La vera riforma della Chiesa
Dal momento dell'elezione di papa Francesco i soliti opinionisti e intellettuali si sono sbizzarriti nel prevedere le riforme che porterà nel campo della morale. I suoi precedenti dicono che costoro saranno presto delusi. Ma la riforma a cui ci chiama è ben più impegnativa...
«Se non confessiamo Gesù Cristo, diventeremo una Ong assistenziale ma non la Chiesa, sposa del Signore». Papa Francesco, nella sua prima omelia da Sommo Pontefice, ha chiarito subito che la vera riforma nella Chiesa è la fede, e la testimonianza della fede. E in questo si è messo nel solco già tracciato da Benedetto XVI che, non per niente, aveva indetto l’Anno della Fede rilevando proprio nella mancanza di questa virtù teologale la vera radice della crisi, sia della Chiesa sia del mondo.
Ciò non toglie che anche papa Bergoglio darà una sua impronta particolare a questo cammino, ma allo stesso tempo è chiaro che condivide con chi l’ha preceduto il giudizio più profondo sulla realtà attuale.
E’ giusto metterlo in evidenza perché in queste poche ore dalla sua elezione c’è stato un diluvio di commenti e analisi da parte soprattutto dei soliti noti, che hanno tentato di arruolare Jorge Mario Bergoglio nel partito del progressismo estremo, alimentando l’attesa di riforme radicali soprattutto nel campo della morale (per alcuni sembra proprio che questa sia l’unica preoccupazione).
In realtà è bene chiarire che il curriculum di papa Bergoglio al proposito parla ben chiaro: sulla ferma opposizione a qualsiasi riconoscimento delle coppie gay, abbiamo pubblicato ieri un suo eloquente intervento, ma Bergoglio – da arcivescovo di Buenos Aires e primate della Chiesa argentina - si è anche distinto per le sue nette prese di posizione contro l’aborto e l’eutanasia.
In un discorso rivolto a preti e laici argentini, il 2 ottobre 2007, l’allora cardinale Bergoglio si espresse a difesa della vita nascente anche in caso di violenza sessuale: «Noi non siamo d’accordo con la pena di morte – disse -; ma in Argentina abbiamo la pena di morte. Un bambino concepito a causa dello stupro di una donna con problemi mentali può essere condannato a morte». Nello stesso tempo ha avuto grande attenzione nella promozione della dignità della donna, e soprattutto delle donne in attesa di un figlio, per le quali ha istituito una speciale benedizione.
Inoltre, sempre nel 2007, è stato proprio il cardinale Bergoglio a presentare – a nome dei vescovi dell’America Latina – l’«Aparecida Document» sulla situazione della Chiesa in quei paesi. Ebbene, in quel documento – approvato poi da papa Benedetto XVI – si prevede che sia proibito accostarsi all’Eucarestia per tutti coloro che istigano all’aborto, politici in testa. Dice infatti il paragrafo 436 della necessità di una «coerenza eucaristica»: «Non si può ricevere la Santa Comunione e nello stesso tempo agire o parlare contro i comandamenti, in particolare quando sono facilitati l’aborto, l’eutanasia e altri seri crimini contro la vita e la famiglia. Questa responsabilità si applica in modo particolare a legislatori, governanti e personale sanitario».
Allo stesso modo ha denunciato l’abbandono al loro destino degli anziani, che invece di essere considerati un «deposito di saggezza» per la società vengono trattati come un fardello che porta i servizi sociali a praticare una sorta di «eutanasia clandestina» garantendo servizi soltanto fino a un certo punto.
Ha anche negato la possibilità di mettere in discussione il celibato dei preti quale rimedio alla piaga dei preti pedofili. In un libro-intervista uscito di recente in Argentina, El Jesuita, afferma chiaramente che «Se c'è un prete pedofilo è perché porta in sé la perversione prima di essere ordinato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la si ha o non la si ha».
Insomma, chi identifica la riforma della Chiesa con queste false aperture alla modernità – che peraltro hanno già costituito una disgrazia per le altre denominazioni cristiane – sarà ben presto disilluso.
La riforma che intende papa Francesco è ben più ardua, è la strada della Croce (lo ha detto ieri chiaramente ai cardinali), è la conversione: e qui non servono sterili rivendicazioni di presunti diritti, ma il riconoscersi anzitutto bisognosi di essere salvati.