La storia della croce secondo Guénon
René Guénon, comparativista francese, ripercorre la simbologia della croce al di là della semplice trascendenza cristiana. Diverse tradizioni religiose rappresentavano la croce nel suo aspetto puro, astrato, lineare. Solo col catolicesimo è diventata immagine concreta della redenzione.
«La croce è un simbolo che, sotto forme diverse, si incontra quasi dappertutto e a partire dalle epoche più remote; essa è quindi ben lungi dall’appartenere in proprio ed in modo esclusivo al Cristianesimo». Così scriveva il francese René Guénon nel 1931 introducendo il suo saggio Il simbolismo della croce, appena riedito da Adelphi (Milano, 2012, pp. 171). Guénon è noto soprattutto come studioso e comparativista nel campo della simbologia e della Tradizione con l’iniziale maiuscola, ovvero di una sapienza che dovrebbe trascendere le diverse tradizioni religiose, singolari declinazioni di un culto unico ed universale.
Proprio per inseguire una manifestazione il più possibile pura ed incontaminata di quella Tradizione, lo studioso francese, dopo giovanili tendenze gnostiche, decise di convertirsi all’Islam, coltivandone il lato più esoterico. Secondo lui, se le religioni differiscono sul piano manifesto, essoterico, s’incontrano su quello occulto, da investigare proprio attraverso i simboli. Dunque, una visione, quella guénoniana, poco in linea con il cattolicesimo istituzionale; eppure i suoi testi, in particolare questo sulla croce hanno qualcosa da insegnare ai cattolici e ai cristiani di ogni confessione. Prima di tutto perché, per usare le sue parole, “il Cristianesimo, per lo meno nel suo aspetto esteriore e conosciuto generalmente, sembra aver un po’ perduto di vista il carattere simbolico della croce per considerarla solo più il segno di un fatto storico”.
Eppure i due aspetti, ribadisce, non si escludono affatto: è anzi pienamente razionale che l’evento del Golgotha, il sacrificio del Cristo, si sia realizzato per mezzo di un simbolo già conosciuto dall’umanità. I fatti storici si conformano infatti alle realtà spirituali. Possiamo così affermare che il Cristianesimo è stato preparato, annunciato, prefigurato dai culti precedenti, anche quelli lontani dalla corrente giudaica. Al di là delle diverse rappresentazioni, la croce nel suo aspetto puro, astratto, è l’incontro di una linea verticale con una orizzontale: “unione dei complementari”, del cielo con la terra, dell’infinito con il finito, dello spirito con il corpo. Non per nulla simboleggia dai primordi “l’Uomo Universale”, l’Adamo prima della caduta, la stessa centralità dell’essere umano messo a custodia del creato, con gli angeli sopra la testa e gli animali ai suoi piedi.
Altra immagine accostabile alla croce è quella dell’”Albero di Mezzo”, ovvero dell’”Asse del Mondo”, lo stesso Albero della vita del Paradiso terrestre. E non stupisce che una leggenda medioevale racconti che lo stesso legno di quella pianta servì per costruire la croce di colui che morendovi sopra liberò l’umanità dal peccato dei progenitori. Addirittura lo swatiska (Guénon usa il maschile), diffuso fin dalla preistoria nell’estremo Oriente e nell’estremo Occidente (anche fra le tribù indigene dell’America), poi macchiata dai crimini nazisti, a ben considerare non è altro che una croce con i bracci ripiegati a formare un quadrato.
Guénon passa in rassegna molte altre suggestive tracce della croce in ambiti in cui un cristiano medio farebbe fatica ad immaginare, come l’Induismo, il Buddismo, il Taoismo cinese. Ci pare quindi evidente il motivo per cui un cattolico dovrebbe accostarsi a questo saggio: un simbolo universale, astratto è diventato strumento di redenzione, un’immagine archetipica e geometrica è diventata carne martoriata e sangue versato per tutti gli uomini di ogni razza e credo. Quell’evento storico dell’anno 33 fu anche evento cosmico, la croce divenne crocifisso, Dio si fece veramente uomo.