La risposta alla domanda dell'uomo è una Presenza viva
Il mondo di oggi è mosso dalla volontà di potere, dal desiderio di possesso. Il dominio porta alla disperazione, il possesso alla delusione e alla violenza. Solo un uomo dominato dal desiderio di incontrare il Mistero è ultimamente lieto.
Il mondo di oggi è mosso dalla volontà di potere. L’uomo cammina non per incontrare il reale, ma per dominarlo, per ridurlo alle sue capacità intellettuali e morali, soprattutto per manipolarlo con la sua intelligenza tecnico scientifica. La realtà non si mostra come un segno che richiama l’oltre, ma come un dato oggettivo di cui impadronirsi e da manipolare.
L’uomo non è più caratterizzato dall’atteggiamento che viene sintetizzato in questa formidabile espressione della nostra tradizione cattolica: «Mostrami un amante che sia pur bellissima, a che servirà la sua bellezza se non come segno ove o legga il nome di colei che di questa bellissima è più bella?» (Shakespeare, Romeo e Giulietta, atto I scena I)
È la grande logica del segno che è stata annullata. Oggi non più il segno che rimanda oltre e, impercettibilmente ma sempre inesorabilmente, porta verso l’incontro con il Mistero; invece di questo c’è il possesso di dati, l’uomo vive per possedere dei dati che conosce adeguatamente e scientificamente e li manipola tecnologicamente.
Ma il dominio porta alla disperazione. Perché ciò che l’uomo ha amato come desiderio di possesso, delude. Non c’è niente che sia desiderato, per cui si è lavorato che non mostri, molto prima di quanto non si pensi, che non valeva la pena. Non valeva la pena tutto quel sacrificio, non valeva la pena tutto quel cammino, non valeva la pena tutta quella energia spesa per ottenere qualche cosa di sproporzionato alle autentiche attese del cuore umano.
Il possesso porta alla delusione. E fa nascere la violenza, nella difesa accanita dei propri possessi, per l’invasione dei possessi altrui, per allargare il nostro possesso a tutto ciò che non possediamo ancora, ma che desideriamo, per cui lavoriamo affinché diventi il nostro possesso.
La vita degli uomini che tendono al possesso è triste. E dietro la delusione provocata da un possesso che non si attua, nasce molte volte la tentazione della disperazione. Così si comprende che la speranza nasce in un cuore che è già aperto all’infinito, che va oltre sé, che sente che le ragioni profonde del suo cuore sono oltre sé. L’uomo supera infinitamente l’uomo.
L’uomo non dominato dal possesso, ma dal desiderio di incontrare il Mistero è un uomo ultimamente lieto. Perché se non ha ancora trovato, è certo che troverà: quando e come Dio vorrà, ma troverà. Ecco la speranza cristiana, la presenza viva della risposta alla domanda dell’uomo.
«Quello che voi adorate senza conoscere io ve lo porto». Anche noi dobbiamo ogni giorno inerpicarci sulle strade di questa “babelica Atene” in cui viviamo, dobbiamo inerpicarci e andare alla ricerca del cuore di ogni uomo che desidera Dio. E ripetere con Paolo all’uomo di oggi, come la Chiesa ripete da duemila anni: «Quello che voi adorate senza conoscere io ve lo porto».
Questa è la speranza cristiana, il riconoscimento che Dio è venuto e abita in mezzo a noi, il riconoscimento che la sua presenza si è fatta carne e il suo mistero vive in quella carnalità privilegiata che è il suo popolo. Un popolo che non nasce dalla carne e dal sangue, ma da Dio è continuamente generato.
Viviamo di questa speranza, sappiamo maturarla sempre di più, penetrarne il mistero sempre di più, far scaturire per noi la novità di vita che essa contiene. E forti di questa speranza e di questa forza che non è nostra, apriamoci al cuore di ogni fratello che passa accanto per riempire la sua vita della nostra vita vera. E se lui vorrà, nascerà una fraternità che siccome non nasce dalla carne e dal sangue, la carne e il sangue non possono distruggere. Questo è il tratto significativo e attuale del nostro cammino verso il Signore in questa quaresima.
* Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio