La repressione di Maduro non si ferma: altri 24 morti e arresti
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La repressione di Maduro non si ferma e almeno 24 persone sono morte in Venezuela. Arrestata María Oropeza, una delle leader dell'opposizione. Pressing internazionale perché il dittatore pubblichi i verbali elettorali.
Il regime di Nicolás Maduro ha rapito martedì sera la coordinatrice del “Comando con il Venezuela”, una delle liste dell’opposizione, nello stato di Portuguesa, María Oropeza. Ne ha dato notizia la stessa organizzazione con un messaggio ed un video sui social media, sempre più cruciali nel coordinamento delle iniziative e nella diffusione di notizie su ciò che accade realmente in Venezuela. Per evitare l’arresto, il vincitore delle elezioni venezuelane Edmundo González Urrutia non si presenterà davanti al Tribunale Supremo di Giustizia il prossimo venerdì 9 agosto, che lo aveva illegalmente convocato per presentare i materiali elettorali in suo possesso e interrogarlo.
La repressione di Maduro non si ferma nel paese e almeno 24 persone sono morte in Venezuela, secondo la ONG Provea, nel contesto delle proteste scatenate dal “colpo di stato” inscenato da Maduro e dai suoi ascari dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio, in cui il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha proclamato vincitore il presidente Nicolás Maduro. Nessuno dei deceduti appartiene alle forze di polizia, all’esercito né alle bande popolari chaviste, tutti invece sono comuni cittadini che protestavano contro l’ennesimo sopruso del dittatore che ha affamato il popolo e distrutto il paese. Oltre ad i morti ufficiali, «sono già 2.229 i terroristi catturati, con prove, che sabato saranno trasferiti nelle prigioni di massima sicurezza di Tocorón e Tocuyito», ha detto il Maduro in una dichiarazione pubblica martedì, mentre incontrava una delegazione di anziani del “popolo”, in un evento trasmesso dal canale statale VTV. Sono giorni di grande tensione e incertezza.
Lunedì 5 agosto c’era stato un salto di qualità nella persecuzione degli oppositori. Il “Ministero pubblico”, ovvero la Procura generale del paese guidata da Tarek William Saab, già servitore di Hugo Chavez, a comunicare l'apertura di un'indagine penale contro la leader dell'opposizione venezuelana, María Corina Machado e il candidato presidenziale Edmundo González, dopo averli accusati di presunta «usurpazione di funzioni» e «diffusione di false informazioni». Perciò, la leader dell'opposizione venezuelana, aveva pubblicato martedì una lettera indirizzata all'esercito e alla polizia, esortandoli a "stare dalla parte del popolo" e a disobbedire agli appelli alla repressione lanciati da Nicolás Maduro. Nella lettera si sottolinea che i venezuelani hanno fatto la loro parte, andando a votare in massa e dimostrando con i record elettorali alla mano la frode elettorale perpetrata da Maduro, in cui «la volontà popolare» è stata derisa ignorando la vittoria del candidato dell'opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia.
Una lettera che ha provocato la reazione del ministro della Difesa Vladimir Padrino López che non solo ha riaffermato la totale ed incondizionata fedeltà a Maduro ma anche qualificato come «sediziosi» i due leader dell’opposizione. Si registra la benvenuta decisione del Consiglio europeo nella quale si afferma che "non possono essere riconosciuti" né la vittoria di Maduro e la ben auspicante iniziativa congiunta di Brasile, Colombia e Messico che, pur aprendo un canale di comunicazione con il regime in cerca di una soluzione “politica” della crisi, rimangono fermissimi nella richiesta che Maduro presenti tutti i registri e dati elettorali e rispetti il voto popolare.
Sulla stessa linea deli USA che sostengono l’iniziativa di Brasilia, Bogotà e Città del Messico e, a loro volta, confermano la veridicità dei verbali elettorali forniti pubblicamente dall’opposizione, la vittoria di Urrutia, pur senza riconoscerlo come presidente eletto. La stessa OSA (Organizazione degli Stati Americani) con il suo Segretario generale Luis Almagro ha ribadito che la repressione attuata da Maduro contro i suoi stessi cittadini e il disconoscimento della volontà popolare non è accettabile, così come il Vice Presidente della Conferenza Episcopale Mons. Mario Moronta del paese che, in una intervista a Radio Vaticana e Vatican News, ha chiesto a Maduro di «ascoltare la voce del popolo».
Per tutta risposta Maduro e la sua cricca vogliono vietare l’uso dei social media nel apese e minacciano anche di far vietare “Whatsapp”, ritenuti strumenti di minaccia per il paese, visto che facilitano la diffusione della comunicazione sulle angherie del regime contro gli oppositori e facilitano l’organizzazione delle opposizioni.
Tuttavia, è necessario essere realisti, senza un reale coinvolgimento di Russia, Cina e un ragionevole salvacondotto all’estero per Maduro e suoi gerarchi, sarà ben difficile una transizione democratica nel paese e nessuna pressione internazionale potrà evitare scontri, morti e/o persecuzioni arbitrarie.