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PONTE MORANDI

La rabbia dei genovesi si sta rivoltando contro il governo

Se ai funerali delle vittime del crollo del ponte Morandi, Di Maio e Salvini avevano raccolto applausi, ora qualcosa sta cambiando. Quelli che sono rimasti senza casa, protestano contro il sindaco Bucci e il governatore Toti. Ma iniziano a rivolgersi contro un governo bravo a fare annunci, ma che stenta a trovare soluzioni.

Politica 06_09_2018
La protesta degli sfollati a Genova

Se ai funerali delle vittime del crollo del ponte di Genova i vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini avevano raccolto applausi e gli esponenti del Pd fischi, nelle ultime ore qualcosa sembra cambiare negli umori delle popolazioni scosse da quella immane tragedia.

La speranza degli sfollati si è tramutata in rabbia, visto e considerato che molti di loro non hanno potuto ancora far rientro nelle proprie abitazioni per prelevare gli oggetti necessari e ai quali tengono di più. E’ vero che i bersagli della protesta dei cittadini di Genova rimasti senza alloggio sono sembrati più che altro il governatore Giovanni Toti e il sindaco, Marco Bucci. Tuttavia, la disperazione sta ispirando attacchi in tutte le direzioni, anche contro l’esecutivo, che secondo alcuni rincorrerebbe soprattutto il consenso, accanendosi sull’individuazione dei responsabili ma trascurando la necessità impellente di risollevare le sorti degli sfollati, che spesso sono anziani e famiglie in gravi difficoltà. Meritorio voler individuare i colpevoli, ma quello sarà soprattutto compito della magistratura. Chi governa è invece chiamato ad aiutare i senza tetto e a compiere scelte per risolvere l’emergenza viabilistica, in primo luogo ricostruire prima possibile il ponte e nel frattempo individuare soluzioni alternative che non portino alla paralisi del traffico su gomma in quell’area.

La rabbia, le lacrime e i fischi piovuti addosso a Toti e Bucci durante la seduta congiunta dei consigli comunale e regionale l’altro giorno a Genova, a tre settimane dal crollo del ponte Morandi, sono la manifestazione più tangibile del clima di contestazione nei confronti delle istituzioni, e della politica in generale, da parte degli sfollati della zona rossa. Molti di loro potrebbero perdere del tutto la casa, che al momento non è agibile e che rischia di essere ulteriormente danneggiata o compromessa dalle opere di demolizione di quello che resta del ponte crollato. La protesta organizzata dalle persone in condizioni di disagio era finalizzata a denunciare l’incertezza sui tempi di consegna delle nuove abitazioni e l’impossibilità di recuperare gli effetti personali dei palazzi sotto al troncone est del viadotto.

Ora il governo, per non lasciarsi investire dall’ondata di indignazione popolare che sembra montare col passar delle ore, ha annunciato l’emanazione di un decreto urgente che, oltre al problema degli sfollati di Genova, affronti il disagio delle tante persone abbandonate, come i terremotati di Ischia e del Centro Italia. L’esecutivo, ossessionato dai sondaggi e dalla necessità di mantenere elevato il gradimento da parte dell’opinione pubblica, sembra preoccupato più dell’effetto annuncio che non delle effettive realizzazioni delle cose promesse, consapevole del fatto che tante volte la gente corre dietro agli slogan e si lascia suggestionare da dichiarazioni roboanti, perdendo di vista l’essenza e la complessità delle situazioni.

Anche il proposito governativo di nazionalizzare le autostrade e di ricostruire il ponte Morandi entro un anno dovrà fare i conti con ostacoli burocratici e strascichi legali che certamente scoppieranno in merito alla concessione statale ai Benetton. E lo scontro tra il Ministro Luigi Di Maio e il governatore Giovanni Toti, che si rimpallano le responsabilità, non aiuterà l’iter di superamento dell’emergenza. La questione sfollati di Genova passerà alla storia come la prima manifestazione popolare di disillusione nei confronti dell’attuale esecutivo. Di fronte alla mancanza di gesti concreti per alleviare le pene dei superstiti e dei senza tetto, di fronte all’insistenza sulle inadempienze di Autostrade, che però non serve nell’immediato se non a fini propagandistici, qualche sopravvissuto alla tragedia del ponte Morandi ha iniziato a far sentire la sua voce. Sono piccoli segnali, che però presto potrebbero non essere più isolati.

Si pensi alla “polveriera” Ilva, dove i dipendenti, stanchi dell’atteggiamento dilatorio del vicepremier Di Maio, potrebbero ribellarsi e scatenare disordini. E, come spesso succede nelle crisi aziendali, le reazioni a catena e l’effetto domino possono portare a esiti imprevedibili anche su altri fronti. Se inizia a protestare qualcuno, c’è sempre qualcun altro che si accoda. Senza dimenticare che Confindustria non esclude manifestazioni di piazza e i sindacati aspettano con ansia e diffidenza la manovra economica d’autunno. Solo calma apparente, quindi. La tempesta potrebbe essere dietro l’angolo.