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La ragione e la storia
Nelle omelie del ciclo pasquale il papa Benedetto XVI ha insistito con forza sia sulla storicità della resurrezione sia sulla ragionevolezza della fede cristiana. Una sfida a chi è tentato dall'ateismo.
- L'uomo non è frutto del caso, di Benedetto XVI
Attualità
26_04_2011
Il ciclo d'insegnamenti che Benedetto XVI ha proposto per la Pasqua - dalla Via Crucis del Venerdì Santo al Messaggio di domenica 24 aprile - culmina nella grande omelia della Veglia Pasquale, e torna su due temi che caratterizzano tutto il Magistero recente del Pontefice. Il primo, proposto a fronte delle nuove forme di ateismo e d'indifferenza religiosa, è il carattere eminentemente ragionevole della fede cristiana. Il secondo è la natura di vero fatto storico, non di semplice evento mistico o simbolico, della Resurrezione. La ragione e la storia sono le due colonne del discorso che Benedetto XVI rivolge a un mondo che spesso ha voltato le spalle alla Chiesa, e che non si lascia più convincere quando si argomenta soltanto a partire dalla Rivelazione.
Questa proposta indirizzata a chi è lontano dalla Chiesa, ma molto utile anche ai cattolici, si articola in quattro passaggi. Il primo torna al punto di partenza di ogni riflessione sul senso dell'universo e della persona umana: il racconto della creazione, che la liturgia ripropone nella Veglia Pasquale. Questo racconto biblico, ha spiegato il Papa, «non è un’informazione sullo svolgimento esteriore del divenire del cosmo e dell’uomo», e già i Padri della Chiesa «non intesero tale racconto come narrazione sullo svolgimento delle origini delle cose, bensì quale rimando all’essenziale, al vero principio e al fine del nostro essere». Un cristiano oggi si può chiedere: «ma è veramente importante nella Veglia Pasquale parlare anche della creazione? Non si potrebbe cominciare con gli avvenimenti in cui Dio chiama l’uomo, si forma un popolo e crea la sua storia con gli uomini sulla terra? La risposta deve essere: no».
Un discorso serio sul senso del vivere e del morire deve necessariamente partire dalla creazione. «Omettere la creazione significherebbe fraintendere la stessa storia di Dio con gli uomini, sminuirla, non vedere più il suo vero ordine di grandezza. Il raggio della storia che Dio ha fondato giunge fino alle origini, fino alla creazione. La nostra professione di fede inizia con le parole: “Credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra”. Se omettiamo questo primo articolo del Credo, l’intera storia della salvezza diventa troppo ristretta e troppo piccola».
Sottraendo la creazione alla storia della salvezza, anche la Chiesa rischia di essere intesa in modo moralistico. Invece, «la Chiesa non è una qualsiasi associazione che si occupa dei bisogni religiosi degli uomini, ma che ha, appunto, lo scopo limitato di tale associazione. No, essa porta l’uomo in contatto con Dio e quindi con il principio di ogni cosa. Per questo Dio ci riguarda come Creatore».
Secondo passaggio: chi ha creato il mondo è intrinsecamente Logos, Verbo, Ragione. Anche altre religioni e filosofie arrivano a comprendere che, se c'è il mondo, c'è Dio che lo ha creato. Ma per il cristiano il fatto della creazione «si lascia determinare ancora più precisamente. San Giovanni, nelle prime parole del suo Vangelo, ha riassunto il significato essenziale di tale racconto in quest’unica frase: “In principio era il Verbo”. In effetti, il racconto della creazione che abbiamo ascoltato prima è caratterizzato dalla frase che ricorre con regolarità: “Dio disse…”. Il mondo è un prodotto della Parola, del Logos, come si esprime Giovanni con un termine centrale della lingua greca. “Logos” significa “ragione”, “senso”, “parola”. Non è soltanto ragione, ma Ragione creatrice che parla e che comunica se stessa. È Ragione che è senso e che crea essa stessa senso. Il racconto della creazione ci dice, dunque, che il mondo è un prodotto della Ragione creatrice».
