti nell’ambito del centro-destra.

Si può credere, invece, che in gran parte i voti sfuggiti alla Lega rispetto al 2010 siano di persone che non si sono appassionate alle elezioni comunali o hanno voluto esprimere una protesta, contribuendo all’aumento dell’astensionismo (+1,8% rispetto alle precedenti comunali). Quanto ai voti persi dal centro-sinistra, sono andati in parte alla sinistra radicale (che avanza sul 2010 anche se perde sul 2006) e in proporzione significativa all’unico che può davvero dire di avere vinto le elezioni, cioè il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che ha ottenuto il consenso di ben 93.000 elettori, 26.000 in più (+39%) rispetto alle già lusinghiere regionali del 2010.

I numeri, naturalmente, dicono molto ma non dicono tutto. Sul piano politico gli esiti dei ballottaggi a Milano e a Napoli avranno una visibilità maggiore di ogni altro risultato. E PDL e Lega faranno bene a non sottovalutare il dato molto negativo di Milano: anche se dalle analisi dell’Istituto Cattaneo emerge che quando qualche esponente del centro-destra afferma che i dati di Milano sono anomali rispetto al resto dell’Italia ha ragione, non sul piano delle linee di tendenza ma sul piano di quanto siano calati i consensi dei partiti di Berlusconi e di Bossi.

I numeri non sono mai irrilevanti. I politici chiamati a commentare i risultati faranno bene a tenerne conto, senza lasciarsi fuorviare da effetti speciali che spesso nascondono i problemi veri.