L'agonia della Siria: bimbi uccisi per strada
“I jihadisti risparmieranno i cristiani di Aleppo? Certamente no...”. É un titolo del quotidiano libanese l'Orient le Jour e dice più di ogni altra considerazione la tragedia che in queste ore sta vivendo la città martire di Aleppo.
«Da giovedì sera, i rifornimenti sono cessati. Non abbiamo più benzina, gasolio, prodotti freschi (frutta, verdura e carne) e il pane è diventato raro. Gli abitanti sono molto preoccupati per il loro futuro immediato. Perché i governi occidentali non protestano, non si indignano, non minacciano, non presentano una risoluzione al consiglio di sicurezza dell'Onu per chiedere la revoca del blocco di Aleppo (ovest), che conta 1.500.000 abitanti? Come avevano fatto dieci giorni fa quando l'esercito siriano circondava Aleppo est pretendendo la sopravvivenza dei 250.000 abitanti di quella zona...».
Scrive dalla parte di Aleppo controllata dall'esercito siriano il dottor NabilAntaki, della comunità cattolica dei Maristi Blu, una delle voci che in questi anni ha raccontato con costanza dall'interno il dramma di Aleppo. Sul sito Oraprosiria in queste ore racconta l'ennesimo tornante paradossale dell'odissea della seconda città della Siria: la guerra riportata dentro la città in questi ultimi giorni ha fatto precipitare nel baratro tutti; tanto quelli che abitano a est, nelle aree sotto il controllo dei ribelli, quanto quelli (la maggioranza) che stanno a ovest, nelle zone governative.
Nel tentativo di rompere l'assedio, infatti, la controffensiva delle forze anti-Assad è riuscita a interrompere a sud l'arteria che garantisce i rifornimenti e il passaggio delle persone da Homs e Damasco. Quindi, come in un drammatico giro di giostra, le sofferenze sono ricominciate anche dall'altra parte. Senza però ovviamente finire a est, dal momento che l'aviazione governativa continua a martellare le postazioni ribelli.
Al di là di ogni considerazione politico-militare il risultato è la catastrofe umanitaria per tutta Aleppo. Di qui l'appello che le Nazioni Unite alla fine hanno lanciato per una tregua di 48 ore che consenta perlomeno i rifornimenti di carburante e medicinali. Carburante che anche per Aleppo ovest è vitale; perché quelle forze che nelle scorse settimane denunciavano la crudeltà dell'assedio imposto dal regime di Assad sono le stesse che dal 2012 fino all'altro-ieri, quando il vento sembrava soffiare dalla loro parte, avevano sistematicamente ridotto al buio e alla sete chi stava dall'altra parte, per piegarne la resistenza. Quindi - come racconta Nabil Antaki nella sua testimonianza - tuttora i generatori a gasolio sono l'unica possibilità per avere un po' di corrente e attingere l'acqua almeno dai pozzi.
La guerra, dunque, è oggi ovunque ad Aleppo. Ma proprio i quartieri dove vivono i circa 40 mila cristiani rimasti (contro i 160 mila di prima della guerra) sono tra i più esposti ai bombardamenti e alle ritorsioni violente. «Ho visitato Aleppo alla fine di maggio», ha raccontato l'altro giorno alla Radio Vaticana il nunzio apostolico a Damasco, monsignor Mario Zenari. «I quartieri cristiani sono posti proprio sulla linea di demarcazione; lì ho visto le nostre cattedrali, come anche quelle ortodosse, distrutte: una cosa impressionante. I cristiani delle nostre comunità di Aleppo sono attualmente quelli più esposti a tiri di mortai e bombe».
Per questo da Parigi l'altro giorno l'Oeuvre d'Orient, il più importante organismo di solidarietà con i cristiani d'Oriente, ha lanciato un appello quanto mai accorato: «Ci appelliamo ai responsabili politici francesi e alle autorità internazionali», ha scritto monsignor Pascal Gollnisch, «perché prendano delle iniziative concrete per fermare il conflitto nella città di Aleppo. Siamo particolarmente preoccupati per il possibile ingresso dei combattenti salafiti e jihadisti nei quartieri della città abitati dai cristiani. C'è un'urgenza assoluta di agire».
Ieri poi il sito del quotidiano libanese l'Orient le Jour - in maniera eloquente - riportava una sua corrispondenza allarmata dalla città in guerra sotto l'eloquente titolo: “I jihadisti risparmieranno i cristiani di Aleppo? Certamente no...”. Questa è la percezione che ad Aleppo Ovest si ha dell'offensiva lanciata dal fronte anti Assad. Un'avanzata guidata dalle milizie islamiste più fanatiche che ai cristiani non lascerebbe alcuno scampo; altro che una “liberazione”.
Oggi ci si chiede se potranno essere l'appello dell'Onu o il vertice tra Putin ed Erdogan a fermare questa follia. Da Aleppo - però - a chi gli domanda della tregua il parroco latino, il francescano padre Ibrahim Alsabagh, si mostra dubbioso: «Abbiamo sentito che è previsto l'arrivo di tanti militari da ogni parte verso Aleppo», racconta ancora a Radio Vaticana, «non è l'aria che prepara una tregua. L'esercito vuole riprendere le parti che ha perso negli ultimi giorni, mentre questi gruppi militari si preparano ad avanzare ulteriormente, verso Hamadaniya e verso tutta la parte ovest della città».
Racconta che comunque da oggi loro ricominceranno lo stesso a distribuire il pacco mensile dei viveri alle famiglie bisognose. «È un miracolo e una provvidenza divina che siamo riusciti a comprare tutto il materiale prima della chiusura della strada principale». «Veramente non sappiamo che cosa potrà succedere», conclude. «Abbiamo detto a tutti che vogliamo digiunare e pregare in queste prossime 72 ore, perché la volontà della pace regni sempre e perché vinca sull'altra volontà, quella della guerra».