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IL LIBRO

La storia di Super Michy, un inno alla vita

Scritto a quattro mani da due genitori, il volume ha la forma di un diario che ci parla del piccolo Michele prima nel grembo materno e poi delle sue 5 ore e 13 minuti di vita dopo la nascita. «Una testimonianza d’amore» che insegna a guardare il dolore, la malattia e la morte da una prospettiva diversa da quella del mondo. In un disegno eterno.

Famiglia 05_03_2022

«Tutte le protezioni le hai, ci fidiamo di Dio! Sono serena, piccolo, o piccola, provavo tanta voglia di scriverti, sento il cuore traboccante, gli occhi lucidi, l’animo leggero e la pancia viva, pulsante… Anche se è troppo presto per riuscire a sentirti, sono certa che tu senti me! Ti voglio bene!».

È una delle tante considerazioni, pensieri e sentimenti raccolti ne La storia di Super Michy (San Paolo 2022, pp. 224), una sorta di diario dei 9 mesi in pancia e delle sole 5 ore e 13 minuti vissute dal piccolo Michele dopo la nascita in un inno alla vita scritto a quattro mani dai suoi genitori, Matteo Manicardi e Fabiana Coriani. Nonostante la diagnosi di patologie incompatibili con la vita, Matteo e Fabiana non hanno mai ritenuto il figlio «incompatibile con la Vita», per cui l’aborto non ha mai sfiorato i loro pensieri. E in effetti proprio sulla dignità di ogni vita umana sin dal grembo materno «si gioca l’esistenza: nel ritenere o meno degna di vivere anche la sofferenza innocente», per dirla senza mezzi termini con le parole della prefazione di Giovanni Ramonda, responsabile dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.

In principio si trattava di un diario, tenuto dalla mamma per il piccolo mentre si andava formando nella pancia, per cui alcune pagine sono testimoni fedeli dell’evoluzione della gravidanza e delle settimane successive al parto. Poi è stata aggiunta dal papà un’ulteriore parte narrativa e introspettiva, nata dal bisogno di riscoprire i frutti della grazia divina maturati anche nel dolore. Si tratta di pagine intense, vibranti e commoventi che rilevano una verità profonda: l’esistenza di ogni uomo comincia con un «abbraccio intimissimo che continua per nove mesi nel seno della mamma, il quale ci fa sperare che il senso dell’intera vita umana sia l’amore con la sua aspirazione all’eternità», riprendendo quanto scrive Marina Casini nella seconda prefazione al testo.

Sposati da 12 anni, Matteo e Fabiana hanno già due figli, Federico e Alessio, di 10 e 8 anni, prima della nascita del piccolo Michele, abbracciato dal Padre subito dopo il Battesimo. Matteo è profondamente innamorato di sua moglie, come testimoniano le parole che scrive quando ripercorre la loro storia: «Con lei non sono sufficienti tutti i grazie che si potrebbero dire in una vita intera». Lui cresciuto nell’Azione Cattolica, lei tra gli Scout; eppure non è mancato in gioventù l’allontanamento dalla “via maestra” e il ritorno sui passi della fede che ha fortificato entrambi nella fiducia e riscoperta del disegno d’amore del Padre per la loro vita. Matteo riconosce che il primo figlio, “il Principe”, gli ha offerto la «possibilità di essere migliore» anche per «lo stupore gioioso che esprime per le piccole cose che mi lascia senza parole»; Alessio, “il Re”, invece, gli ha fatto comprendere che «è possibile amare due figli allo stesso modo, che c’è abbastanza spazio per due, nel cuore». Poi ci sono due “Oliver”, «due bimbi che non abbiamo conosciuto, i due aborti spontanei. Un nome scherzoso, per colorare i momenti più bui» in cui Matteo ha sperimentato, insieme a sua moglie, il dolore grande per la perdita di un figlio. Poi è arrivato Michele, “il Cavaliere”, dopo averlo «aspettato, desiderato, chiesto… quasi implorato per tanto tempo».

