L'annuncio di una nascita che si diffonde come un'eco
Pensieri e riflessioni nell'Ottava di Natale. La Chiesa ha dedicato tre Messe nel giorno di Natale, per celebrare i 3 aspetti del magnum mysterium: la generazione eterna del Figlio; quella nel tempo dalla Vergine e la pienezza della divinità nell'umanità. Un'adorazione che si espande come un'eco nell'Ottava che viviamo e perdura oltre l'Epifania.
C’era una volta il Proprium Missae. Veramente esiste ancora e si chiama ancora così in entrambe le forme del Rito romano, ma, per la sorte che gli è toccata, non si capisce perché continui ad essere denominato “Proprio”. Stiamo parlando di quelle parti della Messa che sono appunto proprie di una festa, di una domenica, di una feria, a differenza dell’Ordinario, che ritroviamo in tutte le celebrazioni eucaristiche (Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus, Agnus Dei). Il Proprio (Antiphona ad Introitum, Graduale, Alleluja o Tractus, Antiphona ad Offertorium, Antiphona ad Communionem) è divenuto purtroppo il grande assente: è rarissimo trovare Messe in cui venga cantato. Eppure è il Proprio a dare il colore, la tonalità di una festa, in particolare l’Introitus.
Da anni ho la grazia di partecipare alla Messa di mezzanotte di Natale e di cantarne l’Introito: Dominus dixit ad me: Filius meus es tu, ego hodie genui te (Il Signore mi ha detto: tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato). La liturgia romana trae dal Salmo 2 un versetto pregnante, per esprimere la generazione eterna del Figlio; questa generazione che è ancora nascosta nel seno del Padre, che ancora non rifulge sul mondo. Deum de Deo: è il Padre che “dice” al Figlio, che “dice” il Figlio, perché il Figlio è generato come Verbo, come Parola. La Messa di mezzanotte ci trasporta in sinu Patris, nella Natività intra-trinitaria, e lo fa mediante questa antifona stupenda, che canta il più grande mistero con una semplicità sconcertante.
L’essenziale dell’antifona si svolge nell’intervallo re-fa e la sua massima estensione raggiunge il do- sol: è in questo modo sobrio che il canto esprime la semplicità di Dio. La seconda Messa, quella dell’Aurora, celebra questo Figlio eterno che “esce” dal seno del Padre e si effonde nel mondo come luce, dando vita ad una nuova creazione. La prima creazione ha origine nel Fiat lux genesiaco, la seconda, inaugurata dall’Incarnazione, dall’apparire di colui che è Lumen de Lumine. L’antifona della seconda Messa, ispirandosi ad Isaia 9, canta infatti: Lux fulgebit hodie super nos: quia natus est nobis Dominus: et vocabitur Admirabilis Deus, Princeps pacis, Pater futuri saeculi: cuius regni non erit finis (Oggi la luce splenderà su di noi, perché è nato per noi il Signore e sarà chiamato Dio ammirabile, Principe della pace, Padre del secolo futuro ed il suo regno non avrà fine).
E infine la Messa del giorno manifesta al mondo questo Figlio benedetto e lo mostra come vero uomo infante, il nuovo Adamo posto al vertice della nuova creazione, nel quale abita la pienezza della divinità: Deum verum de Deo vero. L’Introito, iniziando quasi come uno squillo di tromba, ispirandosi ancora una volta al capitolo 9 del profeta Isaia, canta: Puer natus est nobis, et filius datus est nobis: cuius imperium super humerum eius: et vocabitur nomen eius, magni consilii Angelus ("Un bambino è nato per noi e ci è stato dato un figlio, il segno della sovranità è sulle sue spalle e sarà chiamato con il nome di Angelo del gran consiglio"). Da notare come nelle due Messe diurne, il testo dell’Introito contenga un chiaro riferimento al “destino” di questo Figlio e cioè la sua sovranità, ora incipiente e che si compirà pienamente alla fine dei tempi.
La Chiesa nel tempo ha dunque voluto dedicare tre Messe nel giorno di Natale, per celebrare un aspetto diverso di questo magnum mysterium: la generazione eterna del Figlio, perché “in principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv. 1, 1); la sua generazione nel tempo dalla Vergine, come “luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv. 1, 9); e ancora, la pienezza della divinità in questa umanità, perché “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv. 1, 14).
L’origine storica di queste tre Messe affonda nei primi secoli della chiesa romana. Probabilmente traendo ispirazione dall’uso della chiesa di Gerusalemme di celebrare la Divina liturgia nella notte del 6 gennaio a Betlemme, per poi andare a Gerusalemme in processione e celebrare nuovamente i Santi Misteri della chiesa della Risurrezione, la chiesa di Roma celebrava la Messa di mezzanotte nella Basilica di Santa Maria Maggiore, detta anche ad Praesepem per la presenza delle reliquie della mangiatoia dove venne deposto il Salvatore. Quest’uso risale almeno al periodo in cui papa Sisto III ordinò il restauro dell’antica chiesa (434-440). Intorno al 550 iniziò la tradizione della seconda Messa, detta in Aurora, appunto perché deve avvenire in prossimità del sorgere del sole, e celebrata nella basilica di Sant’Anastasia al Palatino. Questa chiesa fu probabilmente scelta per l’assonanza con il termine greco di “risurrezione” (la Basilica di Gerusalemme dove si celebrava questa seconda Messa), e cioè Anastasis. Il sole che sorge è il segno cosmico più eloquente della venuta nel mondo come luce del Verbo divino, che è appunto salutato ogni mattina nel cantico del Benedictus come colui “che verrà a visitarci dall’alto [come] un sole che sorge” (Lc. 1, 78). Infine la terza Messa, in die sancto, era celebrata in San Pietro, quando il sole già correva verso il punto più alto. Per questo nelle altre antifone del Proprio della Missa in die si canta l’effondersi della pienezza di questa luce di salvezza su tutta la terra. Per esempio, nella prima parte del Graduale e dell’antifona alla Comunione troviamo: Viderunt omnes fines terrae salutare Dei nostri (tutti i confini della terra hanno visto la salvezza del nostro Dio).
L’uso delle tre Messe di Natale, originariamente, era privilegio del Papa; poi divenne gradualmente possibilità di ogni sacerdote. La prima attestazione di questo ampliamento dell’uso l’abbiamo a Cluny, nella prima metà del XII sec.
Se alla celebrazione delle tre Messe aggiungiamo la preghiera del Mattutino, delle Lodi e poi delle Ore minori, fino al Vespro del pomeriggio di Natale, possiamo capire come la liturgia della Chiesa non riesca a contenere la sua ammirazione, la sua adorazione, il suo giubilo per un così grande mistero, invitando i suoi figli ad unirsi a questa preghiera quasi ininterrotta. Anche per questo dilata il giorno di Natale nella sua Ottava e poi continua ancora l’eco di questa esultanza e la penetrazione del mistero per tutto il tempo natalizio. Per i cristiani, allora, non vale il detto: “l’Epifania tutte le feste porta via”!