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IL CASO

Le bugie dell’Onu su chi davvero aiuta i profughi

Quella dei profughi, rifugiati e sfollati, è un’emergenza seria e dolorosa. Ma sono i Paesi ricchi occidentali ad assumersi la responsabilità di assistere i profughi e a fornire il 90% degli aiuti, inclusi quelli umanitari, ai paesi a basso livello di sviluppo. Eppure l’Onu continua ad accusarli di fare poco o nulla.

LAMPEDUSA IN TV di Rino Cammilleri

Esteri 23_09_2016
Il Palazzo dell'Onu a New York

A New York è in corso la 71esima Assemblea generale dell’Onu. Quest’anno uno degli appuntamenti più attesi è stato il vertice dei capi di Stato e di governo sui profughi, svoltosi il 19 settembre, al quale hanno partecipato 48 Paesi, 20 dei quali europei, l’Unione europea e la Banca Mondiale. Il giorno prima l’Assemblea generale aveva adottato una Dichiarazione con cui i 193 Stati membri sono impegnati a migliorare le forme di protezione dei profughi e delle «persone per altri motivi in movimento» al fine di garantire loro un trattamento più umano e coordinato.

 È ormai consuetudine del Palazzo di Vetro presentare ogni propria iniziativa come un evento di portata storica. Anche il vertice sui profughi è stato quindi annunciato come una «opportunità storica, unica», uno “spartiacque” nel processo di creazione di un sistema «capace di rispondere ai grandi movimenti di profughi e migranti». Forse nelle prossime settimane si chiariranno i motivi per cui il vertice si deve considerare una svolta epocale nel modo di far fronte ai movimenti di persone.

Per il momento di diverso rispetto a quel che si è fatto finora sembra esserci più che altro l’ammontare dei fondi e delle quote di rifugiati: gli Stati che hanno partecipato al vertice hanno infatti deciso di portare nell’anno in corso a 4,5 miliardi di dollari il loro contributo complessivo per interventi umanitari e a più di 360.000 i rifugiati che tutti insieme sono disposti a ospitare. Inoltre, si sono impegnati a migliorare le possibilità di istruzione, le opportunità di lavoro, di reinsediamento e di ammissione dei profughi. 

Ma nei resoconti pubblicati finora sulle pagine web dell’Onu non si parla di come affrontare due problemi: il moltiplicarsi degli immigrati che da tre Continenti – Asia, Africa e America Latina – viaggiano clandestinamente, intenzionati a entrare illegalmente in Europa e in Nord America, e quello che gli anglosassoni chiamano “people (o migrant) smuggling”, il contrabbando di uomini, che il “Protocollo contro il contrabbando di migranti per terra, mare e aria”, approvato nel 2000 dall’Assemblea Generale dell’Onu a integrazione della Convenzione Onu contro il crimine organizzato transnazionale, definisce come l’insieme delle attività che per profitto organizzano l’ingresso illegale di uno straniero in un paese, in maniera clandestina o con l’inganno, in violazione delle leggi di uno o più stati.  

C’è di più. L’Onu si assume la responsabilità di trattare insieme due fenomeni così diversi come l’emigrazione clandestina tramite organizzazioni criminali internazionali e la fuga di persone minacciate di persecuzione e morte. Di qui i toni di tanti commenti sui media italiani: ad esempio, la Dichiarazione Onu «colma quella che è stata una lacuna costante nel sistema internazionale di protezione dei rifugiati, riconoscendo che l'aiuto ai migranti non dovrebbe essere compito di un numero limitato di Paesi, ma una responsabilità da condividere su scala globale. (…) Le nazioni più ricche dovrebbero riconoscere che hanno la responsabilità di fornire finanziamenti umanitari tempestivi e affidabili (…)».

Ma si dovrebbe sapere che quella dei profughi, rifugiati e sfollati, è un’emergenza seria e dolorosa per far fronte alla quale però da decenni il mondo si è attivato; e che sono i Paesi ricchi occidentali ad assumersi la responsabilità di assistere i profughi, e in modo più coordinato e organizzato dal 1951 quando è diventato operativo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati. Nello stesso anno entrava in vigore la Convenzione di Ginevra: ai profughi che oltrepassano i confini nazionali per mettersi in salvo assicura asilo senza sanzioni penali «a motivo del loro ingresso o del loro soggiorno illegali» (articolo 31) e garantisce protezione dal rimpatrio forzato (articolo 33).  

L’Acnur, che nel 2015 ha avuto in carico 41 milioni di sfollati e 16 milioni di rifugiati, opera grazie a contributi volontari. Per sapere chi lo finanzia basta andare sulla sua pagina web. Alla voce “Risorse” si trova l’elenco dei contributi dal 30 luglio al 22 agosto 2016: oltre 93 milioni di dollari, quasi 54 messi dall’Unione europea e tutti gli altri da Stati europei, Usa e Canada, salvo 500 mila dollari offerti dalla Repubblica di Corea. 

Sono i Paesi ricchi, occidentali inoltre a fornire il 90% degli aiuti, inclusi quelli umanitari, ai Paesi a basso livello di sviluppo: 118 miliardi di dollari su 135 nel 2014. Sono i paesi ricchi i maggiori finanziatori anche delle missioni di peacekeeping dell’Onu che tentano di mettere in sicurezza i territori da cui i profughi sono fuggiti affinché possano tornare a casa: un bilancio di 7,87 miliardi di dollari per il periodo dal 1° luglio 2016 al 30 giugno 2017, per 16 missioni e oltre 118.000 persone impiegate. L’Unione Europea finanzia persino la Amisom, la missione di peacekeeping dell’Unione Africana in Somalia, pagando i suoi 22.000 soldati 1.028 dollari al mese. 

Si può fare di meglio, c’è molto da criticare: nel modo di gestire i campi profughi, le attività  umanitarie, i progetti di sviluppo, le missioni di pace. Ma non si dica che il mondo ricco si disinteressa dei profughi solo perché una marea di persone tentano di ottenere asilo sostenendo di essere perseguitati in patria – è l’inganno di cui parla il Protocollo dell’Onu – e qualcuno viene respinto.