Della relazione con “Michy” il suo papà scrive: «Io sono stato con lui poco meno di un’ora, tra momenti d’intimità e in compagnia di dottoresse e infermieri. In questo tempo, lui non ha preso la mia vita rivoltandola come un calzino, come hanno fatto gli altri due miei figli. Lui ha preso tutta la mia vita e me l’ha fatta vedere da un’altra prospettiva. Mi ha fatto mettere in ordine le cose per importanza. Mi ha fatto capire cosa è giusto per me, cosa mi fa bene e cosa mi fa male. Avrei voluto (un altro!) insegnare io a lui e invece è successo il contrario. Mi ha insegnato ad avere calma. Mi ha detto “Tranquillo, andrà tutto bene, non c’è bisogno di avere paura o di preoccuparti”».

Matteo e Fabiana hanno pregato a lungo per il miracolo della sua guarigione, ma «alla fine il miracolo ce lo ha fatto Super Michy. Affidandoci e dicendo “sì”, abbiamo dato la vita eterna a Michy e lui, come ringraziamento, veglierà su di noi per sempre. Grazie a lui la morte mi fa meno paura perché so che un giorno ci rivedremo e staremo insieme per sempre. Ho come obiettivo, per tutti i miei restanti giorni, quello di meritarmi la sua compagnia per sempre».

L’attesa di una nuova vita è una gioia per tutta la famiglia. Lo rivelano chiaramente queste righe di Fabiana: «Hai dei fratellini d’oro, piccolo! Mi stanno sempre addosso per coccolarmi e accarezzarmi la pancia, ti parlano sussurrando e avvicinando la testa e pregano per te! Dicono a tutti quelli che incontrano che sono incinta, perfino ai camerieri dei ristoranti! Fede poi, per difenderti, controlla continuamente che nessuno fumi nei paraggi. Mi trattano come una regina e mi adorano perché porto te… non solo per questo, certo, ma ho un valore in più, ora».

Dopo l’ecografia morfologica che ha rilevato diverse malformazioni sparse, Fabiana trae coraggio dalla grazia coltivata di una fede solida che non le consente di ripiegarsi su sé stessa: «Noi siamo sempre più certi che la gravidanza andrà avanti finché il Signore vorrà, che riusciremo ad affrontare tutto, insieme! L’unica cosa che di certo mi spezzerebbe ogni gioia, che non mi perdonerei mai, che mi busserebbe alla mente ogni giorno negandomi la pace, sarebbe il pensiero di aver abortito. Non mi riprenderei più, lo so. Tutto il resto si può affrontare. Qui sei al sicuro, sei nella mia pancia, vicino al mio cuore, ti culli con i miei battiti e fai le capriole sotto alle mie dita. Sono grata di averti qui, ringrazio il Signore e proprio non riesco a essere infelice! E so, sono più che certa, che, qualsiasi cosa ci aspetterà, il Signore si accerterà che sia per il meglio».

Al criterio della “qualità della vita”, Matteo e Fabiana sostituiscono il loro amore per il figlio e quello infinitamente più grande del Padre celeste, unica forza in grado di aiutare a superare tanto la paura «di tornare da sola dall’ospedale», quanto il dolore dopo averlo attraversato. Su questo Fabiana scrive: «I dottori dicono di pensare alla tua qualità della vita… ma sono sicura che non puoi non essere felice per avere la possibilità di provarla, questa benedetta vita! Arriva dove riesci, non importa, noi ti accompagniamo e ti prometto che ne varrà la pena! Ti faremo sentire ciò che vali per noi». I genitori di Michy non disperano, si sottopongono a tutti gli esami medici loro suggeriti, ma soprattutto accompagnano costantemente con la preghiera la crescita in pancia di Michy e se da un lato Fabiana «continua a sperare, anzi, a confidare placidamente in un miracolo», dall’altro è consapevole che «magari non ho capito niente perché il miracolo lo sei già così».

E in effetti, quando le rose di una nascita cedono il passo alle spine di una morte prematura dopo aver accolto la vita divina di Cristo, il dolore non la fa da padrone, perché rimane viva la fiamma di tale consapevolezza: «Eternità, sì, questo è il nostro dono per te, amore mio, la tua ricompensa per averci scelti, per esserti fidato di noi, per esserti lasciato amare e aver dato tutti quei calcetti in cambio. E per esserti girato. Grazie».