La sinistra che odia Berlusconi anche da morto
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Il Comune decide di inserire il nome del Cavaliere nel famedio del cimitero monumentale di Milano. La sinistra radical chic, capitanata dalla figlia dell'ex procuratore di Mani Pulite non ci sta. Si spiega solo con l'odio che resiste anche alla morte.
L’odio verso Silvio Berlusconi non si spegne neppure post mortem. Il linciaggio mediatico nei suoi confronti non si è mai fermato e ciclicamente riaffiora in tutta la sua virulenza. Quando qualcuno ne ricorda la figura si registrano in automatico reazioni di una violenza inaudita, che tradiscono un furore ideologico con pochi precedenti nella storia.
L’ennesima conferma arriva in queste ore, all’indomani della decisione del Comune di Milano di immortalare il nome del Cavaliere all'interno del Famedio, il prestigioso luogo di sepoltura destinato alla memoria di personaggi illustri. Questa notizia è stata ufficialmente comunicata qualche giorno fa da Palazzo Marino, dopo che la Commissione consultiva del Comune di Milano ha dato il suo via libera unanime alla lista di 14 personalità il cui nome sarà inciso nel Pantheon del cimitero monumentale di Milano il prossimo 2 novembre. Tra queste importanti figure commemorate, si annovera anche Silvio Berlusconi, scomparso il 12 giugno 2023.
La lettera di presentazione della sua candidatura ripercorre i legami di Berlusconi nella sua città natale, le quattro celebri "M": Milano 2, Mediaset, Mondadori e Milan attraverso un percorso che abbraccia sia il mondo calcistico che quello politico. Peraltro Berlusconi è stato eletto quattro volte come consigliere comunale a Milano.
Tra i fattori che hanno influenzato la decisione di Palazzo Marino le iniziative imprenditoriali di Berlusconi, che hanno portato benessere ed opportunità di lavoro a migliaia di milanesi e italiani, e i suoi network televisivi, che hanno intrattenuto milioni di italiani. Per tutti questi motivi “la città di Milano deve dedicargli il giusto riconoscimento per onorarne la memoria” con l'iscrizione al Famedio.
Il regolamento per l’ammissione al Famedio, che è datato 1884 ed è stato parzialmente rivisto nel 1904, definisce tre categorie di cittadini considerati degni di un posto nella storia: "illustri" per i loro eccezionali contributi letterari, artistici, scientifici o atti di straordinaria importanza, "benemeriti" che, grazie alle loro virtù, hanno portato benefici e prestigio alla città, e "distinti nella storia patria" che hanno giocato un ruolo significativo nell'evoluzione nazionale.
Silvio Berlusconi, nonostante sia stata una figura controversa per alcuni aspetti della sua vita pubblica e privata, rientra certamente e a pieno titolo in quei profili. Nonostante questo, l’odio della sinistra ideologica nei suoi confronti si è nuovamente sprigionato in maniera incontrollata.
Federica Borrelli, figlia del procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli, ha avviato una petizione dal titolo significativo: "Berlusconi al Famedio, non in nome nostro", per chiedere di vietare al Cavaliere l'onore del Famedio, il cimitero dei grandi di Milano. Questa campagna di raccolta firme ha già ottenuto il sostegno di noti esponenti dell'ala radicale chic della sinistra milanese. La petizione è stata lanciata sulla piattaforma online Change.org e in poche ore ha raccolto oltre 6000 firme.
Secondo i promotori della petizione, Berlusconi «non va demonizzato dopo la morte, ma neanche può essere santificato a dispetto della storia», soprattutto perché «pensiamo che un'alta onorificenza civile chieda come fondamento un’altrettanta alta reputazione civico-morale. Questa condizione è esclusa nel caso di specie, per le ragioni a tutti note in Italia e all’estero». Motivo per cui, si legge nel testo della petizione, «esprimiamo il nostro dissenso rispetto a questa decisione che mette in crisi il prestigio e il senso stesso del Famedio e contraddice i principi che ispirano il regolamento per la scelta degli inserimenti».
L’iniziativa è davvero discutibile e del tutto fuori luogo per mille ragioni, ma soprattutto perché ad avviarla sono i famigliari di un esponente del pool di Mani pulite, un’inchiesta dai contorni assai torbidi sulla quale la storia non ha ancora fatto piena luce e che di certo, per stessa ammissione di alcuni suoi protagonisti, ha calpestato le regole democratiche e violato i principi dello Stato di diritto.
Si sentono ancora gli echi di un giustizialismo che ha affossato la credibilità del nostro Paese all’estero e ha creato le premesse per una Repubblica delle procure, che è l’esatto contrario della tripartizione dei poteri disegnata da tutte le carte costituzionali del dopoguerra, compresa la nostra.
Ma la sinistra non è compatta sull’antiberlusconismo, e si sa. Questa volta è stato proprio il sindaco di Milano Giuseppe Sala a prendere le distanze dagli odiatori seriali del Cavaliere: «Su queste cose come gli Ambrogini d'oro e il Famedio lascio veramente protagonismo al Consiglio comunale – commenta –. Molto spesso sono questioni che vengono politicizzate quando non dovrebbero esserlo, perché stiamo parlando di un tributo ai milanesi che hanno fatto tanto per la città. Credo che sia qualcosa su cui ci possa essere una convergenza abbastanza generalizzata».
Alessandro De Chirico, il capogruppo di Forza Italia nel Consiglio comunale di Milano, ha espresso il suo parere riguardo alla raccolta firme, ritenendola una procedura eccessiva. Ha inoltre ricordato che il Comune di Milano ha già preso una decisione su Berlusconi e che dunque l’iniziativa è inutile. Le polemiche sull’inserimento del nome di Berlusconi nel Pantheon di Milano la dicono lunga su quanto certo giustizialismo sia duro a morire e alimenti inutilmente tensioni sociali che allontanano la prospettiva di una “pacificazione nazionale” sulle cose importanti.
Quando si tratta di costituire “governi di unità nazionale” o di “solidarietà” occorre “dimostrare senso di responsabilità”; quando invece si tratta di deporre le armi della battaglia politica, anche perchè un avversario combattuto in ogni modo per trent’anni non è più in vita, il senso di responsabilità non è invocabile. Strano Paese il nostro.