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IL PRATO ALTO

La storia dell’Austria in un romanzo pieno di rivelazioni

Usi, costumi, cibo, l’origine di quasi ogni città, le modifiche linguistiche avvenute nel corso della storia secondo le varie influenze, ecc. Il Prato Alto (Solfanelli), un romanzo dei coniugi Biagini, racconta la storia dell’Austria dal 7500 a.C. al 1233 d.C., con il supporto di una bibliografia ricchissima. E, in uno stile ironico e vivace, non manca di pungere gli storici politicamente corretti di oggi, che deformano la realtà

Cultura 07_01_2020

Metto subito le mani avanti come il Ciampa pirandelliano: è uno dei più bei romanzi che mi sia capitato di leggere. Mi riferisco al libro Il Prato Alto. I-Alba (Solfanelli, pp. 424, € 25) di Emilio e Maria Antonietta Biagini. La coppia di scrittori è nota al pubblico kattolico per una lunga serie di saggi e opere di narrativa tutti pubblicati con editori di nicchia, la nostra.

L’opera di cui stiamo parlando racconta in forma romanzata la nascita dell’Austria, partendo nientemeno che dal 7500 avanti Cristo. Questo primo volume si ferma al 1233 dopo Cristo, si suppone perché gli autori abbisognano di (molto) tempo per documentarsi sul resto. Infatti, la bibliografia annessa è impressionante, anche perché il lavoro è filologicamente accuratissimo. Figuratevi che sono citati per esteso il Paternoster in gotico e in bavaro antico. Ma queste sono solo alcune delle chicche presenti. L’erudizione è spaventosa: quasi di ogni città o di ogni parola si espone l’origine, passando per tutte le modificazioni semantiche dei termini nella storia e secondo le varie influenze. Usi, costumi, cibo, tutto è esposto vividamente come se li si vedesse al cinema. Ma non si pensi a un mattone indigesto.

Al contrario, lo stile è vivacissimo, sempre ironico, e non mancano le stilettate agli storici politicamente corretti odierni quando si mostra che le cose non erano affatto come costoro le hanno immaginate con intento cristofobico e al solo scopo di denigrare la civiltà cristiana. Né si indulge a edulcorare un passato duro, talvolta truce, ecologicamente scorretto e fatto più di peccatori che di santi. Il lettore attento, comunque, non potrà fare a meno di sorridere quando scoprirà che certi grassi amministratori romani, incompetenti quando non corrotti, rispondono ai nomi di Veltronius o Dalemium.

Dal primo insediamento umano su quello che poi venne chiamato il Prato Alto già in fase preistorica, passando per il Norico dei romani, fino a un accenno di ducato d’Austria, si snoda la storia della famiglia Adler (aquila in tedesco), generazione dopo generazione, ramificazione dopo ramificazione, disegnando in brevi capitoletti vita, avventure, matrimoni e morte dei vari componenti. Dall’abitudine di incidere un’aquila stilizzata sull’architrave della capanna dei primi membri del clan fino allo stemma vero e proprio, passando per la camicia insanguinata che, alle crociate, divenne lo stendardo bianco e rosso, poi assunti a colori nazionali.

Ma tutto il libro è un oceano di rivelazioni. Volete sapere com’era il rituale di iniziazione del culto di Mitra? Lo trovate da pagina 137 in poi. Volete spiegazioni ed esercizi in lingua, gotica, scira, vandalica, burgunda? Pagina 238. Chi è kuning Karl? È Carlo Magno. Cos’è un kapkhan? È il re degli àvari. E via così, con informazioni storiche di dettaglio che i libri di storia non forniscono, ma che, conosciute, fanno capire sul serio perché certe cose andarono come andarono e non diversamente.

Per chi volesse saperne di più sugli autori, Emilio Biagini ha insegnato Geografia nelle università di Cagliari e Genova, e conosce i luoghi che descrive per esserci stato. L’altro autore è sua moglie. Che, ovviamente, lo ha seguito.