Si tratta di un argomento che torna continuamente nei discorsi in cui Benedetto XVI si rivolge a coloro che sono tentati dalle nuove forme di ateismo. Il cristianesimo afferma «che all’origine di tutte le cose non stava ciò che è senza ragione, senza libertà, bensì il principio di tutte le cose è la Ragione creatrice, è l’amore, è la libertà. Qui ci troviamo di fronte all’alternativa ultima che è in gioco nella disputa tra fede ed incredulità: sono l’irrazionalità, l'assenza di libertà e il caso il principio di tutto, oppure sono ragione, libertà, amore il principio dell’essere? Il primato spetta all’irrazionalità o alla ragione?».
La risposta che noi cristiani diamo non è solo conforme alla Sacra Scrittura, il che forse interesserebbe poco ai non credenti, ma è intrinsecamente ragionevole: «all’origine sta la ragione. All’origine sta la libertà. Per questo è cosa buona essere una persona umana. Non è così che nell’universo in espansione, alla fine, in un piccolo angolo qualsiasi del cosmo si formò per caso anche una qualche specie di essere vivente, capace di ragionare e di tentare di trovare nella creazione una ragione o di portarla in essa. Se l’uomo fosse soltanto un tale prodotto casuale dell’evoluzione in qualche posto al margine dell’universo, allora la sua vita sarebbe priva di senso o addirittura un disturbo della natura. Invece no: la Ragione è all’inizio, la Ragione creatrice, divina. E siccome è Ragione, essa ha creato anche la libertà».
Beninteso, «della libertà si può fare uso indebito» e dunque «esiste anche ciò che è avverso alla creazione. Per questo si estende, per così dire, una spessa linea oscura attraverso la struttura dell’universo e attraverso la natura dell’uomo. Ma nonostante questa contraddizione, la creazione come tale rimane buona, la vita rimane buona, perché all’origine sta la Ragione buona, l’amore creatore di Dio. Per questo il mondo può essere salvato. Per questo possiamo e dobbiamo metterci dalla parte della ragione, della libertà e dell'amore», rispondendo così alla domanda sul male che è tanto spesso la pietra d'inciampo dei nuovi atei.
Terzo passaggio: questa Ragione creatrice che è all'origine del mondo non è un'essenza astratta ma una Persona che ha fatto alleanza con gli uomini. La Pasqua per gli Ebrei stava «nel quadro di una settimana che va verso il Sabato, trovando in esso il suo compimento. Per Israele, il Sabato era il giorno in cui tutti potevano partecipare al riposo di Dio, in cui uomo e animale, padrone e schiavo, grandi e piccoli erano uniti nella libertà di Dio. Così il Sabato era espressione dell’alleanza tra Dio e uomo e la creazione. In questo modo, la comunione tra Dio e uomo non appare come qualcosa di aggiunto, instaurato successivamente in un mondo la cui creazione era già terminata. L’alleanza, la comunione tra Dio e l’uomo, è predisposta nel più profondo della creazione».
Di più: «l'alleanza è la ragione intrinseca della creazione come la creazione è il presupposto esteriore dell’alleanza. Dio ha fatto il mondo, perché ci sia un luogo dove Egli possa comunicare il suo amore e dal quale la risposta d’amore ritorni a Lui. Davanti a Dio, il cuore dell’uomo che gli risponde è più grande e più importante dell’intero immenso cosmo materiale». Creazione e alleanza fra Dio e l'uomo sono due verità fra loro inseparabili.
