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lettera aperta

L’altro Boff ai vescovi del Celam: dite qualcosa di cattolico

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Padre Clodovis è fratello del più noto Leonardo, esponente di punta della teologia della liberazione. Lui invece ha cambiato strada e chiede all’episcopato dell’America Latina di piantarla con i ritornelli sociali e di tornare a parlare di Cristo e annunciare la salvezza.

Editoriali 24_07_2025 English Español

Padre Clodovis Boff, dei Servi di Maria, fratello di Leonardo Boff – uno dei più noti esponenti della teologia della liberazione – ha scritto una Lettera aperta ai Vescovi latino-americani e dei Caraibi. Un gesto inusitato e coraggioso che ha subito fatto il giro del mondo, come capita quando qualcuno parla chiaro e dice cose fin troppo evidenti in sé, anche se trascurate dai più.
La Lettera è datata 15 giugno e l’occasione è stata la conclusione della 40ma Assemblea generale del Celam, il Consiglio di tutti i vescovi dell’America Latina e dei Caraibi, e la lettura del documento finale che riassumeva i lavori dell’assise.

L’osservazione centrale di Boff è che quel documento non parla di Dio e di Cristo – nel testo appena nominati di sfuggita – e, come ormai avviene almeno dall’Assemblea di Medellin del 1969, si limita a parlare delle sfide sociali ed economiche e a prefigurare una Chiesa «misericordiosa, sinodale e in uscita … una Chiesa che ascolta e impara dalla luce che lo Spirito offre a tutto il popolo di Dio, che si lascia interpellare dalle grida del popolo e ha il coraggio di impegnarsi con esso»: «Cari fratelli maggiori – osserva padre Clodovis –, non vedete che questa musica sta diventando noiosa? Quando ci darete la buona novella su Dio Padre, Cristo e il suo Spirito? Sulla grazia e la salvezza? Sulla conversione del cuore e la meditazione della Parola? Sulla preghiera e l'adorazione, la devozione alla Madre del Signore e altri temi simili? Infine, quando ci annuncerete un messaggio veramente religioso e spirituale?». «Leggo il vostro elenco delle "grida" e delle "sfide" odierne e vedo che non è altro che ciò che dicono giornalisti e sociologi comuni». «Non è inutile ricordare qui che la Chiesa è, soprattutto, un "sacramento di salvezza" e non una mera istituzione sociale, progressista o no». Da cui, secondo Boff, le conseguenze: «La nostra Chiesa sta perdendo le sue pecore. Vediamo chiese, seminari e conventi vuoti intorno a noi. Nella nostra America, sette o otto paesi non hanno più una maggioranza cattolica. Il Brasile stesso è sulla buona strada per diventare "il più grande Paese ex cattolico del mondo».

In sintesi, la Lettera denuncia la linea secolarizzante della Chiesa dell’America Latina – «ripetete sempre lo stesso ritornello: sociale, sociale, sociale. Lo fate da più di cinquant'anni» prodotta soprattutto dalla teologia della liberazione, dalla quale il fratello di Leonardo Boff si era da tempo allontanato. L’impianto della teologia della liberazione comportava fin dall’inizio la secolarizzazione della fede cristiana, sulla linea della nuova teologia postconciliare, soprattutto tedesca: Harvey Cox e Johann Baptist Metz avevano sdoganato la secolarizzazione presentandola come cristiana e irreversibile. Quel “sociale, sociale, sociale” segnalato ora da padre Clodovis nasceva da lì. Per questo si può dire che la secolarizzazione della fede ridotta a impegno di liberazione e della teologia ridotta a “teologia politica” siano la conclusione necessaria delle premesse.

Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano tentato di correggere questa impostazione. Il primo si recò alla Conferenza del Celam a Puebla nel 1979 e propose la Dottrina sociale della Chiesa come alternativa alla teologia della liberazione. Andò anche all’Assemblea di Santo Domingo nel 1992, ed infatti in quell’occasione il documento finale conteneva delle significative correzioni di rotta. Nel maggio 1996 il cardinale Ratzinger tenne una conferenza a Guadalajara (Messico) dal titolo “La fede e la teologia ai giorni nostri”. Qui egli parlò proprio dell’effetto secolarizzante della teologia della liberazione, sostenendo che il suo effetto era stato di desacralizzare la società latino-americana, favorendo il relativismo come filosofia dominante: «la redenzione diventa un problema politico». Questa teologia, secondo lui, ha lasciato un terreno devastato senza aver costruito, ha preteso la salvezza da quanto invece doveva venire salvato, ha insegnato ai fedeli a dubitare secondo la filosofia del sospetto di origine marxista.  Ratzinger, divenuto papa Benedetto XVI, si recò all’Assemblea di Aparecida del 2007 e lì contestò il principio stesso della teologia della liberazione, sostenendo che il luogo teologico non sono i poveri e la prassi di liberazione ma la fede apostolica: sarebbe bastato seguire questa indicazione per cambiare strada.

Le sottolineature critiche contenute in questa Lettera di Padre Clodovis ai suoi fratelli vescovi hanno un significato anche più ampio del solo contesto latino-americano, già di per sé molto ampio. Tutta la nuova teologia, di cui quella della liberazione è solo un episodio, ha sostituito la storia alla natura e la prassi alla verità, per riprendere le parole di Ratzinger a Guadalajara. Tutta questa nuova teologia è secolarizzata e secolarizzante e, di conseguenza, pressoché tutte le Conferenze episcopali, e non solo il Celam, pur con le dovute differenze, parlano dell’uomo e non più di Dio. Basta ascoltare i messaggi di quella italiana. Anche Francesco, nonostante i suoi periodici spot per ricordare che la Chiesa non è una Ong, ha ampiamente fatto propria questa prospettiva secolarizzata della fede. Proprio in questo sta la forza della denuncia contenuta in questa Lettera, mite nell’espressione di un Servita, ma esigente nell’esprimere un bisogno di conversione.



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