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CAROLA RACKETE

L'archiviazione del caso Sea Watch spalanca le porte dell'Italia

Con motivazioni quali: salvare vite in mare è "un dovere", un obbligo sancito "dal diritto nazionale e internazionale del mare", il tribunale di Agrigento archivia il caso Sea Watch. La comandante Carola Rackete non verrà processata. Una sentenza che avrà delle conseguenze politiche immediate. Demolendo, di fatto, il decreto Sicurezza voluto da Salvini nel 2019, spalanca le porte del Paese all'immigrazione illegale. Che è già in aumento vertiginoso: gli sbarchi del 2021 sono il doppio di quelli dell'anno precedente e sei volte di più di quelli del 2019. 
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Attualità 28_12_2021
Emigranti dalla Libia

Salvare vite in mare è' "un dovere", un obbligo sancito "dal diritto nazionale e internazionale del mare". Per questo Carola Rackete non ha commesso alcun reato entrando in porto a Lampedusa con i naufraghi soccorsi in mare dalla Sea-Watch 3, nave della Ong tedesca di cui la Rackete era comandante.

Con queste valutazioni è stato archiviato anche il procedimento penale nei confronti della capitana tedesca, accusata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e di aver violato l'articolo 1099 del codice di navigazione perché non obbedì all'ordine di non entrare nelle acque territoriali italiane, emesso ai sensi del Decreto Sicurezza Bis varato dal ministero dell’Interno guidato da Matteo Salvini.

La Rackete "ha agito nell'adempimento del dovere di salvataggio", spiega il gip di Agrigento Micaela Raimondo dopo che nel 2020 la Cassazione aveva sancito l'illegittimità dell'arresto dell’esponente della Ong tedesca mentre lo scorso maggio un primo provvedimento di archiviazione fece cadere le accuse di resistenza a pubblico ufficiale e violenza a nave da guerra. Di fatto il 22 dicembre si sono chiuse tutte le indagini penali nei confronti dei membri della Sea-Watch che all’epoca speronò una motovedetta della Guardia di Finanza per entrare in porto a Lampedusa e sbarcarvi i clandestini a bordo.

La richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica di Agrigento, le cui motivazioni sono state integralmente accolte dal gip nel decreto di archiviazione, riconosce la correttezza della condotta della comandante nell'individuazione del place of safety più vicino e stabilisce che la Libia non può' essere considerata, ai fini dello sbarco, un luogo sicuro. Fu quindi l'adempimento di un dovere giuridico, quello di portare in salvo le 42 persone soccorse da Sea-Watch 3, a dettare la scelta di Carola Rackete di entrare in acque territoriali italiane e attraccare al porto di Lampedusa il 29 giugno 2019.

Le motivazioni dell'archiviazione si soffermano anche sull'applicazione del Decreto Sicurezza Bis, sottoscritto dall'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che presupponeva la violazione, da parte dell'ex comandante di Sea-Watch 3, delle norme nazionali e internazionali. In realtà, si legge nel decreto di archiviazione, "Rackete ha agito nell'adempimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale ed internazionale del mare". Il decreto di archiviazione sembra dunque contestare l'applicabilità del Decreto Sicurezza Bis nel salvataggio dei migranti.

Accogliendo le motivazioni espresse dal pubblico ministero nella richiesta di archiviazione, dunque, il giudice ritiene che non esistessero elementi sufficienti a far ritenere che il passaggio di Sea-Watch 3 potesse definirsi "non inoffensivo", dal momento che la "non inoffensività del passaggio" non può essere desunta "dal solo presupposto che i naufraghi fossero tutti stranieri senza documento". Peraltro il giudice sottolinea che Carola Rackete "ha agito nell'adempimento del dovere perché non si poteva considerare luogo sicuro il porto di Tripoli". Il giudice cita un rapporto dell'Alto commissario per le Nazioni Unite che ha sottolineato "che migliaia di richiedenti asilo, rifugiati e migranti in Libia versano in condizione di detenzione arbitraria e sono sottoposti a torture". Quanto all'averli condotti in Italia, nonostante il divieto, il gip aggiunge: "La condotta risulta scriminata dalla causa di giustificazione".

Le conseguenze

L’impatto delle decisioni dei giudici di Agrigento si presta a diverse valutazioni. Innanzitutto persegue un evidente obiettivo politico, puntando a demolire pubblicamente i Decreti Sicurezza di Salvini, unica iniziativa assunta dall’Italia per fermare i flussi migratori clandestini e contrastarne gli artefici, trafficanti e Ong.

