La saga degli Adler, l'epopea asburgica giustamente di parte
Il prato alto. La tempesta. Dal 1246 al 1683 dei Biagini (edito da Solfanelli) è una saga familiare degli Adler che si intreccia con la storia dell'impero d'Asburgo. Incontriamo Marco D'Aviano nella battaglia di Vienna che fermò definitivamente i turchi, ricordiamo il tradimento della Francia, la divisione dell'Europa voluta dai protestanti.
Cominciata nella preistoria, la saga degli Adler e la formazione dell’Austria continua col secondo volume de Il prato alto. La tempesta. Dal 1246 al 1683, di Emilio e M. A. Biagini (Solfanelli, pp. 343, €. 19). Le vicende della famiglia Adler si intrecciano strettamente con la storia e (per ora) terminano con la liberazione di Vienna dai turchi l’11 settembre 1683.
L’8 il beato Marco d’Aviano aveva detto messa servito dal re polacco Jan Sobieski in persona. Poi il sermone: «aveva parlato in tono del tutto normale, non declamatorio, neppure a voce particolarmente alta, eppure tutti lo avevano sentito perfettamente. Nell’intero l’esercito cristiano multinazionale, formato da polacchi, austriaci, tedeschi, croati, magiari, italiani, e perfino francesi, ognuno aveva sentito l’omelia nella propria lingua». Appena compresero il miracolo, tutti si inginocchiarono commossi: «In quell’istante tutti seppero che avrebbero vinto». Gli ussari alati (il rumore della vibrazione delle loro «ali» terrorizzava i nemici) caricarono al grido di Jezus Maryjo ratujce (Gesù Maria salvateci). Prima di darsi alla fuga i turchi sgozzarono tutte le donne cristiane prigioniere e destinate agli harem. Con differente stile, quando, subito dopo, i cristiani conquistarono l’ungherese Gran, «alla popolazione musulmana della città venne consentito di ritirarsi in pace verso Buda, ancora in mano turca». Invece, la banda di calvinisti ungheresi alleati dei turchi e comandati da Imre Thököli, principe di Transilvania, devastò il santuario austriaco dedicato alla Madonna di Loreto. Alla statua fecero il “processo”, la condannarono e decapitarono.
Prima di soccorrere Vienna il Sobieski aveva dovuto smascherare i deputati del Sejm, il parlamento polacco, comprati da Luigi XIV perché votassero contro la spedizione. Infatti, Francia remava contro: aveva offerto Tolone come porto ai barbareschi, “osservatori” francesi davano una mano ai turchi, all’ora della Guerra dei Trent’Anni, che spopolò l’Europa, la Francia aiutava i protestanti in funzione antiasburgica; già Francesco I, sconfitto e prigioniero a Madrid di Carlo V, aveva scritto al Sultano per farsi liberare. Commentano gli autori: «Grazie a te, Richelieu, e a Lutero, del quale idealmente hai continuato l’opera. Grazie a voi due e grazie al demonio che così bene avete servito, è nata la “nuova” Europa, l’Europa divisa, l’Europa “moderna”, l’Europa dei nazionalismi e delle ideologie, l’Europa della statolatria, l’Europa nemica delle proprie radici cristiane, schiava del denaro e della speculazione».
Il vantaggio di quest’opera di storia romanzata sta nel punto di vista: chi legge, per esempio, un manuale di storia sulla Guerra dei Trent’Anni non sa chi sono i buoni e i cattivi, non sa per chi deve parteggiare. I Biagini, invece, sono chiari e, di questi tempi, un «centro di gravità permanente» non ce l’ha nemmeno Battiato, infatti se ne duole. E gli autori ci informano anche nel dettaglio: «Il padre gesuita Friedrich Spee von Langenfeld, di Kaiserwerth, presso Düsseldorf, nel suo trattato giuridico d’avanguardia, Cautio criminalis, pubblicato nel 1631, di gran lunga più avanzato del Beccaria, aveva chiaramente affermato che la stregoneria è uno sciocco peccato di superstizione, rientrante nella competenza del confessore ordinario, e nient’altro». E «che la tortura era perfettamente inutile, perché un soggetto debole ma innocente avrebbe confessato qualunque cosa». Cose che la Chiesa sapeva fin dal trecentesco Manuale per inquisitori del catalano Nicholas Eymeric.
Il tono dei Biagini è lievemente umoristico e, quando serve, canzonatorio, anche se non mancano riflessioni profonde: «Ogni volta che erranti o viziosi diventano troppo forti, l’errore e il vizio cambiano nome, adottano denominazioni ossequiose e accattivanti, e non è prudente pronunciare in pubblico il vecchio nome tanto più aderente alla realtà. Chissà perché, prima che arrivasse la “modernità”, il suicidio era inesistente o quasi. Forse quando l’uomo volta le spalle a Dio e confida solo in se stesso, in lui si rompe qualcosa, e lo rende fragile di fronte alle avversità?». Buona lettura e vi assicuro che non smetterete di leggere.