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NUMERI BUGIARDI

L'altro vizietto dei gay: taroccare le statistiche

I gay con i numeri proprio non vanno d'accordo. Oppure fanno apposta a ingarbugliare le cifre. Dicono che in Italia la popolazione omosessuale sia attorno al 7%».  E va già bene, perché la fola ripetuta fino allo sfinimento è anche superiore: il 10% della popolazione mondiale. Ma non è vero.

Famiglia 03_08_2014
Manifestazione gay

Gabriele Mangiarotti su queste stesse pagine ha riferito dell’avanzata della “cultura” Lgbt pure nella romita rocca di San Marino (della serie: non si butta via nulla) e del politico locale che ha affermato, in un inciso: «considerando il dato Istat secondo cui in Italia la popolazione omosessuale è attorno al 7%». Chissà dove l’ha visto questo «dato Istat». E va già bene, perché la fola ripetuta fino allo sfinimento è anche superiore: il 10% della popolazione mondiale di ieri, oggi e domani è stata, è e sarà costituita da omo. Ma davvero gli omosessuali sono il dieci per cento della popolazione mondiale? 

Com’è noto, a furia di sentire sparare una cifra si può finire per crederci. Anche il britannico Cameron prese per buoni i numeri forniti dalle associazioni Lgbt, secondo cui gli omosex inglesi erano tre milioni, il 6%, e finì con lo spaccare il suo stesso partito. Solo che, a cose fatte, il 3 ottobre 2013 l’Office of National Statistics gli fece sapere che la cifra giusta era 545 mila, l’1,1%. Poiché molti conservatori avevano sbattuto la porta, Cameron ammise alla Bbc di essersi sbagliato in buona fede. 

La guerra delle cifre, in tema, parte dai soliti Usa, dove il movimento dell’orgoglio gay aveva addirittura una rivista «Ten percent». Si era sbagliato pure lui, perché si era fidato del famigerato Rapporto Kinsey del 1948. Era stato Kinsey a sparare il «dieci per cento circa degli americani». E subito si erano levate grida di trionfo, continuamente ripetute e rimbalzate fino a diventare verità inconcussa. Studi specifici successivi (specialmente quelli commissionati da Clinton quando si accorse di non poter mantenere le promesse fatte alle lobby di settore che lo avevano sostenuto) chiarirono che, sì, Kinsey aveva intervistato 5.300 individui, ma il 25% erano detenuti. Per giunta, non aveva chiesto loro se erano omosessuali ma se avevano avuto esperienze omo. Il che in carcere era molto più probabile che altrove. Da questa ricerca farlocca Kinsey estrapolò il dato del dieci per cento. Anche se, esattamente, disse che il dieci per cento dei maschi bianchi americani tra i 16 e i 65 anni erano stati omosessuali per almeno tre anni della loro vita. 

Uno studio più accurato condotto dal 1984 al 1987 dallo specialista David Forman del Radcliffe Infirmary di Oxford trovò che solo l’1,7% del campione studiato aveva avuto rapporti omosessuali. E nel 1990 l’Università di Chicago riportò una cifra inferiore all’1% per quanto riguardava le persone esclusivamente omosessuali. Finale: ormai il Rapporto Kinsey è così screditato in campo scientifico da non meritare attenzione. Per quanto riguarda il dibattito politico (politico, si badi) odierno, è giusto che ogni minoranza abbia la sua tutela, ma è anche corretto che se ne conosca la effettiva consistenza. Noi italiani non siamo nuovi a cifre-slogan che non molti sono in grado di verificare. I più anziani tra noi forse ricordano le famose «ventimila» vittime annuali di aborto clandestino, negli stessi anni in cui l’Istat certificava solo qualcosa di più di 11.500 italiane in età fertile morte per ogni causa, dal decesso naturale all’incidente stradale. 

Ognuno, si sa, porta l’acqua al suo mulino come può, ed è normale che sia così. Ma spesso chi grida di più finisce per far ritenere un’emergenza nazionale (o mondiale) quella che è solo un’esigenza di parte. Così, l’opinione pubblica, ma anche i politici e i giornalisti che non hanno tempo di compulsare statistiche,  non viene informata ma solo tirata per la giacchetta.