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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

TRIESTE

La Settimana sociale 2024 è partecipazione

Presentato il documento preparatorio alla Settimana sociale che ci sarà a Trieste nel luglio 2024. Ovviamente la Settimana non è un evento ma un processo, che esige la collaborazione con tutti. Grave errore di prospettiva.

Dottrina sociale 26_06_2023

La prossima Settimana sociale dei cattolici italiani (o dei cattolici che sono in Italia, come si legge nella nuova formula) si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 sul tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. Si tratterà della 50esima, una ricorrenza importante. La precedente Settimana sociale si era tenuta a Taranto nel 2021 ed era stata dedicata all’ambiente sotto il titolo “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro”.

Nei giorni scorsi è stato reso pubblico il Documento preparatorio della Settimana sociale di Trieste sul quale avremo modo di tornare in futuro, ma che già ora possiamo dire che presenta una caratteristica prevedibile. Il Documento afferma che la Settimana sociale non è un evento ma un processo.

Perché era prevedibile? Perché anche la sinodalità, alla quale il Documento preparatorio fa riferimento e nel cui ambito dice di volersi collocare, è presentata come un processo, come si legge nell’Instrumentum Laboris pubblicato anch’esso qualche giorno fa [vedi QUI]. “Mettiamoci in cammino”, quindi, e partecipiamo alla vita democratica. Tutto il Documento insiste ripetutamente, fin dal sottotitolo, sulla partecipazione tra tutti e con tutti, secondo lo spirito dell’enciclica “Fratelli Tutti”.

La cosa è però quantomeno problematica. Si può dire di collaborare con tutti solo se si mettono da parte i fini, perché sono appunto i fini a discriminare tra le azioni giuste e quelle ingiuste, quelle buone e quelle cattive, e quindi anche sulle collaborazioni convenienti e quello sconvenienti. La partecipazione in se stessa non è né buona né cattiva, lo diventa in base ai fini che si persegue tramite di essa. La democrazia non può essere intesa solo come l’ambito della partecipazione, perché la partecipazione può condurre anche ad esiti antidemocratici.

Giovanni Paolo II diceva che la democrazia regge o cade in base alla visione di persona che ha alla base e faceva un lungo elenco di condizioni senza delle quali la democrazia non è tale e, quindi, non da perseguire. Faccio un solo esempio tra i molti. Nel Documento si parla della crisi climatica e della necessità di impegnarsi partecipando alla vita democratica per risolvere il problema. Ma quella della crisi climatica è, come si dice in gergo, una “bufala” diffusa ad arte e funzionale ad un progetto ideologico non condivisibile. Se i cattolici collaborassero con tutti su questo terreno sbaglierebbero di grosso.

Lo stesso si può dire per tanti altri argomenti ricordati nel Documento preparatorio che, quindi, è generico e fuorviante. Non si può collaborare con tutti perché non ci si può impegnare per tutto. Anche la partecipazione democratica ha dei criteri che non possono emergere durante il processo ma devono esserci già prima. Questi criteri sono quelli della Dottrina sociale della Chiesa, espressione questa che non si trova mai in tutto il Documento preparatorio.