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L’affaire Sangiuliano-Boccia si decide sui social

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Potrà sembrare un paradosso ma non lo è: Maria Rosaria Boccia, con un semplice telefonino può tenere in ostaggio un Governo e l’intero mondo dell’informazione, che va a rimorchio dei suoi post. 

Editoriali 06_09_2024

L’interrogativo più ricorrente nel dibattito sull’affaire Sangiuliano-Boccia è se il ministro e il governo siano ricattabili, cioè se la presunta consulente del Ministero della cultura abbia o no in mano materiali piccanti e in grado di turbare seriamente la vita delle istituzioni. Certo è che il Ministro della Cultura non ha buoni consiglieri per la comunicazione, perché la linea di difesa da lui seguita fin qui fa acqua da tutte le parti, oltre che essere offensiva nei confronti degli italiani, costretti a digerire un’"intervista" (le virgolette sono d’obbligo) di 17 minuti al Tg1 in prima serata condita da pentimenti e lacrime di coccodrillo.

Ai cittadini che pagano il canone per la tv pubblica è stata proposta una versione dei fatti senza contraddittorio ed è stato regalato un palcoscenico formidabile a un Ministro che, comunque vada a finire questa vicenda, non verrà certamente rimpianto per le sue azioni quando uscirà di scena. Tra gli errori madornali della strategia di comunicazione di Sangiuliano c’è quello di chiedere indulgenza per una relazione amorosa che lui ha ufficializzato davanti a tre milioni di italiani, mentre la Boccia, dimostrando maggiore riservatezza sul punto, non l’aveva mai comunicata, insistendo giustamente sugli aspetti professionali, come si conviene a una vicenda che potrebbe avere anche serie implicazioni legali.

Il punto cruciale, infatti, è se abbia o no rilievo giuridico l’aver consentito, da parte di Sangiuliano, l’accesso a riunioni e documenti riservati del Ministero a una donna non contrattualizzata e non inquadrata in nessun modo tra i collaboratori del Ministro. C’è dunque grande preoccupazione negli ambienti governativi per la denuncia presentata in Procura da Angelo Bonelli (Alleanza verdi sinistra), che ieri ha dichiarato: «Ho consegnato al posto di polizia di Montecitorio un esposto che riguarda la vicenda Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia. Ieri ho visto e ascoltato l’imbarazzante intervista di Sangiuliano il quale non deve chiedere scusa né a Giorgia Meloni né a sua moglie, deve chiedere scusa agli italiani perché accreditare la dottoressa Boccia, che non aveva nessun ruolo, al ministero utilizzando mezzi e servizi dello Stato, portandola ospite di organizzazioni di enti locali e facendo sì che questa dottoressa venisse a conoscenza di atti riservati di pubbliche amministrazioni e dello Stato, è un fatto di una gravità inaudita. Siccome la premier Meloni difende l’indifendibile ancora una volta non rimane che rivolgermi all’autorità giudiziaria».

Fin qui l’evoluzione dei fatti, che certamente regalerà altre sorprese nelle prossime ore. Nel frattempo, però, una riflessione sul ruolo dei media in questa squallidissima vicenda s’impone. Della partigianeria smaccata e stucchevole del Tg1 e, in generale, della tv pubblica, oltre che dei giornali di centrodestra (Libero, Giornale, Il Tempo, La Verità) e di quelli del gruppo Caltagirone (Messaggero, Mattino e Gazzettino) si è detto.

Ma - c’è da chiedersi - questo bombardamento mediatico pro-Sangiuliano è più o meno incisivo sull’opinione pubblica rispetto a quello via social portato avanti dalla Boccia e da chi la ritiene parte lesa in questa vicenda? Un segno inequivocabile dei tempi è che il seguito della Boccia sui social è assai maggiore di quello dei media tradizionali e raggiunge fasce di pubblico che da tempo la tv e i giornali non intercettano, soprattutto giovani e persone libere e fuori dagli schemi. Ecco perché - potrà sembrare un paradosso ma non lo è affatto - Maria Rosaria Boccia, con un semplice telefonino, alimentando il suo profilo Instagram, può tenere in ostaggio un Ministro, un Presidente del consiglio, un Governo, e perfino l’intero mondo dell’informazione, che va a rimorchio dei suoi post e delle sue storie social.

Quello che l’influencer ha sin qui scritto e tutto il resto che lascia intendere di poter scrivere e pubblicare diventa assai più rilevante di una confessione strappalacrime come quella dell’altra sera di Sangiuliano, perché trasuda libertà, spontaneità, veridicità assai più della versione ufficiale dei fatti che fonti governative si ostinano a dare.

Mentre i media tradizionali filogovernativi orchestrano un plotone di esecuzione volto a screditare la figura di Maria Rosaria Boccia, quest’ultima, con mezzi modesti, un semplice account Instagram, tiene botta e smaschera con post, screenshot, video, audio, l’incoerenza e la disonestà intellettuale del potere costituito.

Maria Rosaria Boccia non ha bisogno di rilasciare interviste in tv o sui giornali, anche se ieri l’ha fatto per la prima volta sul quotidiano La Stampa. Il suo seguito lo costruisce e lo coltiva col suo smartphone, peraltro con un’agilità di pubblicazione infinitamente superiore a quella di altri strumenti di comunicazione. I social possono non avere filtri, non sono granchè vincolati al rispetto di normative come quelle che limitano la libertà di giornali, radio e televisioni. Pubblicare contenuti scomodi per qualcuno è assai più semplice e immediato nel mondo social, con effetti dirompenti sull’opinione pubblica.

È quindi assai probabile che ad avere la meglio in questa vicenda sarà proprio chi ha usato con scaltrezza e spregiudicatezza i social rispetto a chi ha sperato ingenuamente di manipolare l’opinione pubblica attraverso i media tradizionali.