L'autogol di Salvini e i suoi effetti
Nei corridoi della politica l’interrogativo più ricorrente e più avvincente tra gli addetti ai lavori è il seguente: Matteo Salvini ha fatto bene a “varcare il Rubicone” aprendo di fatto la crisi, senza avere in tasca la certezza delle elezioni anticipate? La risposta prevalente è negativa. Adesso rischia di trovarsi realmente tagliato fuori.
Nei corridoi della politica l’interrogativo più ricorrente e più avvincente tra gli addetti ai lavori è il seguente: Matteo Salvini ha fatto bene a “varcare il Rubicone” aprendo di fatto la crisi, senza avere in tasca la certezza delle elezioni anticipate? La risposta prevalente è negativa: ha sbagliato i tempi della mossa e ora ne pagherà le conseguenze.
Presto per dirlo, ma per come si stanno mettendo le cose pare proprio che sia cosi. Il Capitano, stordito da sondaggi, selfie e bagni di folla in spiaggia e nelle piazze, si è sentito per un po’ il padrone dell’Italia (non era casuale la richiesta agli italiani di “pieni poteri”) ed era certo di poter dare la spallata decisiva al premier Giuseppe Conte e al mal sopportato alleato grillino. Invece, dopo la presentazione al Senato della mozione di sfiducia leghista al premier, la situazione ha preso una piega che certamente non era quella immaginata dal Capitano. Pd e Cinque Stelle come per incanto, dopo anni di accese rivalità e insulti reciproci, hanno scoperto che per le poltrone ci si può anche amare e così ecco profilarsi l’ennesimo inciucio della storia della Repubblica, con un nuovo governo, magari anche di legislatura, che blindi Sergio Mattarella per un altro settennato al Quirinale e mandi per i prossimi 4 anni all’opposizione Salvini e il centrodestra.
E’ solo un’ipotesi, s’intende, ma nella ridda di voci che si rincorrono in queste ore non è neppure tra le più inverosimili. Dunque Salvini anzitutto ha sottovalutato questa disinvoltura piddina e pentastellata nel trasformare repentinamente l’animosità in alleanza, pur di fare un altro governo e di non andare a elezioni.
Da tempo Giancarlo Giorgetti, definito non a caso il Gianni Letta del Carroccio, suggeriva al Ministro dell’Interno di rovesciare il tavolo e di tentare di andare al più presto al voto anticipato. Secondo Giorgetti sarebbe stato un buon momento quello di fine maggio, quando la Lega fece il pieno di consensi alle elezioni europee e i 5 Stelle raccolsero un misero 17%, quasi la metà dei voti presi un anno prima alle politiche. Un riequilibrio nei rapporti di forza Salvini avrebbe potuto chiederlo in quel contesto, sia con un robusto rimpasto di governo sia staccando la spina all’esecutivo. Invece ha preferito aspettare agosto, con la gente in vacanza, alquanto infastidita da questi rumori di sottofondo che arrivano dal Parlamento e dai quartieri generali dei vari partiti. Di diverso avviso è un veterano della presenza leghista in Parlamento, il senatore Roberto Calderoli, che invece difende la scelta di tempi e modi dell’apertura della crisi da parte di Salvini e si dice convinto che alla fine Pd e Cinque Stelle non riusciranno a fare il governo e si andrà presto al voto anticipato.
Ma ci sono anche altre chiavi di lettura più suggestive e dietrologiche. Neppure queste, in verità, vanno bollate come inverosimili. La prima è che Matteo Salvini abbia fatto tutto questo scientemente, simulando perfino di voler fare marcia indietro e di tornare a braccetto con i pentastellati, solo perché non vuole intestarsi la prossima manovra di bilancio, che potrebbe rivelarsi alquanto impopolare. Preferirebbe, cioè, poter avere la libertà di gridare allo scandalo di un’intesa di governo Pd-Cinque Stelle, combattendo la sua battaglia dai banchi dell’opposizione, aumentando ulteriormente i voti nel Paese per poi monetizzare elettoralmente alle prossime politiche.
La seconda, ancora più diabolica, è che Matteo Salvini abbia architettato tutta questa rottura d’intesa con Luigi Di Maio per far fuori un Conte sempre più ingombrante per tutti, vista la sua crescente popolarità e autorevolezza nelle sedi europee. Si spiegherebbe così l’offerta di premiership del Capitano a Giggino, al fine di costituire un nuovo governo Lega-Cinque Stelle, interamente politico, senza più il “tecnico” Conte, e con una più equa distribuzione di ministeri in favore della Lega. Sembra fantapolitica e si rivelerebbe tale solo se si andasse al voto anticipato, ipotesi funesta per Di Maio e soci, che si ritroverebbero davvero in grosse difficoltà.
Una cosa intanto è certa. L’autogol di Salvini ha prodotto almeno tre effetti. Ha resuscitato i Cinque Stelle, che ora possono addirittura applicare la politica andreottiana dei due forni, scegliendo partner di governo (Lega o Pd). Ha rimesso in pista perfino Matteo Renzi, che ormai era stato messo ai margini dalla nuova gestione dem targata Zingaretti e che ora, con scaltrezza, ha riacquistato un suo protagonismo. Ha infine scongelato Silvio Berlusconi, lasciandogli intendere che in caso di voto anticipato accetterebbe di trattare con lui (e con Giorgia Meloni) su collegi e posti in lista. E’ proprio il caso di dirlo, a volte anche i Capitani possono sbagliare.