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IL BELLO DELLA LITURGIA

L'Ascensione, gli inni dipinti dal Perugino

Commissionata nel 1495 dall’abate di San Pietro di Perugia, l'Ascensione, dipinta dal Perugino era una parte del polittico della chiesa benedettina. L’Ascensione è una festa. Il suo protagonista, Gesù, non abbandona i Suoi amici anzi, mostra loro la vera strada, salendo al cielo, gli indici puntati verso il Padre. 

Cultura 12_05_2018
Perugino, Ascensione

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

dal Salmo 46

La storia del polittico di San Pietro del Perugino è più che documentata. Andò cosi: nel 1495 il maestro ricevette dall’abate della chiesa benedettina di Perugia l’incarico di dipingere le tavole da inserire in una monumentale macchina di legno progettata da Giovanni Domenico da Verona e destinata all’altare maggiore, solennemente inaugurato nel 1500. I pannelli erano numerosi: quello centrale, con l’Ascensione, andava incastonato tra la cimasa, col Padre Eterno, e la predella con le storie di Cristo, lodata dal Vasari quale migliore opera di Perugino a Perugia. Quando il coro, un centinaio di anni più tardi, venne completamente ristrutturato, i dipinti furono dislocati all’interno della chiesa. Napoleone, neanche a dirlo, ne completò la dispersione, requisendoli per poi distribuirli in vari punti della Francia.

Tempi di esecuzione: due anni e mezzo. Compenso: 500 ducati. Il contratto stipulato con la committenza, molto preciso, entrava anche nel merito degli aspetti iconografici. Perugino adottò, per la tavola principale, uno schema estremamente equilibrato che replicò, visto il successo, in altre occasioni: la pala omologa conservata nel Duomo di Sansepolcro, per esempio, è pressoché identica.

La scena che ammiriamo nel museo di Lione si sviluppa attorno a un asse principale, verticale, attorno cui, simmetricamente, sono disposti angeli e apostoli immersi nel paesaggio. In lontananza si riconosce il profilo di una città fortificata sulla riva di un fiume che attraversa una valle circondata da montagne. Terra e cielo, cui la prospettiva aerea conferisce diverse sfumature di azzurro, si compenetrano attraverso l’intreccio dei gesti e degli sguardi dolcissimi tra Maria, Cristo e il Padreterno.  La grazia e la pacatezza delle posture di tutti gli astanti, tra cui non poteva mancare San Paolo, pilastro della chiesa primitiva, il disegno chiaro ed elegante, i colori brillanti ma delicatamente sfumati, sono gli ingredienti della serenità che questa composizione sprigiona, senza privarla della solennità che un evento straordinario come questo richiede.  Le figure, come il paesaggio, che in nulla sembra corrispondere al monte degli Ulivi, non sono qui ritratte dal vero, piuttosto idealizzate, seguendo un canone classico e classicheggiante di bellezza.

L’Ascensione, però, è innanzitutto una festa perché il suo protagonista, Gesù, non abbandona i Suoi amici anzi, mostra loro la vera strada, salendo al cielo, gli indici puntati verso il Padre. La Sua Presenza permane nella Chiesa, di cui Maria è figura e di cui gli Apostoli sono i primi testimoni. Una festa, dicevamo. Cristo, racchiuso in una mandorla splendente, è, infatti, circondato non solo da serafini e cherubini ma anche da un’orchestra di angeli musicanti, che Lo accompagnano sospesi, leggiadri, su soffici nuvolette. E sembrano dirci: cantate inni a Dio, cantate inni...