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MEDIA E GOVERNO

Le contestazioni a Renzi le vediamo solo su Internet

Matteo Renzi è stato presente in tutti i telegiornali per più ore di tutte le opposizioni messe assieme. I media hanno quasi del tutto taciuto le contestazioni che ha subito e il suo improvviso cambio di idea su eventuali dimissioni post-referendum. Ma per tutto questo c'è Internet.

Politica 24_08_2016
Renzi alla Versiliana

Nei giorni scorsi su alcuni quotidiani sono apparsi i dati relativi allo spazio dedicato in tv ai singoli esponenti politici. Stando a quelle cifre, raccolte dalla Geca Italia, la società che fornisce le rilevazioni all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Matteo Renzi nei telegiornali di giugno avrebbe parlato più di tutta l’opposizione messa insieme: 11 ore e 6 minuti contro le 10 ore e mezzo di tutti gli altri leader.

Ciò che stupisce è che questa “sovraesposizione” del premier sarebbe ancora più marcata, in termini percentuali, sulle reti Mediaset (22% del totale dei telegiornali del Biscione) e su Sky Tg24 (26,22% del totale). A questi numeri vanno poi sommati quelli del governo e dei centristi di Area popolare, che sostengono l’esecutivo e che, peraltro, sono schierati a favore del “si” al referendum. Ce n’è abbastanza per denunciare un certo squilibrio negli spazi informativi, a riprova dell’insufficienza dell’attuale legislazione in materia e dei meccanismi di vigilanza e controllo.

Ma si tratta, nello stesso tempo, di discorsi in larga parte superati. I media tradizionali, che intercettano più che altro un pubblico di fascia adulta, raccontano una realtà assai “ingessata” e incapsulata entro rigidi schematismi istituzionali, che nulla hanno a che vedere con la vivacità della Rete e degli internauti. Se n’è avuta la rappresentazione plastica proprio negli ultimi giorni.

Tre giorni fa il premier è stato ospite alla Versiliana e, durante il suo intervento, è stato fischiato da una parte di pubblico che gli ha dato del “Pinocchio”. Il battibecco è durato alcuni minuti e i “contestatori” hanno rinfacciato al Presidente del Consiglio una presunta tendenza ad annunciare e promettere qualunque cosa. Se un Presidente del Consiglio nonché ex sindaco del capoluogo della Toscana viene fischiato nella sua regione probabilmente si tratta di una notizia, ma di questa notizia si trovano scarsissime tracce sui giornali e nei telegiornali. Su Internet, invece, la notizia è stata ripresa e il video di quel battibecco è finito su molti siti. A vederlo soprattutto giovani, che in Rete trascorrono molte ore al giorno approvvigionandosi di contenuti informativi molto più che sui media tradizionali.

Altro fenomeno da registrare riguarda le dichiarazioni del premier sul referendum costituzionale, che probabilmente si terrà l’ultima domenica di novembre. Fino a qualche settimana fa sia Renzi che il ministro Maria Elena Boschi avevano dichiarato di volersi dimettere, anzi di voler abbandonare la politica in caso di sconfitta dei “sì”. Irritò molto il Quirinale un’uscita del premier che escludeva nuovi governi in caso di sua sconfitta al referendum, ritenendo ineluttabile il ricorso anticipato alle urne, quasi che Mattarella fosse una figura notarile e priva di qualsiasi margine di iniziativa politica. Da un po’ di tempo a questa parte, dopo aver fiutato l’aria e dopo aver consultato i sondaggi più attendibili, che danno in discreto vantaggio i “no”, il Presidente del Consiglio e il ministro Boschi hanno corretto il tiro, hanno abbandonato i toni da “Dopo di noi il diluvio” e hanno assicurato che, qualunque fosse l’esito del referendum, la legislatura andrebbe avanti fino alla scadenza naturale del febbraio 2018. Una clamorosa marcia indietro che ha anche spiegazioni “nobili”, in particolare quella di voler trasmettere un’idea di stabilità/affidabilità all’Europa proprio nel momento in cui l’Italia si accinge a chiedere maggiore elasticità a Bruxelles sui conti pubblici, in vista della prossima legge di stabilità. Tuttavia, a nessuno sfugge la lettura più ovvia di quel dietrofront e cioè il rischio che molta gente voti “no” solo per mandare a casa il premier e la sua squadra. Il ministro dell’interno, Angelino Alfano, che sostiene le ragioni del “sì”, ha addirittura applaudito il premier per aver cambiato idea e per aver annunciato che non si dimetterebbe anche in caso di sconfitta al referendum sulle riforme costituzionali. 

Quanto i media tradizionali hanno approfondito le ragioni della giravolta renziana su un impegno così solenne assunto con gli elettori? C’è stato qualche telegiornale che ha riepilogato tutti gli interventi nei quali solennemente Renzi e i suoi avevano promesso dimissioni immediate in caso di sconfitta al referendum? Non risultano servizi del genere. Qualche giornale d’opposizione, sia pure in maniera strumentale, si è cimentato nell’esercizio di riproporre al suo pubblico tutte le “bugie” del premier. Ma per avere una rappresentazione fedele della realtà ancora una volta bisogna navigare in Rete. Ci sono video ormai diventati virali (con milioni di visualizzazioni) che documentano uno per uno i momenti pubblici, solenni e ufficiali, peraltro ripresi con enfasi da tutti i principali telegiornali, nei quali Renzi assume l’impegno di lasciare la politica in caso di bocciatura popolare delle riforme costituzionali. Questi video vengono condivisi sui social, sono oggetto di confronto e dibattito in Rete, i giovani li commentano, li diffondono, li considerano uno spaccato attendibile della verità dei fatti. 

Le nuove generazioni, quindi, pescano con maggiore naturalezza le notizie nel “mare magnum” della Rete, con un approccio “self-service”, rifiutando le logiche dei broadcaster tradizionali, che impaginano le notizie secondo logiche ormai superate e lontane dalla categoria dominante per eccellenza nel mondo di internet: l’interattività. I giovani, prima di scegliere in modo consapevole, amano sentirsi protagonisti e artefici del proprio destino, puntano a formarsi un’opinione libera sui fenomeni sociali e politici. Ed è per questo che un Movimento come i Cinque Stelle, che pure spesso viene accusato di scarsa rappresentatività e democrazia interna per via dell’opacità dei suoi processi decisionali, raccoglie ampi consensi nell’universo giovanile, essendo il più attivo sul fronte della discussione virtuale e del dialogo sui social. Su questa fenomenologia ormai consolidata dovrebbero riflettere in molti, sia tra coloro che pensano di poter manipolare il consenso controllando i media tradizionali, sia tra coloro che gridano al bavaglio solo perché ad un avversario politico viene dedicato un minuto in più o in meno in un telegiornale.