La Russia approfitta della debolezza occidentale
L'offensiva russa nell'Ucraina orientale è un modo per testare la debolezza dei nemici. E Putin si trova di fronte a un'Ucraina con un governo in crisi, agli Usa costretti a cambiare rotta in Siria e a un'Europa economicamente sempre più fragile.
L’iniziativa militare russa in Ucraina Orientale ricalca in parte lo schema che portò all’annessione della Crimea, con la negazione della presenza di truppe sul territorio e le offensive attribuite alle cosiddette forze di autodifesa degli ucraini filorussi e ai “volontari” russi.
Il premier dell'autoproclamata Repubblica di Donetsk, Aleksandr Zakharenko, ha ammesso alla tv Rossia 24 che tra i circa 3-4 mila volontari russi vi sono militari in pensione e "soldati in servizio che vengono a combattere per la nostra libertà invece di andare al mare in vacanza".
Neppure la cattura di una dozzina di paracadutisti e le voci dei primi caduti tra le unità militari di Mosca hanno indotto Vladimir Putin ad ammettere il ruolo diretto delle sue truppe nelle operazioni in atto nel settore di Novoazovsk, dove le forze russe hanno circondato alcuni reparti ucraini prima di puntare decisamente su Mariupol. Anzi, Putin si è concesso persino il lusso di esortare i separatisti ad aprire un "corridoio umanitario" per i soldati di Kiev intrappolati a Novoazovsk, caduta nelle mani dei ribelli e dei reparti russi "così da evitare inutili perdite di vite umane e dare loro l'occasione di ritirarsi dalla zona delle operazioni".
La scommessa militare di Mosca si basa su un’offensiva, per ora di dimensioni limitate, preparata da tempo ma scattata nel momento più propizio per il Cremlino. Il governo ucraino è allo sbando con molti ministri dimissionari mentre poche ore prima dell’ingresso delle truppe di Mosca in Ucraina il presidente Petro Poroshenko aveva sciolto la Rada, il Parlamento di Kiev, indicendo nuove elezioni per il 26 ottobre.
Di fatto i russi attaccano un Paese con un governo in crisi e un parlamento scaduto, con un esercito in pessime condizioni circa armi, munizioni e addestramento e un’aeronautica decimata dai missili antiaerei dei separatisti. Nei giorni scorsi circa 150 militari ucraini si sono arresi nel settore di Donetsk e nonostante i successi conseguiti nell’area di Luhansk il nuovo fronte aperto più a sud dall’intervento delle colonne russe rischia di dare il colpo di grazia alla deboli linee logistiche delle forze di Kiev.
Anche sul piano internazionale il fendente di Putin giunge in un momento di grande debolezza degli Stati Uniti e dell’Europa, sempre più esposti sul fronte mediorientale nel contrasto allo Stato Islamico.
Per salvare il salvabile contro i jihadisti la Casa Bianca ha dovuto “allearsi” con il regime siriano di Bashar Assad, fino a ieri il “nemico pubblico numero uno” di Barack Obama che ha fornito armi e denaro ai ribelli e minacciato di bombardare Damasco. Oggi invece i droni americani forniscono le coordinate dei bersagli jihadisti da bombardare ai Mig e Sukhoi siriani, ovviamente con la mediazione di Mosca che incassa il successo ormai riconosciutole da tutta la comunità internazionale di aver difeso Assad, unico baluardo contro il dilagare degli islamisti.
«Sarà interessante ascoltare le persone che avevano detto non avrebbero più avuto a che fare con Assad e che oggi, volenti o nolenti, sono costrette a collaborare con lui se vogliamo sconfiggere i terroristi dello Stato islamico» ha detto non senza ironia il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov.
Alla debolezza congiunturale di Kiev e di Washington si aggiunge poi un terzo fattore che potrebbe aver indotto il Cremlino ad attuare l’opzione militare in Ucraina Orientale. Si tratta dell’estrema debolezza dell’Unione Europea, indebolita nelle sue istituzioni dal difficile passaggio di consegne ai vertici del “governo” europeo e da una crisi economica che tocca anche la “locomotiva Germania”.
Con l’impiego delle truppe, Putin rilancia il negoziato diretto con Angela Merkel (di fatto unico interlocutore europeo riconosciuto da Mosca), tanto osteggiato da Londra e Washington ma che rappresenta l’unica possibilità di trovare una soluzione di compromesso che risolva una crisi controproducente e costosa sia per i russi che per gli europei.
Se si trattasse di una partita di poker l’intervento delle truppe russe nel sud est dell’Ucraina costituirebbe un “vedo” di Putin teso a smascherare il “bluff” di Ue e Nato. La prima incapace di premere in modo incisivo su Mosca ha adottato sanzioni che aggravano la crisi economica degli europei, che inoltre, tra poche settimane avranno comunque bisogno del gas russo per affrontare l’inverno. L’Alleanza Atlantica mostra invece tutti i limiti dei suoi Stati membri, nessuno dei quali è pronto a inviare truppe a combattere e morire per fermare i russi a Mariupol o per aiutare gli ucraini a conquistare Donetsk. La Nato non sembra quindi in grado di andare oltre le minacce di ripercussioni e l’invio di truppe e aerei in quantità solo simbolica in Polonia e nelle Repubbliche Baltiche.
Del resto Barack Obama ha detto ieri che la Russia ha "deliberatamente e ripetutamente violato la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina” ribadendo che “Mosca pagherà per le sue azioni” ma escludendo ancora una volta una risposta militare dagli Stati Uniti.
In questo contesto le iniziative della Nato possono forse tranquillizzare gli alleati orientali, ma non aiutare in modo decisivo Kiev né impensierire Mosca.
Putin continua a dire che l’Ucraina deve negoziare seriamente con i separatisti ma le colonne blindate e i paracadutisti di Mosca che avanzano su Mariupol non sembrano essere solo un diversivo per alleggerire la pressione delle forze di Kiev su Donetsk. L’obiettivo potrebbe essere quello di assumere il controllo delle coste del Mare d’Azov e creare una continuità territoriale tra la Crimea, ormai parte della Russia, e la regione di Donetsk controllata dai separatisti. Dopo 6 mesi di guerra e 2.600 morti Kiev non dispone di forze e risorse sufficienti a gestire un fronte bellico così ampio e senza interventi militari esterni non potrà impedire la secessione dell’est ucraino e la sua successiva annessione alla Federazione Russa. Un piano del genere potrebbe vedere presto interventi analoghi di forze russe anche più a nord, nell’area industriale di Kharkiv abitata in prevalenza da russi.