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NAUFRAGIO IN CALABRIA

La strage di immigrati ha tanti colpevoli. E non siamo noi

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A Cutro, località a una ventina di chilometri da Crotone (Calabria), un peschereccio si è spezzato in due a causa della forte mareggiata. Era carico di emigranti. Inevitabile la strage. Come sempre il naufragio, con decine di vittime, è l'occasione per colpevolizzare l'astratta "comunità internazionale" e l'Europa, si invocano le solite misure di cooperazione allo sviluppo per rimuovere le cause all'origine dell'emigrazione e ritorna in auge l'ideologia "immigrazionista". Meglio tornare alla realtà e abbandonare questi vecchi luoghi comuni, se vogliamo affrontare il problema. 

Attualità 27_02_2023
Cutro, il recupero delle salme

A Cutro, località a una ventina di chilometri da Crotone (Calabria), un peschereccio si è spezzato in due a causa della forte mareggiata. Era carico di emigranti. Inevitabile la strage. Secondo i soccorritori, gli emigranti a bordo erano circa 150. Per alcuni testimoni sopravvissuti erano 180, per altri addirittura oltre 200. Troppi, comunque, per il piccolo e fragile peschereccio che li trasportava verso l'Italia. Secondo un bilancio provvisorio, mentre questo articolo va online, le vittime sono 59. Si stimano fino a 100 morti da qui alla fine delle ricerche in mare. Tra le vittime accertante anche 14 minorenni, tra cui due gemelli di pochi anni e un bambino di pochi mesi. Sono 80, invece, gli immigrati naufraghi finora tratti in salvo. Fra loro vi sarebbero anche tre persone individuate come gli scafisti. Uno di loro, un cittadino turco, è stato già interrogato dalla procura di Crotone. L'imbarcazione sarebbe salpata da Izmir, Turchia occidentale, quattro giorni prima del naufragio. 

 

Quante persone dovranno ancora morire nel Mediterraneo e nel canale della Manica nel tentativo di raggiungere le coste europee, prima che si smetta di pensare che spetta alla comunità internazionale rimuovere le cause dei flussi di migranti? Attribuendo, poi, queste cause a “guerre, persecuzioni, terrorismo, povertà, territori resi inospitali dal cambiamento climatico” o, secondo un’altra concomitante narrazione, alla necessità dei giovani di lasciare i loro paesi, costretti dalla mancanza di prospettive? E quando si smetterà di attribuire all’Unione Europea e a lei soltanto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani e di sostenere la cooperazione allo sviluppo dei paesi da cui i giovani senza prospettive provengono? Pretendendo che questa sia la soluzione, il modo di mettere fine al problema?

Non esiste una “comunità internazionale”, mai come oggi è evidente che si tratta di una entità immaginaria, e, se anche esistesse, l’unica funzione davvero utile, e che sarebbe in grado di svolgere, sarebbe quella di respingere finalmente l’idea che entrare senza documenti in un paese straniero sia comunque legittimo, a patto che si tratti di un paese europeo e più in generale occidentale. Invece rimuovere le cause alla base dei flussi di migranti – se si tratta di guerre, persecuzioni, terrorismo, povertà, territori resi inospitali dal cambiamento climatico – è compito e facoltà dei governi di provenienza, dipende dalla loro volontà di farlo, senza di che è impossibile.  A voler entrare in Italia, in Europa sono persone in fuga, che chiedono asilo, si continua a sostenere, arrivano da tanto lontano, dopo aver percorso migliaia di chilometri e affrontato rischi, sofferenze, pericoli. Hanno pagato cifre esorbitanti alle organizzazioni che provvedono ai viaggi clandestini (non sono trafficanti, sono contrabbandieri di uomini).

Ma quelli – molto pochi in verità, basta consultare i dati del ministero dell’interno per rendersene conto – non sono emigranti, sono profughi e nessuno che davvero fugga e chieda asilo dovrebbe essere costretto a tanto. Siccome succede, allora bisogna chiederne conto, non all’Unione Europea, ma alle Nazioni Unite e in particolare all’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, che, dal 1951, quando è stato istituito, ha il compito di prendere in carico i profughi, interni e all’estero, che afferma di essere in grado di attivarsi anche nel giro di poche ore al verificarsi di una crisi, che ha sedi nella maggior parte degli Stati del mondo, che ogni anno ha a disposizione otto-nove miliardi di dollari per prendere sotto mandato sfollati, rifugiati e richiedenti asilo e che per svolgere le sue funzioni può contare sull’aiuto costante di altre agenzie Onu e di migliaia di Organizzazioni non governative. L’Unhcr ha mezzi, modo e mandato di assistere i rifugiati in collaborazione con le autorità dei paesi sottoscrittori della Convenzione di Ginevra senza che siano costretti ad attraversare il mondo prima di potersi ritenere al sicuro.

Convenzione di Ginevra e diritto internazionale impongono che non sia negato asilo a chi proviene da un paese in cui rischiava di perdere libertà e vita ed è un principio sacrosanto. Oggi, però, sotto l’influenza devastante di quella che, già 15 anni fa, un lucidissimo don Gianni Baget Bozzo chiamava “ideologia immigrazionista” prevedendone i danni, si è arrivati al delirio di mettere sotto accusa la Gran Bretagna perché “pretende” di rifiutare lo status di rifugiato a chi arriva senza documenti dalla Francia. E vuole trasferire in Rwanda, in tutta sicurezza, i richiedenti asilo in attesa di sapere se otterranno lo status di rifugiato.

Gli altri che si dichiarano profughi e chiedono asilo per non essere rimpatriati, i giovani senza futuro in patria secondo un’altra narrazione, loro sono emigranti, ma illegali (termine omesso con cura e invece indispensabile per definire, capire e combattere il fenomeno), partiti volontariamente affidandosi a qualche organizzazione criminale. Pensare che per fermarli occorra, specie per quelli provenienti dall’Africa, sostenere la cooperazione allo sviluppo e che il compito spetti all’Europa presuppone: credere che lo sviluppo africano sia essenzialmente una questione di disponibilità di denaro; non sapere che i fondi a disposizione della cooperazione internazionale bilaterale e multilaterale allo sviluppo raggiungono già cifre astronomiche (in pratica, una specie di Piano Marshall ogni anno); non sapere neanche che Unione Europea e paesi europei sono tra i maggiori donatori e erogatori di prestiti; e che, approfittandone, i governi africani continuano a stanziare pochi fondi per servizi, infrastrutture e sviluppo, mentre inoltre riescono a stornare impunemente, benché sia noto a tutti, quantità enormi di aiuti e intascarli, proprio come fanno con gli introiti dell’esportazione delle materie prime di cui i loro paesi abbondano; e, ancora, che i giovani che emigrano illegalmente di solito non sono quelli senza prospettive, ma quelli che dispongono di denaro e conoscenze, spesso bene inseriti nella vita economica e sociale, illusi da propaganda e false notizie che l’Europa sia un Eldorado.

Dall’inizio dell’anno gli sbarchi in Italia sono stati 14.104; in totale, gli arrivi in Europa 16.955.