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L'ANALISI

La Rivoluzione di Paglia: come ti distruggo la morale cattolica

Sulla questione aborto non c'è solo la fuga in avanti di Avvenire. In una intervista al quotidiano americano Crux, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nega l'esistenza di princìpi morali non derogabili e accusa di strumentalizzazione politica chi usa il diritto alla vita come criterio di voto. Il riferimento implicito è alle elezioni americane, ma le affermazioni di Paglia sono coerenti con una impostazione ormai consolidata che stravolge le basi fondamentali della teologia morale cattolica.
- SESSO LIBERO, L'IDEALE DEL SINODO TEDESCO, di Tommaso Scandroglio

Ecclesia 31_08_2020 Español

Quanto affermato dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nella sua recentissima intervista a Crux (qui) corrompe il senso della teologia morale cattolica con delle affermazioni sconvolgenti. Prima di esaminarle, però, può essere utile fare una premessa.

Davanti all’impegno morale del voto alle elezioni politiche la prima cosa che ci è stato insegnato di fare è di vedere se nel programma dei partiti ci sono violazioni al diritto primario alla vita. Se ci fosse scritto che quel tale partito ammette l’aborto o l’eutanasia, quel partito non sarebbe votabile. Ciò anche se in quello stesso programma ci fossero elementi buoni e condivisibili. Non si può fare il bene attraverso il male.

Dove troviamo questi insegnamenti? In tutta la teologia morale cattolica come ci è stata (finora) insegnata. In particolare li troviamo nella Nota Dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2002: «La coscienza cristiana ben formata non permette a nessuno di favorire con il proprio voto l’attuazione di un programma politico o di una singola legge in cui i contenuti fondamentali della fede e della morale sono sovvertiti dalla presentazione di proposte alternative o contrarie a tali contenuti”.

Il cattolico non deve mai isolare un elemento dal contesto complessivo della Dottrina sociale della Chiesa perché il bene comune non è fatto di un solo contenuto, tuttavia ci sono “dei principi morali che non ammettono deroghe” e nei loro confronti la responsabilità si fa “più evidente e carica di responsabilità”. Il diritto alla vita è senz’altro tale, dato che il bambino non nato non può godere di nessun altro diritto. Il diritto alla vita ha quindi una sua priorità fondamentale, richiede rispetto assoluto e, quindi, è il primo criterio per la valutazione del voto. Un partito che lo difende potrà essere magari non votabile per altri motivi, ma un partito che lo nega non è mai votabile per nessun motivo.

Questo è stato finora l’insegnamento della teologia morale cattolica. Ora, nella intervista a Crux monsignor Paglia nega tutto ciò e fornisce un quadro opposto. Egli pensa che “strumentalizzare qualche argomento per fini politici o per pigrizia [nel proprio] orizzonte sia dannoso”. Utilizzare per motivi politici un tema etico, come può essere quello della difesa della vita, è fare dell’ideologia e strumentalizzare i principi morali. Ciò viene detto, evidentemente, sia per il politico che mette nel proprio programma la difesa della vita umana dall’aborto di Stato, sia per l’elettore che assume la difesa della vita come principale criterio di voto. Ambedue farebbero ideologia, ossia userebbero il principio morale per i propri interessi. L’elettore cattolico dovrebbe lasciare fuori dalla cabina elettorale “i principi morali che non ammettono deroghe”, sicché tutti i partiti indistintamente risultano moralmente votabili.

Il motivo indicato da monsignor Paglia è che i cattolici devono impegnarsi, assieme agli altri uomini, in “una prospettiva di bioetica globale, che coinvolga tutti i grandi temi che toccano la vita, dell'individuo e della famiglia umana", sicché isolare un elemento della difesa della vita, come la questione aborto, significa strumentalizzare per motivi ideologici la questione morale.

Non è chiaro come si possa difendere la vita in tutte le sue manifestazioni senza anche difenderla in ognuna di esse, né come sia possibile favorire la vita in tutte le sue manifestazioni negando una priorità ordinativa al momento iniziale della vita stessa. I valori da perseguire sono senz’altro molti, ma non sono un insieme indistinto, non sono un “mucchio” di valori, ma un ordine valoriale e ogni ordine ha bisogno di principi ordinativi. La vita è uno di questi e quindi non può essere messa sullo stesso piano di altri.

Paglia, invece, vede l’insieme dei valori morali come un tutto indistinto, come una somma o un elenco, e proponendo di perseguirli tutti insieme, cade nell’utopia, quella sì sempre strumentale a interessi di parte. Al bimbo che nel ventre della mamma chiede di vivere, come si può rispondere che deve pazientare, perché i valori della vita devono essere perseguiti tutti insieme? 

Molti osservatori hanno detto che Paglia ha parlato così in rapporto alle prossime elezioni americane, in appoggio a Biden e contro Trump. Non abbiamo difficoltà a crederci. Tuttavia è necessario vedere in queste enunciazioni i passi verso un ripensamento globale della teologia morale cattolica. Gli interventi sorprendenti di Paglia sono in realtà coerenti tra loro, coerenti con il nuovo statuto della Pontificia Accademia per la Vita, coerenti con l’assorbimento/trasfigurazione dell’Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia, coerenti con la cancellazione dalla teologia morale cattolica della dottrina dei principi non negoziabili, coerenti con tanti insegnamenti di papa Francesco che non distingue all’interno dei movimenti popolari e tutti ugualmente li incoraggia e che afferma di non capire nemmeno il senso dell’espressione principi non negoziabili.

La rinuncia ai cosiddetti principi non negoziabili, intesi come principi ordinativi della morale naturale, sta producendo (volute) conseguenze molto gravi. Monsignor Paglia lo sa senz’altro. Se non c’è qualcosa che non può essere mai fatto – né da parte del politico né da parte dell’elettore – allora tutto può essere fatto. Se tutti i partiti possono essere votati, allora i partiti che vincono possono fare tutto. Sarà quindi inevitabile che l'elettore, al momento del voto, faccia quel “bilanciamento dei beni” che la Veritatis splendor vieta. Sarà anche inevitabile che gli eletti facciano lo stesso una volta eletti. Più che un nuovo quadro della morale cattolica, sembra una sua distruzione.