Quarto passaggio: l'alleanza fra Dio e l'uomo è credibile per noi oggi perché si è incarnata in Gesù Cristo veramente morto e veramente risorto. Nelle parole della Via Crucis il Papa ha insistito sulla realtà delle atroci sofferenze di Gesù, manifestate in un silenzio «che porta in sé il peso del dolore dell’uomo rifiutato, oppresso, schiacciato, il peso del peccato che ne sfigura il volto, il peso del male». Ma dopo la croce è venuta la Resurrezione, e - come il Pontefice ha ribadito nell'omelia della Veglia Pasquale - «nella Chiesa nascente è successo qualcosa di inaudito: al posto del Sabato, del settimo giorno, subentra il primo giorno».
Se si considera l'importanza del Sabato per gli ebrei è davvero sorprendente constatare che «la struttura della settimana è ora capovolta. Essa non è più diretta verso il settimo giorno, per partecipare in esso al riposo di Dio. Essa inizia con il primo giorno come giorno dell’incontro con il Risorto [...]. Questo cambiamento è un fatto straordinario, se si considera che il Sabato, il settimo giorno come giorno dell’incontro con Dio, è profondamente radicato nell’Antico Testamento. Se teniamo presente quanto il corso dal lavoro verso il giorno del riposo corrisponda anche ad una logica naturale, la drammaticità di tale svolta diventa ancora più evidente. Questo processo rivoluzionario, che si è verificato subito all’inizio dello sviluppo della Chiesa, è spiegabile soltanto col fatto che in tale giorno era successo qualcosa di inaudito». Ed era successo davvero, nella storia, non solo metaforicamente o spiritualmente. Solo un evento «inaudito» può spiegare perché un gruppo di Ebrei abbia osato toccare una cosa tanto sacra come il Sabato, sostituendolo con la domenica della Resurrezione.
E in effetti questa presentazione, per molti versi sorprendente, della Resurrezione come ragionevolezza ultima della storia riposa su un fatto su cui il Papa ha insistito nel Messaggio di Pasqua. La Resurrezione di Cristo è un avvenimento realmente accaduto nella storia. Non è avvenuto solo nell'immaginazione o nella coscienza della prima comunità cristiana. La tomba era davvero vuota. Qualcuno ne è stato veramente testimone. Così, ha detto il Papa, «fino ad oggi – anche nella nostra era di comunicazioni ultratecnologiche – la fede dei cristiani si basa su quell’annuncio, sulla testimonianza di quelle sorelle e di quei fratelli che hanno visto prima il masso rovesciato e la tomba vuota, poi i misteriosi messaggeri i quali attestavano che Gesù, il Crocifisso, era risorto; quindi Lui stesso, il Maestro e Signore, vivo e tangibile, apparso a Maria di Magdala, ai due discepoli di Emmaus, infine a tutti gli undici, riuniti nel Cenacolo (cfr Mc 16,9-14)».
La storia, insieme alla ragione, ci attesta che il cristianesimo è credibile. «La risurrezione di Cristo non è il frutto di una speculazione, di un’esperienza mistica: è un avvenimento, che certamente oltrepassa la storia, ma che avviene in un momento preciso della storia e lascia in essa un’impronta indelebile. La luce che abbagliò le guardie poste a vigilare il sepolcro di Gesù ha attraversato il tempo e lo spazio. È una luce diversa, divina, che ha squarciato le tenebre della morte e ha portato nel mondo lo splendore di Dio, lo splendore della Verità e del Bene».
Poiché questo è veramente accaduto, tutta la storia e la nostra vita cambiano. «Come i raggi del sole, a primavera, fanno spuntare e schiudere le gemme sui rami degli alberi, così l’irradiazione che promana dalla Risurrezione di Cristo dà forza e significato ad ogni speranza umana, ad ogni attesa, desiderio, progetto. Per questo il cosmo intero oggi gioisce, coinvolto nella primavera dell’umanità, che si fa interprete del muto inno di lode del creato. L’alleluia pasquale, che risuona nella Chiesa pellegrina nel mondo, esprime l’esultanza silenziosa dell’universo, e soprattutto l’anelito di ogni anima umana sinceramente aperta a Dio, anzi, riconoscente per la sua infinita bontà, bellezza e verità».