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LA GUERRA

La Siria muore ma a Ginevra si gioca (sporco)

Il mondo guarda alle nuove vittime nel Mediterraneo, guarda al Brennero, a Lesbo; ed è giusto che sia così. Bisognerebbe, però, avere l’onestà di guardare con più attenzione anche a quanto sta succedendo in queste ore a Ginevra e ad Aleppo. Perché è lì - non altrove - che si gioca la possibilità o meno di fermare la grande fuga. Invece, Ginevra e Aleppo in queste ore è un alternarsi di offensive militari e sceneggiate intorno ai tavoli.

Esteri 19_04_2016
Bambini di Aleppo

Ci appelliamo a tutti i responsabili politici affinché sia impiegato ogni mezzo per assicurare che gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie e godano del diritto fondamentale di vivere in pace e sicurezza». Sta scritto anche questo nella Dichiarazione congiunta firmata a Lesbo sabato da papa Francesco, dal patriarca Bartolomeo e dall'arcivescovo Hieronymus. Eppure è la parte citata di meno nella mole di commenti seguita alla giornata di sabato. 

Eppure proprio lì starebbe la chiave di tutto; molto più che nelle discussioni su frontiere aperte oppure no. Nella responsabilità di dare peso politico a un negoziato che invece continua ad avanti solo per inerzia. Lasciando la gente semplice del Medio Oriente, quella che desidera solamente una vita normale, senza alcuna alternativa all'esodo.

Il mondo guarda alle nuove vittime nel Mediterraneo, guarda a Idomeni, al Brennero, a Lesbo; ed è giusto che sia così. Bisognerebbe, però, avere l’onestà di guardare con più attenzione anche a quanto sta succedendo in queste ore a Ginevra e ad Aleppo. Perché è lì - non altrove - che si gioca la possibilità o meno di fermare la grande fuga. Invece, Ginevra e Aleppo in queste ore restano sospese in un limbo, in un alternarsi di offensive militari locali - non meno portatrici di morte rispetto alle altre - e sceneggiate intorno ai tavoli. Da alcuni giorni il cessate il fuoco in Siria sembra avere le ore contate. Nessuno l’ha dichiarato finito, ma sul terreno - anche in zone dove dovrebbe essere in vigore - non si vede più. 

L’esercito siriano e le fazioni ribelli hanno ripreso a combattersi intorno ad Aleppo; ieri mattina, poi, le milizie dell'opposizione siriana hanno riaperto pure un altro fronte, a nord di Latakia. I due schieramenti - con le loro mille diramazioni - si accusano a vicenda di aver rotto la tregua. L'Alto Comitato per i negoziati - il cartello sostenuto da Riyad - ieri ha anche annunciato di aver sospeso la partecipazione «ufficiale» al negoziato. Salvo poi precisare che non lascia Ginevra. Così l'inviato dell'Onu Staffan De Mistura, che conduce la trattativa, ha potuto tenere l'immancabile conferenza stampa per ribadire che sì, ci sono alcune distanze tra le parti («gli uni vogliono un governo di transizione, gli altri un allargamento dell'attuale»), ma il tavolo resta aperto. 

Si gioca con le parole, in una situazione che dal punto di vista politico non ha fatto alcun passo avanti dall'entrata in vigore della tregua. Così - per non saper né leggere né scrivere - adesso si è tornati a combattere più per indebolire la controparte al tavolo negoziale che per ricacciare indietro l'Isis. Anzi, nel nord, al ridosso con il confine con la Turchia, e persino nella periferia di Damasco, il sedicente califfato ha addirittura riconquistato alcuni villaggi negli ultimi giorni. Alla faccia di tutti i proclami sulle imminenti offensive che a parole sono sempre lì lì per spazzarlo via da Raqqa e da Mosul. La verità è che senza intese a Ginevra l'Isis resta in sella. Perché riconquistare Raqqa non è come prendere Palmira; le dimensioni della città sono ben diverse, come pure lo spiegamento di forze messe in campo dagli uomini di al Baghdadi per difenderla. E anche a Mosul - senza un accordo complessivo sul dopo - non si vede come l'esercito iracheno (sciita) e i curdi potrebbero marciare verso la città con la copertura aerea di una coalizione alleata dell'Arabia Saudita.

Lo stallo fa il gioco di un Isis indebolito e per questo ancora più pericoloso. Da Raqqa continuano a filtrare notizie di un'ulteriore stretta sulla popolazione. Girano immagini di “traditori” crocifissi sulle piazze, insieme a dettagli su controlli sempre più rigidi e vie di fuga chiuse ermeticamente. Per porre fine a tutto questo basterebbe un'azione coordinata tra chi a Ginevra non si smuove di un millimetro dalle proprie posizioni. Ma l'intesa non arriva. Dietro al falso dilemma “Assad sì Assad no” va avanti il braccio di ferro vero, che è quello sugli equilibri complessivi nel Medio Oriente di domani. Questione che non è affatto risolta. 

Stati Uniti e Russia hanno voluto fortemente Ginevra e vi hanno trascinato anche alleati che non ne volevano affatto sapere. È stato un primo passo importante; ma è sempre più evidente che per porre fine all'inferno della Siria non basta. Devono decidere se si tratta di una conferenza di pace vera o è solo un paravento che fa comodo a tutti per nascondere l'agonia che continua. Se vogliono Mosca e Washington hanno argomenti per farsi sentire; ma devono farlo adesso.??