La suora di Calvino, l’amore e il dramma della libertà
Continuiamo l’analisi del’opera di Italo Calvino. Nel 1953, anno di elezioni politiche, Calvino è segretario di seggio al Cottolengo e ne dà testimonianza nel racconto La giornata di uno scrutatore. Il protagonista è Amerigo Ormea, intellettuale, pessimista e proprio al Cottolengo scopre la vera natura dell’uomo.
Di fronte alla realtà del Cottolengo Amerigo non pensa più al motivo per cui si trova lì (verificare la correttezza delle votazioni), ora gli interessa il confine dell’umano e si interroga quando un essere umano possa dirsi ancora tale. La tristezza attonita di un uomo dalla testa smisurata sembra rispondergli che l’io è esigenza di felicità, anche se insoddisfatta.
Amerigo si rende conto che di fronte a queste persone si può stare in maniera diversa. Vede un contadino, padre di uno di quegli esseri, che fissa «il figlio negli occhi per farsi riconoscere, per non perderlo, per non perdere quel qualcosa di poco e di male, ma di suo» che è suo figlio. Poi «interviene nel campo di osservazione di Amerigo una suora, la Madre, che è normalmente adibita al servizio quotidiano nello stanzone, e che sembra tutta compresa nella grazia metafisica della sua vocazione. Anche la Madre» sorride, ma d’un sorriso che è «per tutti e per nulla. Il problema d’esser riconosciuta» per lei non esiste; e gli viene «da confrontare lo sguardo della vecchia suora con quello del contadino venuto a passare la domenica al “Cottolengo” per fissare negli occhi il figlio idiota».
Alla suora non occorre «il riconoscimento dei suoi assistiti, il bene» che ritrae da loro è un bene generale, di cui nulla va perso. La vecchia suora muove «lì intorno gli occhi chiari e lieti», come se si trovasse «in un giardino pieno di salute». Alla vista della letizia di quello sguardo una scrutatrice esclama: «Lei è una santa». Di fronte a questa donna Amerigo riconosce che «vivere come lei, per uno scopo universale (un ideale)» sarebbe più naturale che vivere per qualsiasi scopo particolare e sarebbe «possibile ad ognuno esprimere se stesso, la propria carica sepolta, segreta, individuale, nelle proprie funzioni sociali, nel proprio rapporto con il bene comune».
Nel perseguire l’Ideale l’io si compie, nell’aderire ad una ideologia l’uomo sfiorisce e si intristisce. Amerigo riflette allora sul contadino e sulla suora, sulla loro diversità. Il confronto tra il contadino e la suora è lampante: la suora ha scelto con un atto di libertà, ha identificato «tutta se stessa in quella missione o milizia, eppure – anzi: proprio per questo» resta «distinta dall’oggetto della sua missione, padrona di sé, felicemente libera […]. Questo modo d’essere è l’amore […]. L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo»; il contadino è lì, di fronte al figlio, con una pretesa, ha un obiettivo particolare, il suo sguardo si intristisce nell’impossibile onere di stare di fronte ad un tale spaccato umano, non ha liberamente scelto o meglio non ha accettato.
Nell’incontro con la suora Amerigo sviluppa un’intelligenza maggiore, capisce meglio sé e i suoi rapporti, comprende l’inautenticità della sua relazione con la fidanzata, Lia, tenuta all’oscuro di tutto, della sua passione politica, delle ragioni del suo impegno sociale. Una scontata monotonia si è da tempo impadronita del loro rapporto tanto che Amerigo non si aspetta più nulla; non si è sorpreso neppure della notizia della gravidanza della compagna, anzi si è arrabbiato perché il fatto non rientra nei suoi piani e nelle sue aspettative. Il rapporto con l’amata è sempre stato impostato in maniera ideologica, la realtà è stata sottoposta al suo pensiero, al pregiudizio, scartata o accettata in relazione a quanto la sua mente ha stabilito.
Ora, però, gli sembra tutto chiaro: «Per lo spazio di un secondo (cioè per sempre)» gli sembra «di aver capito come nello stesso significato della parola amore potessero stare insieme» la missione della suora, il suo rapporto con Lia e la visita domenicale al Cottolengo del contadino al figlio. Quel secondo in cui lui ha compreso può valere un’eternità: per sempre. Ora Amerigo vuole spiegare tutto a Lia.
Quando si incontra una realtà imprevista che contraddice ogni nostra previsione e ci fa pregustare il mistero di un mondo per noi ancora incognito, si mette in moto il dramma della libertà che può riconoscere come vero e abbracciare quanto è accaduto accompagnando così la nascita dell’uomo nuovo oppure sorprendersi solo per qualche istante per ritornare, poi, nella plumbea routine cui si è abituati con il solito sguardo cinico e disilluso. È il dramma della scelta in cui si deve rinunciare a qualcosa in nome di qualcosa d’altro che si è incontrato.
La parola “decisione” nel suo significato etimologico («decido» in latino significa «tagliare via») ben esprime con concretezza la fatica e la categoricità della scelta. Occorre una rinuncia. Così, di fronte all’incontro Amerigo deve fare una scelta, deve lottare con se stesso, con l’uomo vecchio, quello che è, spesso, pieno della sua boria e presunzione, che presuppone di sapere, di essersi costruito un sistema, un progetto di vita degno, e deve seguire la bellezza incontrata.