L'anima ottocentesca di Gramellini
In uno dei suoi tipici presuntuosi corsivi, l'editorialista de La Stampa tratteggia un'immagine della colpa e del perdono cristiani degna dei peggiori autori anticlericali dell'Italietta post-risorgimentale. Ennesima testimonianza del livello di ignoranza che alberga nella razza padrona dei giornali italiani.
«Se oggi esiste un’immagine che riflette l’anima profondamente cattolica del nostro Paese è quella di un immenso scusificio, dove si sbaglia e ci si scusa quasi in contemporanea e con assoluta nonchalance, pur di poter tornare a peccare al più presto in santa pace»: così parlò Massimo Gramellini nel suo «Buongiorno» su La Stampa dell’altro ieri.
Che dire? Gramellini è un torinese che scrive sul quotidiano di Torino, la città più ottocentesca d’Italia, ma ciò non basta a giustificare il trascinamento fino al secolo XXI di luoghi comuni che erano il peggio del secolo XIX. In una rubrica il cui tratto tipico è la presunzione mascherata da ironia l’uomo non è nuovo a cantonate del genere.
Solo pochi giorni prima in un altro «Buongiorno» aveva scritto che la mancata legalizzazione delle unioni omosessuali sussiste «ormai solo in questa nazione che ha la ventura di confinare con il Vaticano» dimostrando così di non sapere che sono 12 gli Stati membri dell’Unione Europea dove tale legalizzazione né esiste, né si prospetta. Tra questi la Slovenia, che ha la ventura di confinare con l’Italia, dove l’anno scorso un referendum popolare l’ha abrogato a grande maggioranza pochi mesi dopo la sua entrata in vigore. E d’altra parte il matrimonio omosessuale esiste soltanto in circa 20 dei 200 Paesi membri delle Nazioni Unite, essendo in realtà un fenomeno per così dire regionale. I Paesi dove vige sono infatti per due terzi Stati rivieraschi del Nord Atlantico.
Torniamo però all’anima cattolica così come se la immagina Gramellini. Idee del genere si possono storicamente capire, ma non per questo giustificare, in autori anticlericali dell’Italietta post-risorgimentale. Si può storicamente capire che potesse pensarla così uno come Giosuè Carducci, la cui idea di Medioevo non troverebbe oggi accoglienza nemmeno nel peggior manuale di storia della scuola d’obbligo, e la cui “Ode a Satana” oggi fa quasi tenerezza se non fosse per i germi, che già vi s’intravvedono, degli orrori delle ideologie del secolo XX.
Come è possibile invece che un contemporaneo - alfabeta per definizione trattandosi di un collega giornalista - sia riuscito ad attraversare l’ultimo mezzo secolo senza mai avere né ascoltato né letto nulla di minimamente preciso in tema di colpa e di perdono dal punto di vista cristiano? Quindi evidentemente anche senza essersi minimamente documentato sul cristianesimo, sulla Chiesa, sull’esperienza cristiana in genere, e sulla sua presenza nel passato e nel presente del mondo in cui viviamo? Occorre davvero avere una non comune capacità di chiudere testa, occhi e orecchi; di diventare insomma un concentrato delle proverbiali tre scimmiette.
Purtroppo però è questo il livello generale della razza padrona dei giornali e dei telegiornali che contano non solo in Italia ma anche nell’Occidente in genere. Di qui oggi la necessità di costruirsi, con letture di base e attingendo a fonti alternative tramite Internet, tutto ciò che occorre per poter usare senza danni i grandi giornali e telegiornali soprattutto come semplice segnale che qualcosa è accaduto o è stato detto. Che cosa poi sia effettivamente accaduto, che cosa è stato effettivamente detto va cercato altrove.