La surreale Cina di "Superquark"
La trasmissione di Piero Angela tace sull'aborto obbligatorio dopo il primo figlio, sul "gendercidio" che falcidia
le bimbe, sulle esecuzioni capitali.
Ieri sera, giovedì 14 luglio, Rai1 ha mandato in onda l’ennesima puntata, estiva, di Superquark, il programma condotto da Piero Angela. Nella rubrica Scienza e società, secondo titolo del sommario, è stato trasmetto un documentario dedicato al nuovo censimento nella Cina del boom economico, conclusosi da poche settimane.
I cinesi, ha detto la voce fuori campo, sono più di un miliardo e trecento milioni. Tantissimi. A metterci una pezza, ha proseguito la voce narrante, ci ha però pensato il governo, che da decenni limita le nascite a un solo figlio per coppia. Unico problema, ha rintuzzato la voce, è che così si produce un progressivo invecchiamento della popolazione: statisticamente parlando, infatti, i cinesi giovani sono oggi meno di ieri e quelli anziani di più. Fine.
Non una parola del fatto che - ormai lo sanno anche i sassi - la politica cinese del figlio unico si fonda sull’imposizione alle madri dell’aborto di Stato, con pene severe, tra cui multe, vessazioni e arresti, per chi coprisse - i padri o i genitori e i parenti della madre - le violazioni, vale a dire la messa al mondo di un bambino in più. Nessuna parola su questa colossale piaga che insanguina da decenni il Paese, che si dice essere stata sospesa o frenata, e che invece prosegue alacremente soprattutto nei quartieri meno visibili della sterminata provincia cinese dove nessuno sa realmente cosa accada. Nessuna parola sulle sofferenze, sulle angherie, sulle discriminazioni e sulle violazioni della dignità umana che la politica del figlio unico impone totalitariamente alle famiglie cinesi. Nessuna parola sul grande tributo pagato dalla Cina all’olocausto dell’aborto e nessuna parola sull’enorme vuoto di umanità creato dall’aborto politico cinese.
La suadente voce narrante ha dimenticato poi di citare pure la piaga nella piaga, ovvero quell’aborto selettivo che, sempre da decenni, in Cina - ma massicciamente anche in India e in altri Paesi asiatici - miete vittime speciali tra le bambine, considerate zavorranti rispetto ai maschi e per di più foriere per definizione di nuove nascite.
Non è, questa, una notizia da servizi segreti pro-life: è una notizia che oramai da anni, e ultimamente a ritmo sempre più insistente, trova ampio spazio sui quotidiani più diffusi e autorevoli, dal Corriere della Sera a The New York Times, ne parlano The Economist e le Nazioni Unite, vi si scrivono libri, ne discutono i censimenti ufficiali di alcuni Paesi d’area (l’India per esempio). Questo "gendercidio" - o "femminicidio" - ha aperto voragini incolmabili nella demografia di diversi Paesi, la Cina tra i primi. Mancano così all’appello intere fette di popolazione, cioè milioni di bambine.
Nessune parola, infine, nemmeno sulle migliaia di esecuzioni capitali che vengono ogni anno condotte nel Paese per motivi politici – e utili a servire il commercio di organi per trapianto - che pure incide sugli assetti demografici.
Una Cina surreale, insomma, quella di Superquark, depurata dei suoi aspetti più imbarazzanti.
- India, l'aborto selettivo fa strage di bambine, di Marco Respinti
- "Gendercidio": all'ONU si firma contro l'aborto selettivo, di Francesca Paci, "La Stampa" ("L'Onu: metà del mondo non è per le donne"), 16 giugno 2011
- La selezione innaturale delle bambine asiatiche, di Nicoletta Tiliacos, "Il Foglio", 29 giugno 2011
- I liberal sono contro il "femminicidio" ma giustificano il diritto all'aborto, di Ross Douthat, "l'Occidentale", 12 luglio 2011 (da "The New York Times")