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INTERVISTA

«La priorità dell'Egitto è una nuova Costituzione»

Parla Tarek Heggy, noto intellettuale egiziano: «Vanno ristabiliti i diritti civili e rifondato il sistema dell'istruzione, il solo che può dare un futuro».

Attualità 14_02_2011
heggy Il giurista egiziano Tarek Heggy, per Bernard Lewis “il pensatore più liberale di tutta l’area nord africana”, ha compiuto sessant’anni seguendo da piazza Tahrir, al Cairo, quella che lui chiama, “La rivoluzione del Lotus“, un appellativo che inizia a riecheggiare nelle piazze ad essere riportato negli articoli dei giornali. Il lotus è il fiore con radici nella profondità dell’acqua e leggiadre sembianze sulla superficie, ovvero forza sotto la sua più immediata parvenza di fragilità. Tarek Heggy, per lungo tempo stratega del petrolio in Africa per conto delle maggiori compagnie internazionali, ha abbandonato, circa dieci anni fa, il suo lavoro per dedicarsi completamente all’insegnamento universitario: sia in università egiziane che algerine o del Marocco. Fa parte del board di numerosi think thanks americani ed europei, ma non ha mai voluto lasciare il suo paese per una carriera di pensatore liberale all’estero, scrive da anni su numerosi giornali egiziani. In Italia è conosciuto per il suo libro, “Le prigioni della mente araba”, edito da Marietti 1820, pochi mesi fa.

Molti egiziani e osservatori esteri vorrebbero vedere il nome di Heggy in cima ad una lista per le prossime elezioni presidenziali, molti lo considerano l’unico uomo con cui parlare del futuro dell’Egitto in questi giorni. Heggy rappresenta l’alta borghesia egiziana di altri tempi, ricca ma anche colta, un segmento della società che, insieme al ceto medio, è stata divorata dalla corruzione dilagante che ha messo nelle mani di pochi fedelissimi al regime la ricchezza del paese del Nilo.
Impossibile, oggi, istillare a Heggy il dubbio che gli attuali mutamenti nel sistema politico dell’Egitto possano non essere del tutto positivi, lui è sicuro che l’entusiasmo dei ragazzi di piazza Tahrir non sarà tradito dalla storia. 

Ora che Mubarak ha deciso di andar via cosa vorrebbe per l’Egitto?
Una nuova Costituzione che tenga conto dei diritti civili degli egiziani. È necessario preparare una nuova costituzione che elimini tutti i difetti, e persino le lesioni, che conteneva la costituzione del 1971. No ad ampi poteri e all'infinito al Presidente, bisogna annullare la legge d'emergenza che è sempre rimasta in vigore dall’uccisione di Sadat. Necessario dichiarare incostituzionale il processo per i civili davanti ai tribunali militari, cambiare la "dottrina della polizia egiziana": insomma bisogna abolire tutte le forme di punizione fisica e ridare la libertà di esprimersi ai cittadini egiziani senza temere ritorsioni del potere politico. La nuova Costituzione deve ricostruire il sistema dell’istruzione in Egitto che è la locomotiva del paese e delle prospettive che gli egiziani sognano.

Lei non vede pericoli in questa fase di transizione verso un nuovo parlamento e governo in Egitto?
Sento che è la fine di un’era, che finalmente si è trovato il coraggio di rompere il muro della paura contro l’autocrazia e l’oligarchia che ha dominato questo paese. La corruzione che è aumentata enormemente negli ultimi due mandati di Mubarak, per causa del figlio Gamal. Prima c’era una piccola corruzione, poi l’oligarchia è diventata non solo di potere, ma anche di denaro. I media egiziani sono stati, fino ad oggi, totalmente in mano al potere senza alcuna libertà di opinione.
Non c’era stabilità in Egitto, ma solo stagnazione.

Chi è stato ed è il leader della rivolta egiziana del 25 gennaio?
E’ la rivoluzione dei giovani, che sono cresciuti in un mondo diverso dai loro padri, che non hanno bisogno di leaders per riunirsi e mettersi d’accordo, che si scambiano idee e appuntamenti grazie alle tecnologie moderne e ai loro mezzi: facebook, le mail.. Questi ragazzi hanno trascinato le generazioni più anziane a seguirli nella loro scelta di un pacifico sovvertimento della società egiziana. Vengono da una borghesia diversa da quella che vide l’ascesa al potere di Mubarak. I giovani di oggi, per la maggioranza, devono trovare un lavoro fuori della burocrazia dello Stato e di solito è un lavoro che li mette a contatto con il mondo esterno all’Egitto e così hanno sviluppato un’altra idea di società.

Quanto conta il partito dei Fratelli Musulmani adesso?
Un quindici, venti per cento di chi vota, come alle ultime elezioni. Io sono convinto, che ci sono persone migliori per guidare il paese e che si faranno avanti presto. Ma è giusto che il partito islamico entri nella rosa dei partiti da votare, sempre che accetti i basilari principi di democrazia e diritti civili.

Come considerano gli egiziani i ripetuti interventi del presidente degli Stati Uniti riguardo alla crisi in Egitto?
Come al solito gli egiziani non danno nessun credito agli americani. Neppure adesso.

Il dopo Mubarak metterà a rischio la sicurezza dei cristiani in Egitto?
Il regime non ha protetto i cristiani. Al contrario il basso sistema di educazione promosso da Mubarak ha perso di vista totalmente il problema dei cristiani in Egitto, che è stato gestito male.