La sentenza sembra indicare che chiunque voglia portare in Italia immigrati clandestini è giustificato a speronare mezzi dello Stato e mettere a repentaglio la vita di militari italiani, mortificando così il lavoro e il ruolo di chi veste l’uniforme. Inoltre la decisione dei giudici contesta il diritto internazionale, negando la Libia come porto sicuro nonostante l’area marittima di competenza di Tripoli per la ricerca e soccorso sia riconosciuta a livello internazionale così come il governo libico ad interim mentre a Tripoli sono presenti le agenzie delle Nazioni Unite OIM e UNHCR che si occupano degli immigrati illegali.

Inevitabili le conseguenze di questa decisione giudiziaria che sottolinea il ruolo supino di Roma di fronte all’assalto alle sue coste e si aggiunge a un contesto politico in cui l’attuale governo nulla sta facendo per ostacolare i flussi migratori illegali, nonostante le continue richieste in tal senso provenienti dalla maggioranza (Lega) e dall’opposizione di Fratelli d’Italia. Negli ultimi giorni infatti gli sbarchi si sono moltiplicati: in quasi 500 sono arrivati il 26 dicembre a Crotone dalla rotta turca cresciuta quest’anno del 200% rispetto al 2020 mentre quella libica è aumentata del 300%. Cinque gli sbarchi nel crotonese nel giro di 24 ore con l’arrivo di quasi 800 clandestini.

In un centinaio sono arrivati a Lampedusa il giorno di Natale, provenienti da Bangladesh, Eritrea, Pakistan e Gambia mentre è attraccata a Trapani la nave della Ong norvegese Ocean Viking con a bordo altri 114 migranti illegali e a Pozzallo (Ragusa) è arrivata la nave Ong Sea Eye 4 con 214 clandestini. Dalla Libia sbarcheranno a breve oltre un migliaio di clandestini raccolti dalle navi delle Ong Geo Barents e Sea Watch che porteranno a quasi 68mila il numero complessivo di immigrati illegali giunti in Italia dal mare nel 2021: quasi 16mila i tunisini seguito da oltre 8mila egiziani e quasi 8mila bengalesi più iraniani, ivoriani, siriani, marocchini, guineani, eritrei. Record storico anche per i cosiddetti “minori non accompagnati” (cioè coloro che si dichiarano minori) quest’anno saliti a 9.478, più del doppio dello scorso anno e quasi 6 volte in più rispetto al 2019.

I dati complessivi del Viminale riportavano ieri che dall’inizio dell’anno sono sbarcati dal mare in Italia 66.432 clandestini (cifra che non considera quelli entrati dal confine sloveno), il doppio del 2020 (34.134) e ben sei volte di più del 2019 (11.439), anno in cui fino a inizio settembre il ministero dell’Interno venne guidato da Matteo Salvini.

Le valutazioni

Non a caso il leader della Lega ha dichiarato il 24 dicembre che quest’anno "arriviamo vicini a 70mila sbarchi clandestini. Che in periodo di Covid e di super Green Pass ci siano 70mila sbarchi clandestini, senza regole e controlli, non è rispettoso nei confronti degli italiani che stanno facendo dei sacrifici".

Mentre Fratelli d’Italia sottolinea la fallimentare gestione del Viminale da parte del ministro Luciana Lamorgese, il sottosegretario allo stesso ministero Nicola Molteni (Lega) amplia le valutazioni sull’allarme per l’immigrazione senza limiti ricordando che ai clandestini si aggiungono i 70mila ingressi regolari previsti dal nuovo decreto flussi e che le ridistribuzioni in Europa sono fallite.

In un’intervista su La Verità di ieri, Molteni ha sottolineato gli aspetti salienti della drammatica situazione migratoria. «La tragica conta di morti e dispersi in mare è arrivata a quota 1.500, il dato più alto degli ultimi anni. Le Ong sono tornate a farla da padrone nel Mediterraneo. I tunisini, che sono in testa nella classifica degli sbarchi sulle nostre coste, non scappano da guerre o da persecuzioni. E i rimpatri sono solo 3.500, meno dell’anno scorso e la metà rispetto a quelli del 2019. Un’altra stagione come questa davvero non possiamo permettercela. In questo momento ci sono altre Ong che stanno puntando verso l’Italia con carichi di migranti irregolari» - evidenzia Molteni. «L’unica soluzione è la difesa delle frontiere esterne. Non possiamo attendere che le istituzioni comunitarie decidano con i loro tempi di affrontare il problema migratorio. In periodo di Covid chiediamo agli italiani sacrifici e limitazioni e non possiamo consentire che l’immigrazione non gestita si scarichi sui territori provocando tensioni sociali. È un fenomeno che impatta con la percezione della sicurezza e, d’altra parte, su ogni tre detenuti uno è straniero».