«La protezione cala già due mesi dopo il vaccino»
Gli studi in Israele e in Qatar, dimostrano come la protezione immunitaria di Pfizer/BioNTech diminuisca già dopo il secondo mese, specialmente nei maschi over-65 e nei soggetti affetti da due o più condizioni coesistenti e negli immunodepressi: un campione di casistiche immenso. Segno che la strategia vaccinale va ripensata.
Due studi, condotti in Israele ed in Qatar e pubblicati lo scorso 6 ottobre sul New England Journal of Medicine, lo confermano: la protezione immunitaria derivante dal vaccino anti-Covid 19 di Pfizer/BioNTech cala già dopo il secondo mese dalla somministrazione. Chi si credeva al riparo ed era magari pronto a gettare via mascherina e gel deve ricredersi. Non solo: gli scienziati ora mettono in guardia circa il rischio di una potenziale ripresa epidemica anche su questo fronte. Segno di come la strategia vaccinale vada quanto meno ripensata, anche in termini di efficacia, perché così non funziona...
Come riferito dalla CNN, lo studio israeliano, condotto tra il 19 dicembre 2020 ed il 9 luglio 2021, ha coinvolto 4.868 operatori sanitari ed ha mostrato come il livello di anticorpi diminuisca rapidamente dopo la seconda dose del vaccino, «in particolare nei maschi, negli over-65, nei soggetti affetti da due o più condizioni coesistenti (ipertensione, diabete, dislipidemia, malattie cardiache, polmonari, renali o epatiche) e negli immunodepressi» ovvero su di un campione di persone, di fatto, immenso.
Secondo il dottor Gili Regev-Yochay ed i suoi colleghi del Sheba Medical Center - che è tra l’altro il più grande ospedale in Israele ed è stato classificato da Newsweek come il nono migliore al mondo -, «il lavoro pubblicato ha mostrato come altri vaccini – morbillo, parotite e rosolia – registrino ogni anno un lieve calo, dal 5 al 10%, nel livello di anticorpi neutralizzanti», che rappresentano la prima linea di difesa del sistema immunitario contro le infezioni. Viceversa «abbiamo constatato una diminuzione significativa e rapida dell’immunità umorale dovuta al vaccino Pfizer BNT162b2 già nei mesi successivi alla somministrazione». A meno che non si sia stati malati di Covid e ci si sia successivamente fatti vaccinare: in tal caso, gli studi proverebbero un’immunità più forte, per intenderci più di quella garantita a chi, sano, abbia ricevuto due dosi.
Lo studio realizzato in Qatar non solo conferma tutto questo, ma precisa ulteriormente i margini temporalmente risicati di protezione immunitaria per i soggetti vaccinati. Come riferisce sempre la CNN, tale studio ha esaminato le infezioni da Covid sviluppatesi in questo piccolo Stato del Golfo di 2,8 milioni di abitanti, di cui oltre il 75% coperto dal vaccino, per lo più di tipo Pfizer/BioNTech: «La protezione si sviluppa rapidamente dopo la prima dose – si legge - raggiunge un picco nel corso del primo mese seguente la seconda, poi si smorza progressivamente nel corso dei mesi successivi», hanno scritto il dottor Abu-Raddad ed i suoi colleghi. Ed ancora: «Tale diminuzione sembra accelerare dopo il quarto mese, per raggiungere un calo di circa il 20% in seguito». Insomma, dopo il secondo mese dalla seconda dose anche i vaccinati sono più esposti al rischio di contrarre il Covid, benché pare permanga alta la loro protezione contro le forme più gravi e contro il rischio di decesso, criticità tuttavia già oggi relative ad una percentuale estremamente bassa della popolazione. Il tasso di letalità del Covid si attesta sul 3%, ciò significa che su 100 persone ammalate, 97 guariscono e 3 muoiono.
L’utopia di uno scudo contro il virus, secondo questi studi, ha dovuto dunque fare i conti con la realtà e la realtà è che lo scudo si è subito frantumato: «Questi risultati suggeriscono che una gran parte della popolazione vaccinata potrebbe perdere la propria protezione contro l’infezione» presto, molto prima di quanto si credesse, solo due soli mesi dopo la seconda vaccinazione. Il che conferma come anche i vaccinati debbano mantenere tutte le precauzioni suggerite, dalle mascherine al gel disinfettante e via elencando.
Pfizer aveva già riconosciuto una flessione nell’immunità dalla seconda dose del vaccino nel giro di pochi mesi, come evidenziato dalla CNN. Da qui l’autorizzazione, giunta dalla US Food and Drug Administration, circa eventuali richiami per i vaccinati a ciclo completo sei mesi dopo la seconda dose. Oggi si scopre che sei mesi è già troppo tardi. Andrebbero ridotti a due. La corsa alla terza dose scatenatasi negli Usa, però, somministrata già ad oltre 6 milioni di persone con un ritmo medio di richiami superiore addirittura al tasso di persone, che si vaccina per la prima volta, quale reale risultato produrrà? Quale reale copertura assicura? Valida per quanto tempo? E quindi è realmente questa la soluzione? I limiti evidenti della strategia vaccinale ed il rapido decadere dello scudo immunitario pongono seri dubbi oggi circa la sua reale efficacia.